Sanità Calabria

Barelle che non entrano negli ascensori, disabili portati in braccio, minacce al Pronto soccorso: ospedale di Lamezia in codice rosso

VIDEO | Il personale è ridotto al lumicino e non mancano i problemi strutturali. Il responsabile del Tribunale per i diritti del malato: «Tante mail a Occhiuto ma nessuna risposta»

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di Alessia Truzzolillo
5 gennaio 2024
16:55

Si crea un vero e proprio corto circuito tra pazienti e personale nel Pronto soccorso dell’ospedale Giovanni Paolo II di Lamezia Terme. Il malcontento e l’esasperazione hanno raggiunto livelli altissimi da entrambe le parti. Spesso si registrano scontri ma il problema vero sta a monte. Il personale è ridotto al lumicino, mancano i filtri medici sul territorio e non si riesce a far fronte, con efficienza e serenità, alle esigenze di un numero sempre crescente di utenze che si riversano nella struttura font office dell’ospedale.
Un dato confermato anche dal responsabile del Tribunale per i diritti del malato, tassello della rete Cittadinanzattiva Lamezia di Lamezia Terme. Il Tdm ha uno sportello lungo il corridoio degli ambulatori, accanto alla Cappella.
I cittadini possono rivolgersi allo sportello del Tdm «che li accoglie e li mette in condizione di raccontare», racconta Fiore Isabella.
Il responsabile del Tdm non ha dubbi: l’unità di emergenza è il reparto più debole di un ospedale in cui le segnalazioni sono frequenti. Non ultimi, nel 2023, due decessi per infarto con 118 arrivato in ritardo.

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Problemi strutturali e disagi

I problemi sono anche strutturali, spiega Isabella. Al Tdm è stato segnalato che un paziente, costretto a stare seduto in pronto soccorso su una panca per 5-6 ore, si è ritrovato con le caviglie nere.
«Ribadisco – dice Isabella – che sia l’utenza che il personale che soccorre vivono nella stessa situazione di disagio. Si tratta di disagi che si sommano. Il problema è politico, di gestione del servizio. Perché bisogna scegliere se spendere il denaro pubblico per fare altre cose, magari ponti che bypassano i mari, o dare strutture e conforto ai cittadini che vivono la sofferenza della malattia».
Si cerca un dialogo ma non si trovano risposte
Il Tribunale per i diritti del malato raccoglie le segnalazioni dei pazienti e le trasferisce all’ufficio relazioni con il pubblico. Le risposte, però, sono rare.
Spesso sono state inviate pec al commissario alla Sanita, il governatore Roberto Occhiuto, tutte rimaste senza riscontro. Si cerca un dialogo ma non si trovano risposte.


Visite specialistiche troppo lontane e Cup super affollato

Ritardi considerevoli nelle prenotazioni per le visite specialistiche e negli accertamenti strumentali, bisognerebbe, dice Isabella «superare la distribuzione delle prenotazioni sul territorio provinciale caratterizzato da una mobilità interurbana carente di servizi di trasporto a fronte di una utenza spesso fragile e anziana». C’è il problema del Cup sempre affollatissimo. «Il Tribunale per i diritti del malato aveva fatto una sua proposta – dice Isabella – aiutato da un ingegnere informatico. L’abbiamo portata all’attenzione della struttura sanitaria ma è come se avessimo abbaiato alla luna».

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Le prescrizioni del Coumadin

C’è il problema della prescrizione delle ricette per il prelievo Coumadin che adesso è in capo alla Cardiologia che ha istituito la prassi di registrare ogni singola prescrizione per il prelievo. «Sono patologie dalle quali non si guarisce, anche il ricorso alla frammentazione è una violenza nei confronti dei cittadini».

Nessuno vigila sui parcheggi per i disabili

Non meno avvilente è il problema dei parcheggi per i disabili, spesso occupati da gente senza troppi scrupoli. «Non sono ancora riusciti a trovare un modo per garantire il parcheggio alle persone che vivono così doppia sofferenza. Ci sono bambini con disabilità portati in braccio dalle mamme che devono fare 40-50 metri perché il parcheggio lo trovano occupato. Abbiamo segnalato anche questo. Non c’è un controllo. Io penso, e credo di non dire eresie, che forse sarebbe più opportuno ridisegnare l’utilizzo delle guardie giurate che presidiano il Cup e che potrebbero essere utilizzate per gestire la sorveglianza dell’esterno e garantire ai più fragili di godere dei servizi che lo Stato dà».

Porte rotte e sempre aperte

Noi di LaC News24 abbiamo potuto verificare come alle estremità del corridoio degli ambulatori vi siano due porte dalle quali non si dovrebbe poter accedere all’interno. Ma in realtà sono state manomesse e sono sempre aperte. Chiunque può entrare e a qualunque ora.

Carenza di infermieri e oss

Nel Pronto soccorso, apprendiamo da altre fonti, generalmente ci sono cinque infermieri a turno, nei giorni fortunati sono sei.
Un infermiere resta nella stanza dell’Osservazione breve intensiva dove, se va bene, esce con gran mal di testa a causa del rumore fastidioso e incessante del condizionatore che impedisce ai degenti di riposare tranquilli.
Due infermieri sono dedicati al Triage e qui devono accogliere i pazienti, prendere i parametri vitali, fare un elettrocardiogramma e, se vi sono sospetti, fare anche un tampone rapido Covid.
Altri due infermieri devono gestire i box all’interno del Pronto soccorso dove troviamo un box codici rossi, due per i gialli e i verdi e uno per i bianchi.
Ma se un paziente risulta positivo al Coronavirus allora andrà assistito in una struttura a parte, un prefabbricato creato ad hoc all’esterno del PS. E, a questo punto, uno degli infermieri del Triage o impegnato ai box, dovrà lasciare il suo presidio per assistere il paziente Covid. La coperta è sempre troppo corta. Impossibile rispettare i Lea. Basti pensare che, per legge, ad un codice rosso dovrebbero dedicarsi quattro infermieri. Una disposizione che non può essere garantita.
Con questi presupposti nessuno vuole andare a lavorare nel reparto front office. Il primo gennaio sono state chiamate le forze dell’ordine, dopo che il parente di un paziente aveva minacciato un infermiere: «Ti aspetto fuori».

Le barelle che non entrano negli ascensori

Qui anche le buone notizie rischiano di trasformarsi in cattive notizie. Ci segnalano, per esempio, che le barelle nuove che vanno a sostituire quelle vetuste e scomode che c’erano prima, non entrano negli ascensori. Così se un paziente deve essere trasferito su un altro piano, si è costretti a “issarlo” sulle vecchie e vetuste barelle con sofferenza per il malato e ulteriore lavoro per il personale.
Una buona notizia è la costruzione di una radiologia dedicata per il Pronto soccorso. Qui si potranno fare lastre e Tac senza intasare il reparto di Radiologia.
C’è, però, chi lamenta il fatto che questa nuova struttura stia togliendo spazio a un reparto già troppo angusto.
C’è poi il vecchio problema del bagno. Qui i pazienti trovano il lavapale e il raccoglitore della biancheria sporca. Sempre che riescano a entrare con la sedia a rotelle.

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