Mafia e sanità

Il nuovo ospedale di Vibo ancora non c’è ma la ’ndrangheta ha avuto già la sua parte

VIDEO | È quanto emerge dalle conversazioni tra i boss di Mileto e Maierato nella masseria dei Cracolici, acquisite nell’indagine Maestrale-Cartagho. I soldi che sarebbero già stati presi da Luigi Mancuso per un nosocomio che ancora neppure esiste. Il Crimine che controlla tutte le grandi opere

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di Pietro Comito
6 ottobre 2023
12:17

«Che parlavano per il fatto di Vibo, per l’ospedale… Dice che “Per il fatto dei soldi… poi devono mandare la parte a voi…”». L’ospedale, già. E poi tutto il resto: strade, ferrovie, condotte, perfino i cimiteri. L’assunto investigativo, riscontrato dalle intercettazioni, narra che sulle «grandi opere» di tutta la Provincia, vi sarebbe stato il controllo del Crimine, che «si fa da referente per intermediare con le ditte appaltatrici». Il Crimine – quindi la struttura di riferimento per ‘ndrine e locali della provincia – che su ogni lavoro impone la sua tassazione criminale alle aziende, poi i proventi vengono redistribuiti. È l’anno 2019, quello della maxioperazione Rinascita Scott. È il mese febbraio e i carabinieri del Nucleo investigativo di Vibo Valentia, mentre i pm della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro sono impegnati nella scrittura delle richieste cautelari in vista del colossale blitz che scatterà a dicembre, danno impulso ad un altro maxiprocedimento che deflagrerà quattro anni dopo, Maestrale-Cartagho.

I lavori sulla ferrovia

Monitorano Michele Galati, considerato elemento di vertice del locale ‘ndranghetista di Mileto, figlio ed erede dell’ergastolano Salvatore. Insieme a un presunto sodale, si trova nella masseria di Domenico Cracolici, che unitamente al cugino Francesco avrebbe portato avanti l’omonimo casato mafioso tra Maierato e Filogaso dopo gli omicidi dei rispettivi genitori, Raffaele e Alfredo.  In quel periodo il territorio di Galati è interessato dai lavori di armamento ferroviario per l’alta velocità. Galati lascia intendere ai suoi interlocutori che sia Luigi Mancuso, il superboss di Limbadi, personificazione del Crimine, colui il quale ha  il pieno potere su quelle opere. Galati, d’altronde, da quando era stato inaugurato il cantiere, non ha beccato un centesimo, ciò malgrado avesse rispettato le ‘mbasciate pervenutegli dagli emissari di Mancuso che lo avevano invitato a non compiere attentati verso l’azienda.


«I miei soldi li voglio»

«Da noi lo sai che stanno facendo i binari, no? Stanno facendo i binari che deve scendere l’alta velocità anche qua… Mi ha detto Giovanni “A noi qua… Là non toccate”». E lui non “toccò”, ma fu perentorio: «Perché ve lo dico chiaro, io… I miei li voglio! Agli altri se volete glieli date… Ma i miei li voglio”». Il patto, dunque, sarebbe stato che, finiti i lavori, come tutti gli altri maggiorenti delle cosche, anche il boss di Mileto avrebbe ricevuto la sua quota sui proventi estorsivi. Il sistema, in pratica, prevedeva che per le piccole opere l’azienda doveva «mettersi a posto» con la ‘ndrina del luogo, ma quando erano in ballo opere più importanti, era il Crimine a dover trattare. I mesi, però, dal colloquio nella masseria dei Cracolici, trascorrono invano. Così, nell’agosto successivo, il boss miletese si trova a parlare con Nicola Fusca, legato da vincoli di affinità ai Galati di Mileto e uomo di fiducia del boss di Zungri Peppone Accorinti. Tre volte avrebbe bussato giù a Limbadi per ottenere la sua quota ma nelle diverse occasioni, racconta, sarebbe stato rinviato. Si rassegnò dunque che soldi, per i lavori dell’alta velocità, non avrebbe ricevuti: «Basta… Chiudiamo e la prossima volta che vengono… Quando viene – dice – “vogliamo i soldi avanti”».

Il nuovo ospedale

Ma torniamo alla masseria e al mese di febbraio del 2019. I militari in cuffia registrano gli intercettati mentre parlano del nuovo ospedale di Vibo Valentia, un’opera colossale ed essenziale, attesa da ben venticinque anni, al centro di reiterati scandali giudiziari. Il più clamoroso, quello risalente al 2005, quando un’indagine del pm Giuseppe Lombardo e dei carabinieri, scoperchiò un calderone di tangenti ed intrallazzi nel quale, dai politici locali e nazionali alla massoneria deviata, dalla ‘ndrangheta all’Opus dei, passando per uomini infedeli dello Stato, non mancava proprio nessuno. L’indagine fu affossata non in dibattimento, ma sotto la scure del tempo e della prescrizione. Quattordici anni dopo, con una nuova azienda appaltatrice ed il cantiere perennemente allo stato embrionale, il Crimine aveva – a sentire quella conversazione – già incassato la sua mazzetta. In tale contesto – sintetizzano i carabinieri – gli intercettati avevano modo di «lamentarsi del fatto che ancora Mancuso Luigi, pur avendo già riscosso la quota estorsiva, non avrebbe contattato quest’ultimo (Domenico Cracolici, ndr) per versargli la quota a lui spettante». Cracolici afferma testualmente: «Quando hanno il pane se lo tengono!». E poi: «Vediamo se sono buoni loro… Se hanno il pensiero… Se rispetto non ce n’è, soldi non ne portano! Ed io non ne ho bisogno!».

La conclusione

La conclusione che il Nucleo investigativo di Vibo Valentia rassegna ai pm dell’indagine Maestrale-CartaghoAntonio De Bernardo, Anna Maria Frustaci e Andrea Buzzelli – è chiara: il Crimine interviene «nell’esecuzione delle grandi opere pubbliche nel territorio di Vibo Valentia» assicurando un «contratto di protezione» alle aziende. È «limpidamente emerso nella vicenda dei lavori di armamento ferroviario» e «in occasione, a tutt’oggi in corso, per il nuovo ospedale di Vibo Valentia». L’atto investigativo firmato dal capitano Alessandro Bui reca la data del 24 giugno 2021. Per completezza di informazione, la Guerrato spa, che ha attualmente ha in appalto l’opera, non viene menzionata in alcun atto, ed è da ritenersi estranea all’indagine, in astratto sarebbe comunque da considerarsi vittima.

Giornalista
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