Alla sbarra cento persone per numerosi episodi di spaccio di droga. Molete di loro dovranno rispondere anche dell’accusa di associazione a delinquere
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Secondo squillo di tromba, a Cosenza, per il maxiprocesso Recovery che vede 100 persone alla sbarra per centinaia di episodi di spaccio di droga. Molte di loro sono chiamate a rispondere anche dell’accusa di associazione a delinquere. Si tratta di un’inchiesta (NOMI), nata sotto l’egida della Dda di Catanzaro e che mira ad accertare in via giudiziaria le attività di narcotraffico avviate, negli anni, dal presunto clan degli italiani guidato da Francesco Patitucci.
Non a caso, l’indagine si pone in continuità ideale e investigativa con “Reset”, l’altra grande operazione antimafia che coinvolge in buona parte gli stessi imputati. Molti dei cosiddetti pezzi grossi – Patitucci in primis – fanno parte del gruppo dei settantaquattro che hanno scelto di essere giudicati in abbreviato; nel tribunale di Cosenza, invece, è cominciata la partita per gli altri che affrontano il rito ordinario.
Recovery, le questioni preliminari
La prima udienza si è risolta come da copione con la costituzione delle parti e con la riunione delle posizioni in precedenza stralciate – sei in tutto, una si è aggiunta oggi in extremis - mentre la seconda è stata interamente assorbita dalle questioni preliminari sollevate dalle difese. In particolare, per cinque imputati i rispettivi legali hanno chiesto il riconoscimento dell’incapacità di affrontare il processo per via di disturbi di natura fisica e psichica di cui soffrono o da cui erano affetti al momento della commissione dei reati.
Richieste in tale direzione, supportate da perizie specialistiche, sono piovute in aula a beneficio di Antonio Morrone, Karim Pati, Giuliano Caruso, Antonio Meduri e Massimiliano Presta, ma solo le ultime due, avanzate dagli avvocati Maurizio Nucci e Rosa Rita Giampetruzzi, hanno ottenuto il via libera del collegio giudicante che alla ripresa dei lavori, il prossimo 19 giugno, conferirà l’incarico ai propri periti per valutare lo stato di salute dei diretti interessati. Per il resto altre questioni erano sollevate per conto di Salvatore Ariello e William Zupo.
Per il primo, è stata reiterata la richiesta di rito abbreviato condizionato all’audizione di un testimone, ma come già avvenuto durante l’udienza preliminare, il tentativo non è andato a buon fine. Per Zupo, invece, è stato chiesto il proscioglimento anticipato in virtù di un ne bis in idem ravvisato dal difensore. Il giovane, infatti, è sotto accusa per tentata estorsione, ma per la stessa vicenda – liquido infiammabile o presunto tale da lui riversato sulla saracinesca di una pizzeria – è attualmente in corso un processo a Cosenza che lo vede imputato per danneggiamenti. I giudici hanno stabilito che dovrà continuare a difendersi in ambedue i procedimenti che lo riguardano.
Narcotraffico Cosenza, il calendario
I lavori in aula sono stati ritardati dalle procedure, lente e farraginose, di attivazione dei collegamenti video con le carceri in cui sono dislocati i ventidue imputati detenuti, gli altri sono tutti ai domiciliari oppure a piede libero. Il processo si celebra nell’aula di Corte d’assise di Cosenza che, dopo le annose polemiche, è stata arredata con quattro file suppletive di banchi per accogliere gli avvocati. Postazioni che però sono sprovviste di microfoni, il che ha costretto molti di loro, una volta chiamati a prendere la parola, a recarsi nelle prime file per chiedere “ospitalità” ai loro colleghi.
Piccoli disagi che si acuiranno, però, non appena il processo entrerà nel vivo. Per quel momento, comunque, bisognerà attendere ancora un mese. Dopo l’udienza interlocutoria del 19 giugno, infatti, i lavori in aula riprenderanno il 22 luglio con l’audizione dei primi testimoni. Si partirà, ovviamente, dagli investigatori che hanno lavorato al caso.