Il blitz

Arresti a Reggio Calabria, colpita la cosca Latella-Ficara: le mani della ’ndrangheta anche sul business dei bergamotti

VIDEO | Dodici le misure cautelari. Il clan controllava le attività illecite nel quartiere Arangea, nella periferia sud della città dello Stretto. In carcere anche "Mico" Palumbo, che ha già scontato 30 anni 

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di Redazione Cronaca
27 maggio 2024
07:00

É scattata questa mattina a Reggio Calabria un'operazione contro la 'ndrangheta condotta dai carabinieri del Comando provinciale per l'esecuzione di 12 ordinanze di custodia cautelare, 11 in carcere e una ai domiciliari. 

L’inchiesta a Reggio Calabria

I provvedimenti sono stati emessi dal Gip distrettuale su richiesta della Dda, diretta da Giovanni Bombardieri, che ha coordinato l'attività investigativa. I reati contestati alle persone destinatarie delle ordinanze sono associazione per delinquere di tipo mafioso, estorsione, intestazione fittizia di beni e traffico di armi. L'inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Walter Ignazitto, ha consentito di ricostruire dinamiche e assetti della cosca di ndrangheta Latella-Ficara che controlla le attività illecite nel quartiere "Arangea", nella periferia sud di Reggio Calabria. 


I carabinieri sono riusciti a ricostruire, in particolare, i metodi seguiti dal gruppo criminale per imporre le estorsioni a numerosi imprenditori di vari settori. 

Come il clan si era riorganizzato

Ricostruite anche le dinamiche riorganizzative interne attivatesi per colmare i vuoti di potere determinati dall’arresto di elementi di vertici avvenuti nel periodo dell’attività. 

Le fasi della riorganizzazione troverebbero perfetta aderenza con l’ordinamento della ‘ndrangheta già emerso nell’indagine Crimine, nella cui sentenza viene riportata la definizione di “locale” e “doti”, nonché l’esistenza anche del cosiddetto “banco nuovo”, termine con il quale i vertici dell’ndrangheta intendevano la riorganizzazione delle cariche all’interno del locale. 

L’attività avrebbe poi registrato il perseverare delle condotte da parte di indagati, già condannati in via definitiva per il reato di associazione mafiosa, dopo una lunga militanza in seno alla cosca, in quella cosca abbiano fatto carriera e, forti del carisma criminale, scalando le doti più elevate, abbiano conquistato i vertici della compagine mafiosa e un rispetto da parte dei sodali e delle altre organizzazioni criminali che gli avrebbe consentito di continuare a operare, con ruolo apicale, nell’interesse del sodalizio. 

Altri sodali, seppur con ruolo subordinato, avrebbero manifestato una perseveranza partecipativa di pericolosa dedizione che si ricava dal ripetersi di condotte delittuose e dai riferimenti alla convita adesione alle regole di 'ndrangheta nonché alla necessità di controllo del territorio che si concretizza nell’esecuzione di vari episodi estorsivi finalizzati a garantire alla cosca il comando dell’area di competenza.

Le estorsioni

La compagine criminale, che disponeva anche di armi illegalmente detenute, attraverso il modus operanti caratteristico delle associazioni di tipo mafioso avrebbe controllato sistematicamente attività commerciali e  cantieri edili con l’obiettivo di trarre ingiusti profitti per gli associati. Le vicende registrate offrono uno spaccato della realtà reggina in cui gli imprenditori sarebbero perfettamente a conoscenza del fatto che, ancor prima di intraprendere un lavoro, devono darne preventiva comunicazione a quei personaggi che sono stati demandati dall’associazione a raccogliere le richieste e veicolarle a chi ha potere decisionale e può concedere l’autorizzazione, in cambio di dazioni di denaro, assunzione di manodopera e imposizione di forniture.  

Ancora sotto il profilo del condizionamento delle attività economiche sarebbero emersi tentativi infiltrazioni nel settore della grande distribuzione con l’intento di imporre assunzioni.

L'interesse per i bergamotti

Le investigazioni hanno inoltre messo in luce i progetti imprenditoriali dell’associazione nel settore agrumario, in particolar modo in quello dei bergamotti dove erano attive due società, intestate a prestanomi ma riconducibili ad un presunto associato. Le due società sono state sottoposte a sequestro preventivo. 

Contestualmente ai provvedimenti restrittivi personali, il Gip ha disposto il sequestro preventivo di 3 società, tutte con sede a Reggio Calabria, due delle quali fittiziamente intestate a terzi, ma di fatto nella piena disponibilità degli indagati.

Anche "Mico" Palumbo tra gli arrestati

Tra gli 11 indagati per i quali è stata disposta la custodia cautelare in carcere c'é Demetrio Palumbo, di 75 anni, detto "Mico", considerato elemento di vertice della famiglia Latella, federata con i De Stefano-Tegano-Libri nella "guerra di mafia" che insanguinò Reggio Calabria dal 1985 al 1991. In quegli anni Palumbo si muoveva, per tutelare la propria incolumità, soltanto a bordo di auto blindate. Uomo di fiducia dei boss Latella, Demetrio Palumbo nel 1989 fu vittima di un agguato messo in atto dalla cosca Serraino.

In passato Palumbo era stato coinvolto, con l'accusa di omicidio, nel processo "Valanidi", a conclusione del quale fu condannato all'ergastolo. Pena poi ridotta a 30 anni e che Palumbo ha già scontato.

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