Arresti in Calabria

Narcos e portuali infedeli: così arrivavano a Gioia tonnellate di cocaina con la regia della ‘ndrangheta

Centro nevralgico dell'inchiesta lo scalo reggino. Dall'arrivo della droga sulle navi cargo dall'America latina al trasferimento fuori: ecco come agivano (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Francesco Altomonte
6 ottobre 2022
09:48

Un’organizzazione strutturata su più livelli, all’interno della quale operavano squadre di operatori portuali infedeli e persone con grosse quantità di denaro impiegate per importare ingentissime quantità di cocaina in Italia attraverso il porto di Gioia Tauro. È quando emerge dalle carte della maxi inchiesta eseguita questa mattina dalla guardia di finanza di Reggio Calabria che ha portato a 36 arresti (in carcere 34 persone e 2 ai domiciliari).

Portuali infedeli

Il centro nevralgico dell’inchiesta è il porto di Gioia Tauro e il filo conduttore i numerosi sequestri di cocaina, 4 tonnellate, messe sotto sigillo nel corso dell’inchiesta. Secondo quanto emerge dall’ordinanza, la droga arrivava nel grande porto calabrese sulle navi cargo dall’America latina. Qui entravano in gioco i presunti operatori portuali infedeli che «si rapportavano -scrivono gli inquirenti nell’ordinanza – con i narcotrafficanti esteri e committenti dell’importazione per il compimento delle attività delittuose funzionali alle esfiltrazioni del narcotico, il trasporto fuori dall’area portuale e la consegna della sostanza».


Il modus operandi

L’organizzazione, secondo gli investigatori delle Fiamme gialle e gli inquirenti della Dda di Reggio Calabria, si rapportava «con la squadra di portuali addetti alla materiale esfiltrazione della sostanza, informandola dell’arrivo del narcotico al porto di Gioia Tauro, indicando i container sui quali veniva trasportato lo stupefacente, individuando i container sui quali trasportarlo fuori dall’area portuale, coordinando le attività onde organizzare al meglio l’esfiltrazione e la fuoriuscita del narcotico e provvedendo alla successiva redistribuzione dei soggetti che avevano operato l’attività». Un’accusa, quella formulata dalla procura antimafia di Reggio Calabria che è aggravata dall’agevolazione alle cosche di ‘ndrangheta, registe delle operazioni.

Operazioni che sono state monitorate per lungo tempo dagli uomini della Gdf che, da una parte hanno continuato ad assicurare un costante lavoro di monitoraggio e contrasto all’interno del porto, dall’altro hanno controllato gli indagati fino alla conclusione dell’inchiesta con gli arresti di questa mattina.

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