Sgominata un’alleanza tra cosche, operanti nelle provincia di Reggio Calabria, dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti. L’operazione coordinata dalla Dda reggina e dai carabinieri scattata questa mattina ha portato all’arresto di 97 indagati (di cui 81 in carcere e 16 agli arresti domiciliari) in diverse città d’Italia, da nord a sud.

Interessate alcune tra le più importanti cosche di ‘ndrangheta i cui sodali sono accusati, a vario titolo, dei reati di associazione a delinquere di tipo mafioso, concorso esterno all’associazione di tipo mafioso, associazione finalizzata al traffico, anche internazionale, di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio di sostanze stupefacenti, estorsione, sequestro di persona a scopo di estorsione, scambio elettorale politico mafioso e detenzione e porto di armi.

La provincia” e i “locali

Le investigazioni hanno permesso di appurare la permanente caratteristica di unitarietà della ‘ndrangheta, di cui l’odierno provvedimento cautelare ridisegna e riaggiorna la struttura e i vertici, oltre a confermare l’attualità dell’esistenza della struttura di ndrangheta denominata “provincia”, ovvero un organo collegiale che svolge una funzione di raccordo tra i “locali” reggini e quelle dislocate in altre regioni d’Italia e all’estero e che regola ogni nuova costituzione di strutture di ‘ndrangheta, ingerendosi anche nelle assegnazioni delle nuove cariche, garantendo il rispetto delle regole dell’associazione e dirimendo controversie tra gli associati.

Le indagini hanno inoltre permesso di registrare l’operatività dei “locali” reggini di Sinopoli, Platì, Locri, Melicucco e Natile di Careri , nonché di quelli di Volpiano (TO) e Buccinasco (MI).

La gestione del traffico di stupefacenti come ramo d’azienda dell’organizzazione mafiosa

Ma l’assoluta novità investigativa la si può rintracciare nell’ambito del traffico di stupefacenti, la cui gestione è affidata dalle cosche, in regime di monopolio, ad una struttura stabile ed organizzata frutto di un’alleanza (“un unico corpo”) tra i locali dei tre “mandamenti” della provincia, sovraordinata alle singole articolazioni e a queste complementare.

Questa struttura si occupa, tra l’altro, di importare dall’estero (specialmente Colombia, Brasile e Panama) ingenti quantitativi di cocaina occultata in container imbarcati su navi, e alla successiva esfiltrazione attraverso il porto di Gioia Tauro, sfruttando la compiacenza di squadre di operatori portuali per poi distribuirla in tutto il territorio nazionale, attraverso una ben rodata struttura organizzata e diretta dalle cosche.

In questo ambito l’attività in passato aveva già condotto al sequestro di ingenti quantità di sostanza stupefacente.

Le cosche e l’attività estorsiva

Ancora le indagini hanno confermato il dinamismo della cosca “Alvaro”, dotatasi di una cassa comune attraverso la quale far fronte alle spese legali degli associati e al sostentamento delle famiglie dei detenuti e della cosca “Barbaro Castani”, di cui è stato ricostruito l’intero organigramma, la quale è attiva nella zona di Platì, Ardore e territori limitrofi, nonché nei “locali” di Volpiano e Buccinasco. Il vertice della cosca “Barbaro Castani”, scrupoloso garante delle “regole”, dei “patti” e delle “prescrizioni” sancite in occasioni di importanti summit, rappresenta una figura centrale della ‘ndrangheta unitaria oltreché del “locale” di Platì.

Sono state riscontrate le attività estorsive delle cosche nei confronti di commercianti e imprenditori. In particolare la cosca “Alvaro” imponeva la cosiddetta “messa a posto” nei confronti delle ditte aggiudicatarie di lavori pubblici e a commercianti intenzionati ad aprire punti vendita nel territorio del “locale” di Sinopoli, invece la cosca “Barbaro Castani” imponeva pressanti richieste estorsive in danno di tutti gli imprenditori locali che operavano nel territorio sottoposto a controllo della cosca poiché erano costretti a corrispondere l’importo del 3% del valore dell’appalto.

Le cosche avevano capacità di infiltrazione nelle amministrazioni pubbliche, così da ottenere informazioni propedeutiche allo svolgimento delle attività criminali, come quelle sulle procedure degli appalti sulle ditte aggiudicatrici e sullo stato dei pagamenti utili per infiltrarsi, grazie anche alla compiacenza di imprenditori collusi, in attività economiche collegate, quali, la vendita di mascherine e guanti all’Asp della Provincia di Reggio Calabria;

Lo scambio elettorale politico mafioso

È stata inoltre accertata l’esistenza di un’associazione a delinquere (i cui appartenenti sono stati raggiunti da ordinanza di custodia cautelare agli arresti domiciliari) promossa da uno degli arrestati e finalizzata a favorire l'associazione mafiosa attraverso pratiche illegali di procacciamento di voti in diverse consultazioni elettorali e in particolare per una candidata (poi non eletta) alle elezioni per il rinnovo del Consiglio Regionale della Calabria.

Particolari vicende investigate

Le indagini poi hanno portato anche ad accertare:

momenti conflittualità tra cosche in diverse fasi delle indagini. Come quella culminata con un sequestro di persona, organizzato dai vertici del locale di Platì, ai danni di un appartenente alla cosca Alvaro, a causa di un debito di 45.000 euro per un carico di sostanza stupefacente. L’uomo veniva rilasciato solo dopo il pagamento di una prima tranche.

un particolare episodio estorsivo, messo in atto da uno degli arrestati, ai danni di un altro uomo, anch’egli arrestato, al fine di rientrare in possesso di 125.000 euro consegnatigli, anni addietro, affinché questi potesse corrompere un magistrato non meglio identificato, attraverso i contatti che l’uomo vantava presso la Corte di Cassazione, per favorire l’esito del processo in cui era coinvolto il fratello arrestato nell’operazione “Il Crimine”. Intento che non andò a buon fine e l’uomo fu condannato alla pena di 8 anni;

ulteriori dettagli sul ruolo avuto da un indagato nel sequestro di persona di Passiatore Mariangela, avvenuto a Brancaleone (RC) il 27 agosto 1977. La vittima veniva assassinata poche ore dopo il rapimento e i resti non furono mai ritrovati.

Si ribadisce che il procedimento penale è in fase di indagini preliminari e sono fatte salve quindi le diverse valutazioni nelle fasi successive.