Arresti a Reggio Calabria: il ruolo degli indagati, il controllo dei rioni e i favori tra clan

La spartizione dei quartieri in riva allo Stretto, lo spaccio di droga, le estorsioni e la cura dei latitanti affiliati. E ancora gli interessi imprenditoriali dei sodalizi criminali e la gestione del cimitero di fatto consegnato ai Rosmini: tutti i dettagli dell'operazione Cemetery boss 

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di Redazione
26 maggio 2020
10:33
Arresti a Reggio Calabria
Arresti a Reggio Calabria

Dal controllo dei rioni di Reggio Calabria agli interessi “imprenditoriali” dei clan, finanche il monopolio del cimitero sito nel quartiere Modena. Sono questi alcuni deagli aspetti emersi nell’ambito dell’operazione Cemetery boss – coordinata dalla Dda reggina e portata avanti dalla Squadra mobile - che ha portato all’arresto di dieci persone, ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa e concorso esterno in associazione mafiosa. Tra questi, ai domiciliari, è stato posto il responsabile del Servizio cimiteri del Comune di Reggio Calabria.

I nomi degli arrestati

  • Nicola Alampi, 51 anni, nato a Reggio Calabria, ivi residente;
  • Giuseppe Angelone, 51 anni, nato a Reggio Calabria, ivi residente;
  • Massimo Costante, 37 anni, nato a Reggio Calabria, ivi residente;
  • Natale Crisalli, 62 ani, nato a Reggio Calabria, ivi residente;
  • Salvatore Claudio Crisalli, inteso “Peppe”, 50 anni, nato a Reggio Calabria, ivi residente;
  • Francesco Giordano, 55 anni, nato a Reggio Calabria, ivi residente;
  • Roberto Puleo, 55 anni, nato a Reggio Calabria, ivi residente;
  • Rocco Richichi, 40 anni, nato a Reggio Calabria, ivi residente (detenuto per altra causa);
  • Demetrio Missineo, 41 anni, nato a Reggio Calabria, ivi residente;
  • Carmelo Manglaviti, 66 anni, nato a Reggio Calabria, ivi residente (dirigente comunale e responsabile del Servizio cimiteri del Comune di Reggio Calabria).

Tutte le persone, eccetto Manglaviti, sono ritenute responsabile di associazione mafiosa per aver fatto parte, con ruoli diversi, della cosca Rosmini e Zindato operanti nei quartieri Modena, Ciccarello e San Giorgio Extra. Al responsabile del campo santo è contestato il delitto di concorso esterno in associazione mafiosa.


I clan operavano nei quartieri di Reggio Calabria  

L’attività di indagine - svolta dalla Sezione “Reati contro il Patrimonio” della Squadra Mobile, sotto le direttive dei sostituti procuratori della Dda Stefano Musolino e Sara Amerio, a seguito della recrudescenza di episodi delittuosi di natura estorsiva verificatisi nella zona sud di Reggio Calabria - ha permesso di accertare l’esistenza e l’operatività, all’interno del “localedelimitato dai quartieri Modena, Ciccarello e San Giorgio Extra, di due distinte e pericolose organizzazioni mafiose, comunemente denominate:

  • cosca Borghetto - Zindato - Caridi, operante nell’ambito della potente cosca Libri;
  • cosca Rosmini legata alla più affermata consorteria dei Serraino.

Le cosche coinvolte nel blitz risultano storicamente connotate quali articolazioni territoriali della 'ndrangheta che avevano preso parte attiva alla "seconda guerra di mafia" (1985-1991). Alla cosca Rosmini (unitamente alle famiglie Imerti, Condello, Saraceno, Fontana, Nicolo e Ficara) sul fronte antidestefaniano, si contrapponeva lo schieramento coalizzato dalle famiglie De Stefano, Libri, Tegano, Zito, Zindato, Postorino, Latella e Barreca (cartello destafaniano).

