Nel processo abbreviato Reset, che ha scandagliato il sistema mafioso attivo sul territorio cosentino, un filone significativo ha riguardato la gestione del settore del Gaming, ovvero sale giochi e scommesse. Secondo la Procura antimafia di Catanzaro, si tratterebbe di un ambito strategico nelle mani di soggetti legati alla cosiddetta confederazione di 'ndrangheta descritta al capo 1 dell'imputazione. Ma le prove raccolte non hanno retto al vaglio del giudice di merito, Fabiana Giacchetti.

Il gup del tribunale di Catanzaro ha anche esaminato in particolare il capo 121, relativo alla presunta intestazione fittizia della società "A.S.D. Amici del Calcetto". Gli imputati Alessandro Cariati, Mario e Giuseppe Piromallo e Massimo Maione erano accusati di aver simulato la titolarità per eludere le misure di prevenzione. Tuttavia, come si legge nelle motivazioni, «gli elementi raccolti risultano utili a fondare un sospetto ma non una prova della fittizia intestazione». Le dichiarazioni del collaboratore Luciano Impieri, pur dettagliate, «brillano per genericità cronologica e mancano di riscontri puntuali».

Anche le intercettazioni acquisite – tra cui dialoghi tra Piromallo, Maione e altri soggetti sulla gestione dell'impianto sportivo e del bar Eden – non dimostrano, secondo il giudice, un «dominio effettivo dell'attività» da parte di Piromallo. Di conseguenza, il Tribunale ha pronunciato l'assoluzione con la formula "perché il fatto non sussiste".

Discorso analogo per il presunto gruppo Chiaradia-Orlando, imputato ai capi 122, 123, 124, 125 e 140. La tesi accusatoria riconduceva a Daniele Chiaradia e ai suoi sodali una struttura associativa dedita alla manipolazione del circuito delle slot machine tramite le cosiddette "doppie schede" e all'evasione fiscale attraverso il controllo occulto del mercato. Tuttavia, secondo il giudice, «gli elementi raccolti hanno valenza meramente indiziaria». Le dichiarazioni dei collaboratori Femia, Gioia, Calabrese e Greco, pur descrivendo un sistema opaco e rapporti con ambienti criminali, si riferiscono a epoche precedenti a quelle contestate.

Il giudice ha sottolineato che «manca la prova della consapevolezza dei singoli imputati di far parte di un sodalizio criminoso» e che «i contatti tra i presunti associati sono sporadici, privi di una struttura stabile». Di conseguenza, anche in questo caso è stata pronunciata l'assoluzione per i reati associativi. Fa eccezione il capo 123-BIS, relativo a una truffa tentata ai danni dello Stato mediante l'uso di schede truccate: qui Chiaradia è stato condannato (come Orlando nel rito ordinario), ma con esclusione dell'aggravante mafiosa e con la riqualificazione del reato in forma tentata.

L'intero segmento dedicato al Gaming, che già non aveva retto nella fase cautelare in Cassazione, si è concluso dunque con numerose assoluzioni in abbreviato e una sola condanna per tentata truffa, segno della difficoltà di provare il legame organico tra il mondo imprenditoriale del gioco e le consorterie criminali.