I ruoli di Rosario Battaglia e Pantaleone Mancuso. Quasi 80 i capi di imputazione contestati al clan dei Piscopisani e ad esponenti della cosca Mancuso. Indagini portate avanti dalla Squadra Mobile di Vibo con il coordinamento della Dda
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Rese note dalla Suprema Corte di Cassazione le motivazioni della sentenza “Rimpiazzo”, frutto del procedimento penale che ha colpito il clan dei Piscopisani ed alcuni esponenti del contrapposto clan dei Mancuso di Limbadi. Una sentenza composta da 204 pagine, con la prima sezione penale della Suprema Corte che si è così pronunciata: confermati 28 anni e 3 mesi di reclusione per Rosario Battaglia, di 39 anni, uno dei vertici del “locale” di Piscopio; annullamento con rinvio Stefano Farfaglia, di 40 anni, residente a San Gregorio d’Ippona (condannato a 10 anni in appello, difeso dagli avvocati Francesco Muzzopappa ed Elisa Solano); annullamento con rinvio Angelo David, di 40 anni, di Piscopio, (condannato a 10 anni in appello, assistito dagli avvocati Muzzopappa, Solano e Alessandro Diddi); annullamento con rinvio per un solo capo d’imputazione per Michele Staropoli, di 57 anni, di Piscopio (condannato a 7 anni e 2 mesi in appello, difeso dagli avvocati Muzzopappa, Solano e Guido Contestabile); annullamento con rinvio per un solo capo d’imputazione per Benito La Bella, di 36 anni, di Piscopio, (condannato a 13 anni e 8 mesi in appello, difeso dagli avvocati Francesco Lojacono e Walter Franzè); 6 anni Francesco Romano, di 37 anni, di Briatico, (condannato a 6 anni in appello); 6 anni e 8 mesi Pierluigi Sorrentino, di 33 anni, di Vibo Marina, (6 anni e 8 mesi in appello); 10 anni Domenico D’Angelo, di 61 anni, di Piscopio, (10 anni in appello); 12 anni Giuseppe Brogna, di 65 anni, di Piscopio, (12 anni in appello); 8 anni Nazzareno Colace, di 59 anni, di Portosalvo, (8 anni in appello); 13 anni e 8 mesi Francesco Felice, di 29 anni, di Piscopio (stessa pena in appello); 10 anni e 4 mesi Giuseppe D’Angelo, di 50 anni, di Piscopio (stessa pena in appello); 8 anni Pantaleone Mancuso, di 62 anni, detto “Scarpuni”, di Limbadi, residente a Nicotera Marina (stessa pena in appello); 13 anni e 8 mesi Nazzareno Galati, di 34 anni, di Piscopio (stessa pena in appello); 8 anni e 2 mesi Michele Silvano Mazzeo, di 53 anni, di Mileto (stessa pena in appello); 6 anni e 8 mesi Nazzareno Pannace, di 33 anni, di Vibo ma domiciliato a Bologna (stessa pena in appello); 6 anni e 8 mesi Francesco Popillo, di 37 anni, di Vibo ma residente a Bologna (stessa pena in appello); 3 anni Simone Prestanicola, di 46 anni, di Piscopio (stessa pena in appello); annullamento con rinvio per il reato di associazione mafiosa (sino al 21 marzo 2011) per Giuseppe Salvatore Galati, di 60 anni, detto “Pino il ragioniere”, indicato quale “capo società” del clan dei Piscopisani (in appello condannato a 12 anni, difeso dagli avvocati Giuseppe Gervasi e Vincenzo Sorgiovanni).
L’associazione mafiosa
La Cassazione riconosce in primis l’esistenza di un’associazione mafiosa radicata da tempo a Piscopio con i principali esponenti che hanno costituito un nuovo “locale” di ‘ndrangheta almeno dal 2009 sulle “ceneri” della vecchia “società” mafiosa operativa anche negli anni precedenti attraverso soggetti solo in parte confluiti nella nuova struttura mafiosa. La certezza dell’operatività del “locale” di ‘ndrangheta di Piscopio – riconosciuto da San Luca grazie agli agganci con potenti clan della jonica reggina come i Commisso di Siderno, gli Aquino di Marina di Gioiosa Ionica e i Pelle di Bovalino e San Luca, è data del resto – e lo ricorda la Cassazione – da sentenze definitive scaturite in primis da operazioni antimafia come “Crimine” (Dda di Reggio Calabria), “Gringia” e “Romanzo criminale” (Dda di Catanzaro che ha colpito i clan di Stefanaconi). La strutturazione del nuovo “locale” di ‘ndrangheta di Piscopio – nato nel 2009 grazie anche a personaggi scesi appositamente dal Piemonte e con riunioni organizzate in un ristorante di Pizzo alla presenza di esponenti dei clan reggini – prevedeva l’attribuzione di veri e propri gradi mafiosi, con gerarche interne, “doti”, ruoli e promozioni. La struttura mafiosa con sede a Piscopio avrebbe però esteso i propri “tentacoli” anche nella zona delle Marinate di Vibo, arrivando a scontrarsi per il controllo di tale zona con il boss di Nicotera Marina, Pantaleone Mancuso, ed eliminando l’assicuratore Michele Palumbo, quest’ultimo ritenuto legato a Mancuso. Per meglio controllare la zona di Vibo Marina, il clan dei Piscopisani avrebbe stretto una ferrea alleanza con la cosca Tripodi di Portosalvo, atteso anche il legame di parentela tra le famiglie Battaglia, Fiorillo e Tripodi. Altra alleanza sarebbe stata stipulata dal nuovo clan dei Piscopisani anche con la struttura mafiosa attiva su Vibo Valentia guidata da Andrea Mantella (dal 2016 collaboratore di giustizia) e Francesco Scrugli, quest’ultimo divenuto quasi organico ai Piscopisani e per questo venendo ucciso nel marzo 2012 dal clan rivale dei Patania di Stefanaconi.