L’arresto dei vertici della cosca Rosmini

La ripartizione di quella porzione di territorio cittadino tra le cosche costituisce un dato acclarato da pregresse attività investigative, svolte anche dalla Squadra Mobile, convenzionalmente denominate Wood”, “Testamento” e “Alta Tensione”. In particolare nell’ambito di quest’ultima operazione di polizia, eseguita il 29 ottobre 2010, sono stati arrestati esponenti di vertice della cosca Rosmini, ovvero Diego Rosmini  (48 anni),  Natale Paolo Alampi (46 anni) e Osvaldo Massara (55 anni). Analogamente, all’esito dell’operazione denominata “Cartaruga” del 19 ottobre 2012, sempre la Squadra Mobile, arrestò ulteriori affiliati alla stessa consorteria tra cui Francesco Rosmini (56 anni), Antonino Casili (71 anni) e Carmelo Mandalari (35 anni).

 

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Francesco Giordano ai vertici della cosca Rosmini

Grazie alle attività tecniche disposte nell’ambito dell' indagine odierna in capo ai fedelissimi di Francesco Giordano (storico esponente della cosca Rosmini), ovvero i germani Natale e Salvatore Claudio Crisalli chiamato “Peppe”, Massimo Costante e Giuseppe Angelone, detto Pino, nonché alle dichiarazioni rese principalmente dai collaboratori di giusitizia Giuseppe Stefano Tito Liuzzo, Federico  Greve e Enrico De Rosa, è stato possibile individuare ulteriori associati che garantivano non solo una fattiva collaborazione ai componenti di vertice della cosca - quali devono essere considerati Diego Rosmini, Francesco Rosmini e Natale Paolo Alampi - ma anche linfa vitale e concreto contributo alla vita e all’attività dell’associazione stessa, soprattutto sotto il profilo materiale dell’operatività delittuosa.

 

L’attività investigativa ha messo in luce il ruolo apicale ricoperto, in seno alla consorteria Rosmini, dal carismatico Francesco Giordano, referente imprenditoriale della cosca tanto per tutti i lavori edili da realizzarsi sul territorio di influenza e in particolare per quelli da eseguirsi nell'ambito del plesso cimiteriale di Modena. Viene ritenuto infatti il vertice dei Rosmini nel quartiere Modena.

Le parole dei pentiti

Lo stesso collaboratore di giustizia Liuzzo, soggetto di indubbio spessore criminale (in quanto già appartenente al sodalizio dei Rosmini) riferì sull’ascesa criminale di Francesco Giordano- che Giuseppe Angelone (altro storico affliato) lo aveva presentato alla cosca - fino ad assumere il ruolo di referente della consorteria nel quartiere di Modena.

Anche il collaboratore di giustizia Greve lo indicò come uomo di fiducia di Diego Rosmini detto “il nano”, il quale lo battezzò nel proprio domicilio prima del 1991 e attualmente, con il grado della santa, si configura come il capo locale di Modena, nonché dominus indiscusso dei lavori al cimitero. In merito alla posizione di Giordano, medesime argomentazioni provengono dal collaboratore di giustizia Enrico De Rosa il quale lo ha indicato come esponente della cosca Serraino nel quartiere di Modena.

I favori tra cosche

Francesco Giordano era un punto di riferimento per il territorio: tant’è che le parole dei pentiti hanno trovato riscontro nelle risultanze dell’attività investigativa. Era proprio a lui che Filippo Chirico ed il suo braccio destro GaetanoTomaselli - esponenti di vertice (il primo) della cosca Libri - si rivolsero per occupare un'immobile da consegnare alla compagna di Chirico. Il ruolo di Giordano, in altri termini, è da ritenersi paritetico a quello di Chirico in seno alla consorteria mafiosa di appartenenza (Libri).

Inoltre due emissari di Maurizio Cortese, storico affiliato alla cosca Serraino, cosca quest'ultima federata ai Rosmini, chiesero a Giordano di intervenire presso i componenti della comunità rom per ottenere la restituzione di un motorino rubato.

I lavori nel cimitero

Ricostruita la figura di Giuseppe Angelone, storico e carismatico affiliato ai Rosmini. Collaborava con le imprese edili di comodo e nella totale disponibilità dei Rosmini al pari degli altri sodali; era punto di riferimento per l'esecuzione dei lavori edili all'interno del cimitero del quartiere Modena, ove la cosca era egemone grazie alla collaborazione del pubblico funzionario Carmelo Manglaviti.

