Lotta alla criminalità

La ’ndrangheta di Cosenza trema, l’ex boss Roberto Porcaro si è pentito

VIDEO | Collabora ormai da quasi un mese ma i familiari non hanno inteso seguirlo. Prima di iniziare a parlare si è sottoposto a un intervento chirurgico

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di Antonio Alizzi
4 maggio 2023
08:40

La Dda di Catanzaro accoglie un nuovo pentito. E stavolta il nome è molto pesante. Si tratta di Roberto Porcaro, ormai ex boss di Cosenza, esponente di vertice della cosca degli italiani che domina il territorio dell'area urbana cosentina insieme agli "zingari" di via Popilia. La collaborazione di Roberto Porcaro risale a circa un mese fa. Parliamo di un pentimento eccellente paragonabile solo a quello di Franco Pino, figura storica della 'ndrangheta cosentina. Porcaro, insomma, sta già vuotando il "sacco".

Roberto Porcaro infatti nel corso degli anni ha avuto un’evoluzione criminale senza precedenti. Ricordiamo, ad onore di cronaca, che non è mai stato condannato per associazione mafiosa. E questo gli ha permesso di rimanere “in giro”, costruendo rapporti e alleanze. Prima che arrivasse l’operazione “Testa di Serpente“, la Dda di Catanzaro aveva provato ad incastrarlo per l’omicidio di Luca Bruni, da cui è stato assolto in via definitiva. Poi i pm antimafia hanno tentato una strada diversa, ritenendo che lo stesso fosse il mandante dell’omicidio di Giuseppe Ruffolo, avvenuto nel settembre del 2011 a Cosenza. Ed è proprio questo fatto la chiave d’ingresso, l’evento che ha convinto la Dda di Catanzaro ad ascoltarlo.


Porcaro collabora da quasi un mese, ma i familiari non hanno inteso seguirlo. Lui, però, non ha avuto tentennamenti. Prima di “saltare il fosso“, aveva chiesto e ottenuto di farsi operare. Forse qui sono iniziati i primi contatti, visto che l’intervento chirurgico sarebbe avvenuto in Calabria, nonostante fosse recluso nel carcere di Voghera. E si sa che i magistrati quasi mai autorizzano detenuti di questo spessore a sottoporsi a interventi chirurgici in luoghi che conoscono bene. Ma questo ormai è un dettaglio. Perché Porcaro oggi non aiuta solo la Dda di Catanzaro, ma anche quella di Reggio Calabria. Sarà però un passaggio successivo. Ai pm coordinati dal procuratore Giovanni Bombardieri confermerà molto probabilmente che prendeva la droga dal presunto narcotrafficante Francesco Suriano, essendo inseriti entrambi in un’associazione a delinquere dedita al traffico di sostanze stupefacenti aggravata dalla transnazionalità.

Ma ritorniamo per un istante all’omicidio RuffoloLa Dda di Catanzaro è convinta che il delitto sia maturato in un contesto mafioso. Anche la Corte d’Assise di Cosenza, presieduta dal presidente Paola Lucente, era di questo avviso, avendo riconosciuto a Massimiliano D’Elia l’aggravante mafiosa, caduta poi in secondo grado. Porcaro quindi ha già riferito sull’omicidio commesso a Città 2000 e ha dato la sua versione che verosimilmente non si discosta di molto dall’impianto accusatorio della Dda di Catanzaro. E in tal senso, saranno decisive ai fini della credibilità e genuinità del narrato, le chiamate in correità. Nella prima inchiesta infatti era coinvolto anche Antonio Illuminato, la cui posizione – in assenza di chiari indizi di colpevolezza – era stata messa in stand-by.

Dall’omicidio Ruffolo al delitto Bruni. Chiariamo ogni dubbio. Porcaro, anche accusandosi di questo assassinio, ormai non potrà essere più condannato. La revisione del processo vale soltanto in presenza di una condanna e nel caso del pentito eccellente, parliamo di un’assoluzione. Sul punto, dunque, non potrà “inguaiare” neanche Francesco Patitucci, già assolto in via definitiva. Le dichiarazioni sul delitto Bruni serviranno tuttavia ad avere un quadro della situazione molto più completo. Anche rispetto ad altre vicende tuttora in corso. Capiremo se gli italiani hanno recitato un ruolo da protagonista nella vicenda omicidiaria.

Porcaro, ad oggi, ha sul groppone due sentenze, una “quasi” definitiva e l’altra ancora da definire. Quella definitiva riguarda “Testa di Serpente“. Il concordato in appello mette la parola fine al processo, mentre se verrà ritenuto credibile dalla Dda di Reggio Calabria la condanna a 20 anni inflittagli dal gup reggino potrà diminuire in appello. Ma è evidente che la decisione di Porcaro di collaborare con la Dda di Catanzaro va oltre questi due processi. L’inchiesta “Reset” d’altronde lo inchioda alle sue responsabilità. Ed è chiaro che il prossimo passo sarebbe stato quello di contestare a lui e ad altri gruppi degli italiani l’associazione dedita al narcotraffico.

Su Porcaro, nell’ultimo mese, abbiamo scritto di tutto e di più, raccontando ciò che hanno detto i collaboratori di giustizia Ivan Barone e Danilo Turboli. Soprattutto quest’ultimo lo ha tirato in mezzo in tante vicende, essendo stato il suo “braccio destro”. Ma di questo parleremo in futuro. Roberto Porcaro si è pentito. E a Cosenza (e dintorni) più di uno immagina quale sarà il proprio destino.

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