Pasquale Cristiano e Francesco Tramonte celebrati con il brano-denuncia della nipote Francesca. La loro morte è ancora senza giustizia. L’invito a rompere il silenzio da parte del fratello di Pasquale. Il prefetto De Rosa: «Ai ragazzi dico: riappropriatevi di questa terra»
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Chissà cosa avrebbero provato Pasquale Cristiano e Francesco Tramonte se avessero saputo che le loro famiglie un giorno sarebbero state unite da un matrimonio e che da questo matrimonio sarebbe nata una nipote e questa ragazzina avrebbe portato avanti una battaglia per dare loro giustizia. D’altronde, «non può essere solo dolore».
Maria Cristiano si trova, come ogni anno da 34 anni, davanti alle tre croci del Calvario scolpite dietro la chiesa dell’Addolorata, in contrada Miraglia. Si è celebrata anche questa mattina la cerimonia in ricordo di uno degli omicidi più efferati e crudeli orditi dalla ‘ndrangheta: l’agguato, all’alba del 24 maggio 1991, di due netturbini: Pasquale Cristiano e Francesco Tramonte. Sono stati uccisi a colpi di mitragliatrice alle spalle dell’Addolorata, ai piedi del Calvario. Due innocenti, vittime di un messaggio mafioso che le cosche mandavano proprio a chi doveva gestire la raccolta dei rifiuti solidi urbani.
Francesco Cristiano, fratello di Pasquale, ha lanciato un appello «a chi è stato l'artefice: non so come queste persone facciano a vivere con questa coscienza sporca. Se hanno coscienza vadano a parlare. Non so come facciano a vivere. Io alla giustizia ci credo. Questa storia prima o poi deve venire a galla. Noi familiari non ci arrendiamo: chiediamo verità e giustizia e ancora oggi viviamo nell'attesa».
Le famiglie Tramonte e Cristiano chiedono giustizia da 34 anni. E più passa il tempo più chiedono a gran voce. Ma hanno anche deciso che il 24 maggio non sia solo un giorno di dolore, celebrare «due onesti lavoratori», ha detto Francesco Cristiano, «è una cosa grande». Oggi al mesto ricordo e alla parata, le famiglie hanno voluto aggiungere il ricordo gioioso e pieno d’amore per coloro che hanno perso. Un inno alla giustizia, al lavoro onesto, al pensiero che non muore.
Un sentimento che cavalca gli anni e le generazioni. Oggi in contrada Miraglia ha risuonato la musica di Francesca Cristiano, in arte Logan, 14 anni, figlia di Antonio Cristiano e Maria Tramonte. Nella tempesta della tragedia è nata una ragazza che non c’era 34 anni fa ma che ha preso il testimone della memoria e l’ha messo in musica con la canzone “22 volte”, scritta per lei dal un cantautore romano. «Alle cinque di mattina per Miraglia gli spari di una mitraglia, maneggiata da quell’uomo nascosto tra l’immondizia che era. Pensate che non vedrà neanche un giorno la galera. E ancora oggi c’è chi cerca le risposte a tutte le domande che le persone si sono poste ma a nessuno importa. Meglio fare finta di niente. Perché la gente ha paura e la paura vince sempre. Il silenzio è ciò che regna, la strada è ancora pregna del sangue di chi non c’entrava e lascia una famiglia. Dalle finestre chiuse, dalle strade deserte, da chi anche se era lì all’appello ha detto che era assente. Nessuno ha visto nessuno ha sentito. Nessuno si è alzato a muovere un dito. Nessuno parla più di quella notte, nessuno sente 22 volte bussare la morte».
Il testo di “22 volte” racconta, con ritmo rap, tutto quello che è accaduto. Oggi Francesca ha cantato e con lei altri ragazzi della scuola di musica guidati dall’insegnante Alina Caruso. Tutti indossavano la maglietta con la scritta “Logan “22 volte” 24 maggio 1991”. Anche il prefetto di Catanzaro, Castrese De Rosa, ha voluto indossarla.
«Quando uno Stato libero e democratico come il nostro non riesce a dare giustizia è un fallimento – ha detto senza mezzi termini il prefetto –. Non è ammazzando che si risolvono i problemi», ha aggiunti rivolgendosi a quella «minoranza che agisce di nascosto e deturpa le belle cose di questo territorio». Un territorio fatto di «tanto associazionismo che fa del bene». «Ai ragazzi dico – ha detto De Rosa – non abbandonate questa terra. Riappropriatevi di questa terra». L’invito ai cittadini è a non restare in silenzio perché «il silenzio è la cosa più brutta». L’invito alle istituzioni è a dare risposte ai cittadini. Perché il sacrificio di Pasquale Cristiano e Francesco Tramonte non sia vano.