Peppe Crisalli, il factotum di Giordano

Durante le indagini è stata evidenziata anche la presenza constante - a fianco del cognato  Francesco Giordano- di Salvatore Claudio Crisalli, inteso “Peppe”, figura poliedrica nell’ambito dell’associazione mafiosa e legato allo stesso da un legame di natura criminale. Crisalli ha dato prova di essere capace di muoversi sul territorio di Modena e di interfacciarsi con gli esponenti della comunità rom per la restituzione delle autovetture rubate. Si è, infatti, accertato come questi, in ragione della sua appartenenza alla locale criminalità organizzata al pari di Massimo Costante, sia stato più volte chiamato in causa da amici o parenti che avevano subito il furto di un' autovettura nel territorio appannaggio della cosca Rosmini. L’uomo pertanto viene considerato il factotum di Giordano.

Era lui che veniva costantemente chiamato dal cognato per i lavori edili di ogni tipo o per incontrare i clienti presso il cimitero di Modena e si metteva a completa disposizione del capo società. In altri termini era il terminale ultimo delle direttive di Giordano. Il collaboratore di giustizia Liuzzo lo indicò come storico appartenente alla cosca Rosmini che aveva fatto la gavetta criminale sin dai tempi in cui militava anche Diego Rosmini (61 anni).  

Massimo Costante, l’autista a disposizione del clan

In merito alla posizione di Massimo Costante vengono richiamate le dichiarazioni accusatorie del collaboratore di giustizia Liuzzo che lo definì affiliato alla cosca Rosmini, particolarmente vicino al capo società Giordano ed in grado di operare per conto della cosca in diversi settori: edilizio, commerciale, nel recupero di autovetture trafugate, ecc. Massimo Costante espletava la funzione di autista di Giordnao occupandosi, altresì, della tutela dello stesso.

Natale Crisalli e il posto di lavoro per due ragazze

Tra gli indagati rilevante anche la figura di Natale Crisalli il quale, da quanto emerso dalle investigazioni, in forza della parentela con il fratello Salvatore Claudio, e con il piu carismatico Giordano, viene considerato un punto di riferimento della cosca Rosmini tanto da essere contattato da un esponente della cosca Pesce di Rosarno per cercare un posto di lavoro per due ragazze. L’uomo, mettendosi subito a disposizione, mandò un'imbasciata e nel giro di pochissimo tempo combinò un appuntamento di lavoro. Inoltre si impegnò per garantire alle giovani vitto ed alloggio, nel pieno rispetto delle logiche di 'ndrangheta e nel buon nome della comune militanza nei circuiti unitari della criminalita organizzata.

 

Nell'alveo del sodalizio godeva di prestigio criminale in ragione della sua vicinanza a Giordano ed al fratello. Ne dà conferma una conversazione in cui lo stesso affermò di vantare un credito nei confronti del genero del boss Giovanni Tegano, Edmondo Eddy Branca, e di non avere timore della pesante parentela.

Roberto Puleo e la cura dei latitanti affiliati

Roberto Puleo (parente di Francesco Giordano), associato di lungo corso, era invece disponibile a curare la latitanza di affiliati, provvedeva alle necessita economiche dei congiunti di Natale Paolo Alampi, esponente di vertice della consorteria Rosmini detenuto.

Nicola Alampi, lo storico affiliato ai Rosmini

Nicola Alampi, appartenente alla cosca (fratello del piu noto Natale Paolo Alampi), esponente di vertice della consorteria Rosmini, di cui ha ereditato il ruolo) svolgeva compiti organizzativi partecipando alle decisioni inerenti la vita dell'associazione ed impartendo le direttive agli associati. Il collaboratore di giustizia Liuzzo ne parla come storico affiliato alla cosca che aveva fatto la gavetta criminale sin dai tempi in cui militava anche Diego Rosmini, sempre attivo nei settori criminali di interesse dalla cosca.

La cosca Zindato

Demetrio Missineo e Rocco Richichi erano a disposizione della cosca Zindato. In particolare, Missineo su incarico di Francesco Zindato, detto “Checco”, si occupava dello spaccio di sostanze stupefacenti del tipo cocaina, deteneva armi da sparo e provvedeva alla risoluzione in stile mafioso delle controversie che coinvolgevano i sodali ed i terzi. Richichi era deputato all’attività di spaccio, assieme a Missineo e a Fabio Franco Quirino (ucciso il 3 marzo 2014 nel Rione Modena). La loro capacità di agire anche con metodologia violenta, tipica dell'associazione cui appartengono, è un dato che non proviene solo dalle dichiarazioni del collaboratore De Rosa, ma anche dagli esiti delle captazioni compendiate nella presente indagine come ad esempio quando Richichi riferì a Massimo Costante che avrebbe voluto bruciare il bar di Natale Crisalli.

