Sono state depositate dal gup distrettuale di Catanzaro, Pietro Agosteo, le motivazioni della sentenza nei confronti di 91 imputati che hanno scelto il rito abbreviato nel procedimento penale nato dalle operazioni antimafia Maestrale-Carthago, Olimpo e Imperium, seguite rispettivamente sul campo dai carabinieri, dalla polizia e dalla Guardia di finanza. Un verdetto emesso il 20 marzo scorso e che ha fatto registrare anche assoluzioni “eccellenti” tra le quali quella nei confronti dell’avvocato Francesco Sabatino del Foro di Vibo (accusato del reato di concorso esterno in associazione mafiosa e per il quale la Dda di Catanzaro aveva richiesto la condanna a 8 anni e 9 mesi). Assolto anche l’avvocato Giacomo Franzoni di Briatico, a fronte di una richiesta di pena a 8 anni, così come l’assoluzione hanno incassato pure l’ex dirigente della Regione Calabria, Pasquale Anastasi (la Dda aveva chiesto 6 anni), il medico legale Alfonso Luciano (chiesti 8 anni), l’imprenditore Antonio Facciolo (chiesti 8 anni) e il sindacalista ed ex consigliere provinciale di Vibo Gianfranco La Torre (chiesti 6 anni).
Condannato invece a 3 anni e 6 mesi l’ex presidente della Provincia di Vibo, ed ex sindaco di Briatico, Andrea Niglia, ritenuto responsabile del reato di truffa ai danni di un ente pubblico aggravata dalla finalità mafiose. Tra le condanne vi è da ricordare quella nei confronti dell’imprenditore turistico vibonese, Enzo Calafati (11 anni e 4 mesi di reclusione), mentre la pena dell’ergastolo per un omicidio commesso a Mileto (omicidio Corigliano) è stata emessa nei confronti di Domenico Polito. Le pene più alte – 20 anni a testa – sono andate al boss di Limbadi Diego Mancuso, al boss di Tropea Francesco La Rosa (16 anni per il fratello Antonio La Rosa) e a Michele Galati di Mileto. Antonino Accorinti, indicato quale boss indiscusso dell’omonimo clan di Briatico è stato condannato a 13 anni e 4 mesi. Condannato a 12 anni e 4 mesi Ferdinando Lamonica, ristoratore e già responsabile del Marina yacht club nel porto di Tropea. In totale le condanne sono state 50, mentre le assoluzioni 41.

L’operatività dei clan in 1.205 pagine di sentenza

Le motivazioni della sentenza sono formate in totale da 1.205 pagine attraverso le quali il giudice spiega il proprio percorso logico-giuridico per giungere alle assoluzioni o alle condanne.

Il giudice ricorda in sentenza che le distinte operazioni antimafia (Maestrale-Carthago, Imperium e Olimpo) sono state riunite in un unico procedimento penale solo con l’avviso di conclusione delle indagini preliminari e si pongono “nello stesso solco investigativo tracciato dall’operazione convenzionalmente denominata Rinascita Scott. Anche nelle tre operazioni riunite, fonti primarie di prova sono costituite dalle intercettazioni telefoniche, ambientali e telematiche, dai servizi di osservazione e controllo, anche attraverso l’installazione di impianti di videosorveglianza, le attività di perquisizione e sequestro, i verbali di denuncia-querela resi dalle persone offese, le innumerevoli dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Dall’imponente mole delle risultanze investigative – sottolinea il gip – è emerso che la provincia di Vibo Valentia costituisce il territorio di riferimento di diverse articolazioni ‘ndranghetiste che, seppur distinguibili, mantengono un carattere unitario dettato dalle comuni cointeressenze illecite”.
In particolare, il procedimento penale giunto a sentenza si è soffermato a dimostrare l’operatività del clan La Rosa su Tropea, con relazioni intessute con la cosca Mancuso che mantiene saldo il comando a Limbadi, Nicotera e Ricadi. Luce anche sul “locale” di ‘ndrangheta di Mileto, con particolare riguardo alla “suddivisione interna delle ‘ndrine di Calabrò, Mileto-centro, Comparni, Paravati e San Giovanni di Mileto ed al ruolo di egemonia ivi assunto dalle famiglie Mesiano, Galati, Pititto, Tavella e Prostamo”. Le ‘ndrine di Briatico e Cessaniti sono state invece inquadrate come facenti parte del “locale” di ‘ndrangheta di Zungri guidato dal boss Giuseppe Accorinti. Se a Cessaniti è rimasto provato il dominio della famiglia Barbieri, a Briatico il dominio è stato assunto dalle famiglie Accorinti (clan capeggiato da Antonino Accorinti e diverso dalla cosca di Zungri guidata da Giuseppe Accorinti), Bonavita e Melluso. Le inchieste sono riuscite a provare “l’interesse della cosca Mancuso per alcuni settori nevralgici dell’economia vibonese e, in particolare, nella gestione delle strutture turistiche e ricettive attraverso il controllo delle assunzioni e delle forniture di generi alimentari, nonché nel commercio e nella distribuzione di prodotti ittici e di altri generi di consumo”.

Mantella non credibile solo sull’avvocato Sabatino

Il giudice in sentenza dà atto della piena credibilità del collaboratore di giustizia di Vibo Valentia, Andrea Mantella, atteso il suo ruolo di vertice assunto negli anni nel contesto della ‘ndrangheta vibonese. “La sua attendibilità va esclusa – spiega però il giudice in sentenza – limitatamente alle dichiarazioni rese nei confronti dell’imputato Francesco Sabatino. Tale giudizio di inattendibilità risulta circoscritto esclusivamente su detta posizione processuale per ragioni specifiche, anche relative ai peculiari rapporti intercorrenti tra il chiamante e il chiamato, e non propagando i propri effetti sulle restanti propalazioni rese le quali risultano, per converso, connotate da assoluta attendibilità trattandosi tra l’altro di fatti del tutto distinti e assolutamente autonomi”.

Il quadro probatorio si è poi arricchito – ricorda il giudice in sentenza – delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia Antonio Accorinti di Briatico, Pasquale Megna di Nicotera e Onofrio Barbieri di Sant’Onofrio che hanno offerto “una chiave di lettura unitaria e globale di tutti gli elementi investigativi e delle condotte delittuose in una dimensione associativa”.