C’è anche il commercialista di Zaccanopoli, Lorenzo Scordamaglia, 54 anni, tra gli indagati dell’operazione “Bononia Gate” coordinata dalla Dda di Bologna. Per il professionista vibonese, da qualche anno operante a Bologna, il gip ha disposto l’obbligo di dimora e il divieto temporaneo di esercitare l’attività contabile per un anno. In carcere è invece finito Antonino Cernuto, detto Nino o Jerry (cl. ’61), di Gioia Tauro, mentre i domiciliari sono stati disposti per il figlio, Giuseppe Cernuto (cl. ’91) di Gioia Tauro e per Pacifico Cocciolo (cl. ’64) di Gioia Tauro; Roberto Chiarenza detto “Bob” (cl. ’64) di Gioia Tauro; Martino De Leo (cl. ’83) di Reggio Calabria e Yuri Licopoli (cl. ’90) di Gioia Tauro. L’obbligo di dimora, oltre che per il commercialista vibonese Scordamaglia, è stato disposto pure per Nicola Fondacaro (cl. ’69) di Taurianova. Altre 25 persone sono invece indagate a piede libero.
Il sodalizio criminale è accusato di essere dedito ai reati di bancarotta fraudolenta, indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato, truffa, evasione, riciclaggio, reimpiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita e autoriciclaggio, alcuni dei quali aggravati dall’agevolazione mafiosa. Il commercialista Scordamaglia, secondo l’accusa, avrebbe rivestito un ruolo nei meccanismi di occultamento e simulazione societaria, capaci di rendere più complessi i tracciamenti finanziari e di agevolare la costruzione di un’apparente legittimità economica. In particolare, il coordinamento delle complesse dinamiche gestionali delle varie imprese volte alla commissione dei reati sarebbe stato assicurato anche grazie alla connivenza del commercialista di Zaccanopoli con studio a Bologna, assumendo il ruolo di “consigliere” della presunta organizzazione, ovvero di professionista non necessariamente legato alla compagine delinquenziale, ma che avrebbe suggerito sistemi e modalità fraudolente, fornendo pareri ed assistenza per violare le leggi.
Le aziende coinvolte, dopo aver incassato i finanziamenti ed essere state impiegate per la commissione di truffe, sarebbero state infatti destinate ad un veloce fallimento, non prima che i relativi conti correnti venissero prosciugati e i beni mobili e immobili venissero alienati o distratti tramite azioni riciclatorie o di reimpiego. Le società dovevano apparire floride tramite escamotage quali artifici contabili, manipolazioni di bilancio, movimentazione vorticosa di contanti, emissione di fatture per operazioni inesistenti, con l’obiettivo di accedere indebitamente a finanziamenti bancari e mutui agevolati, garantiti dallo Stato mediante l’intermediazione del Mediocredito Centrale (società partecipata al 100% da Invitalia che, a sua volta, fa capo al Ministero dell’Economia e delle Finanze) che ha complessivamente ed indebitamente erogato loro circa 1,5 milioni di euro, con corrispondente danno erariale.