Il responsabile del cimitero e i rapporti con i Rosmini

A lato della ricostruzione associativa, spicca la figura di un pubblico ufficiale, Carmelo Manglaviti, dirigente responsabile del servizio cimiteriale del Comune di Reggio Calabria che - pur senza essere affiliato - prestava un costante ed effettivo contributo al perseguimento degli scopi illeciti dell’associazione mafiosa, assurgendo ad uomo chiave nello scacchiere criminale dei Rosmini. Lo stesso vantava un rapporto particolareggiato, esclusivo e confidenziale con il referente imprenditoriale della cosca Francesco Giordano e gli altri sodali Salvatore Claudio Crisalli, inteso “Peppe” e Massimo Costante.

Manglaviti, in più occasioni, contattò telefonicamente Giordano e Crisalli, pianificando con gli stessi incontri de visu e gli stessi dipendenti del dirigente fungevano da segretari del duo Crisalli-Giordano. Manglaviti acconsentì che gli appartenenti alla cosca Rosmini, senza essere titolari di alcuna ditta, operassero indisturbati nella realizzazione di ogni lavoro edile all'interno del cimitero di Modena.

I locali comunali usati dai Rosmini per ricevere i clienti

Il collaboratore di giustizia Liuzzo ebbe modo di riassumere in maniera plastica i rapporti economico-criminali tra il responsabile ed i Rosmini riferendo che, al cimitero di Modena, il monopolio assoluto sui lavori (tumulazioni, estumulazioni, edificazione e ristrutturazione di cappelle funerarie) era in mano a Francesco Giordano e Giuseppe Angelone e  che tante ditte avevano tentato di “entrare” nei lavori in quel cimitero, ma difficilmente erano riuscite nel loro intento.

 

Dall’attività tecnica è stato accertato che nei locali dell'ufficio comunale, all'interno del cimitero, era di fatto ubicata la sede amministrativa di Giordano e Crisalli. Qui in diverse occasioni, i due ricevevano clienti, stipulavano accordi, formalizzavano vendite con i privati cittadini che richiedevano interventi edili all'intemo del cimitero. Il contributo che forniva Manglaviti alla cosca era indispensabile per imporre il monopolio dei lavori edili in favore della consorteria mafiosa. L’uomo, dunque, contribuì alla conservazione ed al rafforzamento dell’associazione, consapevole che senza il suo apporto i Rosmini non avrebbero mai potuto lavorare all'interno del cimitero. Il funzionario comunale, cosi facendo, aveva consegnato agli uomini dei Rosmini l’intero plesso cimiteriale, mettendo a disposizione del sodalizio i suoi sottoposti e la sede degli uffici comunali.

Intestazione fittizia e sequestro imprese

Diversi indagati, in ragione della loro appartenenza alle cosche e della consapevolezza di potere essere destinatari di provvedimenti di custodia cautelare o di misure di prevenzione personale e patrimoniale, hanno posto in essere un’accurata attività di fittizia attribuzione della titolarità di attività imprenditoriali al fine di eludere i controlli delle forze dell’ordine e le disposizioni di legge in tema di misure di prevenzione.

Su richiesta della Dda, il gip del Tribunale di Reggio Calabria ha disposto il sequestro preventivo delle seguenti imprese (divenute non operative) che è stato notificato dalla Squadra Mobile contestualmente agli arresti:

  • Impresa individuale Rosaria Nicolò sedente a Reggio Calabria, intestata a Rosaria Nicolò, avente ad oggetto la gestione della impresa di pulizie denominata “Starbrill e quella dell’esercizio commerciale denominato Valery Bar” sito a Reggio Calabria;
  • Impresa individuale Sette Veli di Mirella Patrizia Crisalli”, sedente a Reggio Calabria, di fatto di proprietà di Natale Crisalli.

 

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