Altre quattro scarcerazioni per gli imputati di Rinascita Scott dopo la sentenza della Cassazione nel troncone dell’abbreviato. A lasciare il carcere di Ancona ed a ritornare in totale libertà è Serafino Alessandria, alias “Pitta”, 30 anni, di Zungri, che in accoglimento di un ricorso degli avvocati Giuseppe Bagnato e Valerio Vianello Accorretti ha ottenuto dalla Suprema Corte l’annullamento senza rinvio della condanna a 14 anni, 6 mesi e 10 giorni rimediata in appello. 

Un annullamento senza rinvio che equivale ad un’assoluzione e da qui la scarcerazione. Arrestato per associazione mafiosa (clan Accorinti di Zungri) e altri reati fine (armi) nel dicembre del 2019, Serafino Alessandria era stato scarcerato nel luglio del 2020 in seguito ad un annullamento senza rinvio ad opera della Cassazione. Condannato in primo grado a 14 anni e 8 mesi dal gip distrettuale, era stato riarrestato dallo stesso gip su richiesta della Dda dopo la condanna di primo grado. La Corte di Appello l’aveva poi condannato alla pena di 14 anni, 6 mesi e 10 giorni. La Cassazione ha quindi annullato tutti i reati senza rinvio e ha dichiarato prescritto un reato di detenzione di banconote false non aggravato dalle finalità mafiose. Da qui l’immediata scarcerazione e il ritorno in libertà.

Lascia il carcere per decorrenza dei termini di fase anche Giuseppe Scriva, 65 anni, di Vibo Valentia, che ha ottenuto dalla Cassazione (difeso dagli avvocati Sergio Rotundo e Francesco Lojacono) l’annullamento con rinvio della condanna in appello a 12 anni. Scriva così lasciato il carcere di Agrigento, ma sussistendo i gravi indizi di colpevolezza sono state applicate nei suoi confronti le misure cautelari del divieto di espatrio e dell’obbligo di dimora nel comune di residenza con divieto di allontanamento dalla propria abitazione dalle 20:30 alle ore 6:00 del mattino. Giuseppe Scriva, detto “Pepè”, secondo l’accusa avrebbe operato a sostegno di esponenti della cosca Fiarè-Gasparro-Razionale di San Gregorio d’Ippona e della cosca Mancuso di Limbadi e Nicotera, “riciclando sistematicamente il denaro provento delle attività illecite di tali clan, anche attraverso il cambio di assegni post datati, giungendo a riciclare (per sua stessa ammissione, nel corso delle conversazioni intercettate) fino a venti/trenta milioni di vecchie lire al giorno e fino a seicento milioni di lire al mese dal 1990 all’attualità, al punto che Razionale ne tesseva le lodi sottolineando come Giuseppe Scriva fosse divenuto un vero e proprio punto di riferimento nel panorama criminale vibonese poiché riciclava per tutti”.

Perdita della misura della custodia cautelare in carcere anche per Giovanni Rizzo, 43 anni, di Nicotera, difeso dagli avvocati Antonio Corsaro e Alessandro Diddi, la cui condanna a 12 anni per associazione mafiosa (clan Mancuso) è stata annullata con rinvio dalla Cassazione. In questo caso, la terza sezione penale della Corte d’Appello di Catanzaro per decorrenza dei termini di fase ha rimesso in libertà Giovanni Rizzo (che ha lasciato il carcere di Saluzzo), ma sussistendo anche per lui i gravi indizi di colpevolezza e le esigenze cautelari, ha applicato anche per lui la misura del divieto di espatrio e dell’obbligo di dimora nel comune di residenza con divieto di allontanamento dalla propria abitazione dalle 20:30 alle ore 6:00 del mattino.

Lascia invece gli arresti domiciliari per decorrenza dei termini di fase Vincenzo Mantella, 39 anni, di Vibo Valentia, difeso dagli avvocati Diego Brancia e Francesco Sabatino. Mantella si è visto annullare con rinvio dalla Cassazione la condanna a 12 anni per associazione mafiosa e per un episodio estorsivo. Per lui la terza sezione della Corte d’Appello di Catanzaro ha disposto la misura del divieto di espatrio e dell’obbligo di dimora nel comune di residenza con divieto di allontanamento dalla propria abitazione dalle 20:30 alle ore 6:00 del mattino.

Tali scarcerazioni si aggiungono (sempre per decorrenza dei termini di fase) a quelle di Gregorio Gasparro, 53 anni, di San Gregorio d’Ippona (indicato quale vertice dell’omonimo clan e che si è visto annullare con rinvio la condanna a 16 anni, difeso dall’avvocato Dario Vannetiello) e Andrea Prestanicola, 39 anni, di Ionadi (che si è visto annullare con rinvio la condanna a 12 anni e 4 mesi, difeso dagli avvocati avvocato Valerio Vianello Accorretti e Dario Vannetiello). Andrea Prestanicola è il genero di Saverio Razionale, quest’ultimo ritenuto il boss di San Gregorio d’Ippona e personaggio ai vertici dell’intera ‘ndrangheta vibonese.