Hellas Verona-Cagliari under 19 è iniziata alle 11 e dopo 4 minuti l’arbitro ha concesso un rigore in favore del Cagliari che poi vincerà 3-5. Per la Procura di Reggio Calabria anche quel match rientra tra quelli alterati dal gruppo che avrebbe fatto capo a Luigi Catanoso, l’arbitro reggino finito ai domiciliari oggi nell’inchiesta Penalty.

Le intercettazioni finite negli atti d’indagine registrano i commenti alla performance di un direttore di gara che sarebbe stato corrotto per addomesticare la partita. Per lui il gruppo Catanoso avrebbe scucito 10mila euro: «Gianluchino (questo il nome della giacchetta nera che non è indagata, ndr) con dieci cucuzze», dice l’arbitro finito ai domiciliari.

Gli inquirenti spiegano che «la effettiva corresponsione della somma di denaro pari a 10mila euro» al direttore di gara «affinché alterasse l’incontro sportivo da lui condotto è dimostrata anche dall’inequivocabile tenore delle conversazioni intrattenute da Luigi Catanoso, Giancarlo Fiumanò, Lorenzo Santoro, Giampiero Reale e Tommaso Reale», cioè le cinque persone arrestate.

Gli indagati scherzavano, si meravigliavano addirittura «delle numerose e discutibili scelte arbitrali assunte» dall’arbitro «durante lo svolgimento della gara» perché, forse, «ingolosito dai sostanziosi illeciti compensi promessi». Un atteggiamento considerato addirittura rischioso: «Determinazioni di gara ritenute dal gruppo, tuttavia, esageratamente eclatanti, “abnormi” e suscettibili di essere attenzionate da organi disciplinari o giudiziari».

Ci si aspettava quasi che il direttore di gara potesse chiamarli «per sincerarsi della soddisfazione da parte del gruppo circa la “fraudolenta direzione di gara”».

«Mi ha preso in parola forse perché gli ho detto io, che sono due e cinque ogni rigore… Se ne dà meno di quattro glieli scalo», dice Catanoso mentre il risultato, di minuto in minuto, assume proporzioni sempre più inusuali.

«Rigore, calcio di rigore, lo vedi come li dà?», si stupisce Catanoso. «Chiamalo, digli che lo arrestano», risponde Santoro. «Digli basta perché forse non lo sa», chiosa Fiumanò.

Sono le intercettazioni il cuore dell’inchiesta: si sono rivelate fondamentali per ricostruire il modus operandi del sodalizio fatto proprio di numerosi rigori, spesso inesistenti, concessi per garantire il verificarsi del pronostico “over” alle scommesse. Ma anche espulsioni senza una reale motivazione per condizionare il risultato a favore delle squadre più deboli. In questo modo, gli arrestati si sarebbero garantiti introiti più elevati, anche grazie a provider di scommesse esteri e non autorizzati a operare nell’ambito dell’Unione Europea.

Per i magistrati, c’era una “visione societaria” del gruppo criminale. È quanto emerge dalle intercettazioni come quella del 19 maggio 2024 in cui il finanziatore Tommaso Reale dice: «Siamo in società in tutto e per tutto». E ancora: “secondo me la cosa più giusta … è dividere tutto … la nostra società con la vostra società… ci stanno diecimila di spese? cinquemila noi, cinquemila voi … e tutto quello che si gioca, si gioca a mezzo … secondo me è la cosa più corretta è questa».

Fiumanò ragione anche sul costo della corruzione degli arbitri. E spiega ai “soci” che non poteva essere sottratto dall’utile: «Dobbiamo trovare una soluzione che sia equilibrata. Se noi togliamo i dieci dall’utile, è lo stesso che io vengo qua per far giocare a te gratis (…) Non ci rimane nulla a noi». I soldi come scopo finale del business, com’è ovvio. Dice Lorenzo Santoro a Tommaso Reale: «Io gli avevo detto, voi pagate l’arbitro, vedete quanto riuscite a giocare… e poi pure a noi che ci escono cinque, seimila euro ciascuno va bene… meno di questi non conviene neanche il viaggio».