Le “teste di legno” a cui intestare i locali, le minacce alla concorrenza e le parole dei collaboratori: «Pennisi affiliato in carcere, ora la sua clientela appartiene alla buona borghesia»
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Avevano intestato ad altre persone la gestione di due noti locali di Crotone: il “Gyn Lab”, “L’Ego Café” e lo stabilimento balneare “Lido Makai”, tutti legati alla società La Cambusa srl che esercita prevalentemente l'attività di ristorazione.
L’accusa che la Dda di Catanzaro rivolge a Gaetano Russo, 45 anni, Gianluca Pennisi, 50 anni, Nicola Siniscalchi, 51 anni, Albino Borrelli, 33 anni e Mariano Romano, tutti residenti a Crotone, è di trasferimento fraudolento di valori aggravato dalle modalità mafiose.
Ma l’inchiesta denominata Cassandra – coordinata dai magistrati Domenico Guarascio (oggi procuratore di Crotone) e Paolo Sirleo (oggi sostituto della Dna) – contempla anche i reati di associazione mafiosa, estorsione, illecita concorrenza con violenza o minaccia (tutti reati aggravati).
L’operazione Cassandra
Secondo la Distrettuale, Pennisi e Siniscalchi sarebbero partecipi della cosca dei Papaniciari, capeggiata dalla famiglia del boss Domenico Megna.
Nel corso dell’operazione condotta questa mattina dalla Guardia di finanza di Crotone sono stati tratti in carcere Gaetano Russo (per il reato di trasferimento fraudolento di valori aggravato) e Gianluca Pennisi (per tutti i capi di imputazione). Domiciliari per Nicola Siniscalchi, per tutti i capi di imputazione tranne l’associazione mafiosa perché secondo il gip Piero Agosteo non sarebbero emersi gravi indizi di colpevolezza della partecipazione dell’indagato alla cosca dei papaniciari. Benché Siniscalchi, noto imprenditore della movida crotonese, abbia, a giudizio del gip, partecipato a tutti i reati contestati ed emerga un rapporto «privilegiato» con i partecipi della cosca, questo per il giudice «non è di per sé sufficiente a integrare l’addebito partecipativo».
Il monopolio sulla movida
Secondo l’accusa, invece, Pennisi e Siniscalchi, insieme ai vertici della consorteria, avrebbero messo in moto delle strategie per monopolizzare i servizi di ristorazione nella città di Crotone adoperando le risorse accumulate dalla cosca.
E per evitare misure di prevenzione che avrebbero potuto colpire il patrimonio del clan, avrebbero intestato i beni a “teste di legno”.
Così la titolarità della società La Cambusa sarebbe stata intesta ad Albino Borrelli. A Mariano Romano sarebbero stati intestati beni del valore di circa 50mila euro e nella ditta “Uramare di Mariano Romano” Pennisi e Siniscalchi sarebbero stati soci occulti.
Allo stesso tempo la concorrenza doveva essere spazzata via. La Dda accusa Pennisi, Russo e Siniscalchi di aver minacciato il gestore di un locale vicino all’Ego Café a non offrire servizi alla clientela simili a quelli offerti dal loro locale, come bevande alcoliche al banco, imponendo anche di concordare con loro ogni attività promozionale ed offerta commerciale.
La genesi
L’inchiesta Cassandra prende le mosse dall’indagine Glicine-Acheronte. Lo sviluppo di questa prima inchiesta ha portato a un nuovo troncone che ha messo in luce l’interesse, tra il 2018 e il 2019, della cosca Megna per il settore del Food&Beverage, in particolare sul lungomare di Crotone, il cuore della movida della città.
Il progetto sarebbe stato affidato – sostiene la Dda – a Russo e Pennisi con la collaborazione di Siniscalchi, imprenditore noto nel settore della ristorazione. Tra l’altro, scrivono i magistrati, la cosca Megna non solo imponeva servizi di sicurezza e vigilanza durante le partite allo stadio Ezio Scida ma anche la guardiania nei locali notturni «in gran parte della provincia crotonese».
La buona borghesia nei locali di Pennisi
Il collaboratore di giustizia Giuseppe Montemurro, già legato alla cosca Lanzino di Cosenza, ha riconosciuto in foto Gianluca Pennisi riferendo che gli era stato presentato da Gaetano Russo come appartenente alla cosca Megna, incaricato di gestire le attività estorsive e l’imposizione dei servizi di vigilanza nei locali e allo stadio del Crotone Calcio.
Un altro collaboratore di giustizia, Francesco Oliverio, classe ’90, ha dichiarato che i locali La Cambusa è tra quelli in cui «le famiglie crotonesi hanno partecipato in termini di denaro investito». Oliverio Sostiene che Pennisi fino al 2008 fosse intraneo alla cosca Vrenna-Bonaventura per poi passare nella cosca Megna che lo avrebbe affiliato in carcere in seguito a un arresto per detenzione di armi. Oliverio riferisce di aver saputo che Pennisi «ha iniziato a prendere in gestione locali, partendo da un bancone che aveva installato direttamente sul lungomare di Crotone. La clientela di Pennisi è altolocata ed acquisisce nei locali comitive di ragazzi per bene, appartenenti alla borghesia crotonese».