La contrapposizione tra boss
Figura di assoluto rilievo viene indicata in sentenza quella di Rosario Battaglia che, nonostante la giovane età, la Cassazione riconosce come un vero e proprio capo, capace di allearsi con gli altri clan e di scontrarsi con altre cosche, in primis i Patania di Stefanaconi sostenuti dal boss Pantaleone Mancuso. Rosario Battaglia è stato condannato alla pena definitiva di 28 anni e 3 mesi di reclusione per associazione mafiosa, narcotraffico, estorsioni ed altri reati-fine. Fondamentali per la buona riuscita dell’inchiesta – portata a termine dalla Squadra Mobile di Vibo Valentia con il coordinamento della Dda di Catanzaro – le intercettazioni ambientali e telefoniche, ma anche le “convergenti, autonome e credibili” dichiarazioni dei collaboratori di giustizia ed in primis quelle di Raffaele Moscato. La Cassazione nelle motivazioni della sentenza valorizza in molteplici passaggi il narrato di tale collaboratore di giustizia, definendolo più che credibile e prezioso, anche perché intraneo al clan dei Piscopisani, autore di numerosi reati – dall’omicidio alle rapine, dal traffico di droga alle gambizzazioni e alle estorsioni – ma soprattutto legatissimo ai vertici del clan, Rosario Battaglia e Rosario Fiorillo. Ritenuti credibili anche i collaboratori di giustizia Andrea Mantella, Bartolomeo Arena ed Emanuele Mancuso che da altro versante hanno confermato l’operatività e la struttura del clan dei Piscopisani. Base operativa del clan dei Piscopisani sarebbe stato un bar di Piscopio, ma anche altro bar situato nel centro di Vibo Valentia e fittiziamente intestato. Da ricordare, inoltre, che Rosario Battaglia è stato condannato il 5 luglio 2022 in Cassazione a 30 anni di reclusione anche in altro processo, venendo riconosciuto quale mandante dell’agguato costato la vita al presunto boss di Stefanaconi Fortunato Patania, ucciso nel settembre 2011.
Per quanto riguarda Pantaleone Mancuso, alias “Scarpuni”, la Cassazione ha invece confermato per lui la condanna a 8 anni di reclusione, essendosi adoperato inizialmente a favorire l’autonomia operativa del “locale” di ‘ndrangheta di Piscopio e a regolarne i rapporti con le altre articolazioni mafiose, arrivando però a scontrarsi con lo stesso per il controllo del territorio, in primis la zona di Vibo Marina.
Tutti i ricorrenti – ad eccezione di Angelo David e Stefano Farfaglia – sono stati condannati al pagamento delle spese processuali (4.200,00 euro) sostenute dalle seguenti parti civili: Regione Calabria (avvocato Annapaola De Masi), Comune di Vibo Valentia (avvocato Maristella Paolì), Associazione Antiracket e antiusura Vibo (avvocato Giovanna Fronte), Provincia di Vibo Valentia (avvocato Maria Rosa Pisani). Rosario Battaglia dovrà invece rimborsare le spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile Pubbliemme srl (liquidate in 4. 200 euro oltre accessori come per legge), assistita dall’avvocato Vincenzo Belvedere.
I difensori
Impegnati nel collegio di difesa in Cassazione gli avvocati: Sergio Rotundo,Francesco Muzzopappa, Elisa Solano, Giuseppe Bagnato, Giuseppe Di Renzo, Francesco Lojacono, Paride Scinica, Diego Brancia, Guido Contestabile, Salvatore Staiano, Walter Franzè, Francesco Calabrese, Luca Cianferoni, Francesco Gambardella, Valerio Vianello Accorretti, Michelina Suriano, Antonio Rocco, Alessandro Diddi, Michele Andreano, Sergio Bellotti, Giuseppe Gervasi, Sergio Mangiavillano, Franco Moretti.