Inchiesta Basso profilo

Scambio elettorale politico mafioso, le motivazioni della condanna a 5 anni per Talarico: «Promesse reciproche»

Secondo il giudice per ottenere voti a suo favore si sarebbe spinto «ben al di là della soglia della mera inopportunità politica». L'immunità parlamentare come obiettivo per proteggersi da guai giudiziari

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di Luana  Costa
29 aprile 2022
15:08
Franco Talarico
Franco Talarico

«V'è da dire che la circostanza che Talarico abbia accolto con entusiasmo e incentivato la ricerca di voti a suo favore da parte della famiglia Porcino imparentata con l'ex senatore Caridi all'epoca dei fatti detenuto nell'ambito dell'operazione Mammasantissima è quanto meno inopportuna per l'immagine di un politico che vorrebbe e dovrebbe mostrarsi estraneo anche solo da sospetti di vicinanza ad ambienti criminali e lascia solo immaginare quanto avanti si sarebbe spinto per ottenere voti a suo favore ben al di là della soglia della mera inopportunità politica». Sono queste le conclusioni a cui giunge il gup del Tribunale di Catanzaro, Simona Manna, nella stesura delle motivazioni della sentenza di condanna a carico dell'ex assessore al Bilancio della Regione Calabria, Franco Talarico.

La condanna a 5 anni per Talarico

Il politico lametino è stato, infatti, condannato, con rito abbreviato, a 5 anni di reclusione per il reato di scambio elettorale politico mafioso nell'ambito dell'inchiesta istruita dalla Dda di Catanzaro denominata Basso Profilo. Sotto la lente degli investigatori erano finite le elezioni politiche del 2018, durante le quali Franco Talarico risultava candidato nel collegio uninominale di Reggio Calabria per la Camera dei Deputati nella lista dell'Udc. 


Lo scambio 

Secondo la ricostruzione della Procura, Talarico si sarebbe fatto promettere - attraverso Saverio Brutto, figlio di Tommaso e ex amministratore al Comune di Simeri Crichi - il sostegno elettorale di Antonio Gallo, imprenditore operante nel settore dell'antinfortunistica, in cambio dell'impegno ad appoggiarlo nell'ottenimento con modalità illecite di appalti per la fornitura di prodotti antifortunistici. Il sostegno sarebbe avvenuto però anche attraverso i suoi referenti di Reggio Calabria Errigo Natale, consulente di Invitalia e - secondo la ricostruzione - legato da rapporti parentali alla cosca Tegano De Stefano di Archi e Antonino Pirello, titolare di una impresa di pulizia, e coinvolto nell'inchiesta della Dda di Reggio denominata Alchemia.

Do ut des

Una ricostruzione confermata anche dal gup allorquando sostiene che «gli elementi di prova del reato si ricavano dai contenuti delle intercettazione telematiche». Per il giudice «emerge una progressione negli accordi e una sedimentazione delle reciproche istanze tra Talarico - interessato ad ottenere appoggio elettorale - e Gallo, Pirello e Natale quali soggetti che avanzano alcune pretese: entrature e appalti. Errigo infatti in una riunoine del 16 gennaio 2018 a Roma alla presenza di Talarico fa espressamente e testualmente riferimento ad un rapporto di "do ut des", rapporto che consisteva nel facilitare loro gli appalti. Nel contempo anche Pirello chiede esplicitamente una mano d'aiuto. Gallo nella stessa sede chiede un contatto con una società in house della Regione Lazio per avere appalti».

Le promesse

«I predetti hanno effettivamente siglato un accordo facendosi promesse reciproche - conclude il giudice - e tutti i soggetti a dimostrazione della serietà si attivano prontamente. Dagli elementi di prova raccolti emerge che l'intesa finalizzata al procacciamento del consenso elettorale assunto da Gallo, Pirello e Natale nei confornti di Talarico ricomprendesse anche il ricorso alle modalità mafiose avendo fatto più volte riferimento alle modalità di procacciamento dei voti».

Le modalità mafiose

«Coloro che si sono impegnati a sostenere Talarico - prosegue nella disamina il giudice - potevano non essere inquadrati all'epoca dei fatti come soggetti inequivocabilmente collocati in contesti mafiosi; deve, tuttavia, rilevarsi che nei dialoghi hanno più volte fatto menzione o allusioni rispetto all'utilizzo di modalità illecite di procacciamento dei voti». Ad esempio, in riferimento ad Errigo Natale si riportano una serie di intercettazioni: «Le espressioni letterali utilizzate rendono palese che il riferimento non sia banalmente alla possibilità di raccogliere i voti espressi dai suoi parenti o amici ma alla prospettiva che i 30 o 40 soggetti di Archi evocati - tra cui soggetti a lui legati da rapporti di parentela e condannati per partecipazione alla cosca mafiosa De Stefano - si muovano per raccogliere voti nel territorio di riferimento, periferia a nord di Reggio Calabria storicamente roccaforte della famiglia De Stefano e Tegano».

Prospettive di morte

«Il fatto che nel patto rientrasse l'utilizzo di metodiche mafiose - si legge ancora nelle motivazioni - può altresì desumersi da quanto asserito da Gallo in risposta ad Errigo, in particolare il fatto di aver detto proprio a Talarico di non dimenticarsi dell'appoggio che gli stavano dando, poiché i soggetti ai quali Gallo si era rivolto per ottenere l'appoggio nel caso di mancato mantenimento da parte del politico delle promesse pattuite avrebbero ucciso Gallo, quale soggetto che aveva fatto da tramite per il procacciamento dei voti. Prospettiva che non poteva lasciare dubbi a Talarico circa il modus operandi dei soggetti a cui si era rivolto».

L'immunità parlamentare

Inoltre, secondo il giudice «Talarico dimostra nei dialoghi intercettati una certa apprensione rispetto alla necessità di evitare di correre rischi nel procacciamento dei voti ma allo stesso tempo fa presente ai suoi interlocutori che lui, una volta eletto, avrebbe avuto l'immunità e quindi eventuali guai con la legge sarebbero stati paventabili solo per Gallo e Pirello. Deve pertanto concludersi che Talarico intendesse accappararsi i voti anche attraverso metodiche tipiche dell'inquinato contesto territoriale. Ciò evidentemente facendo ricorso a soggetti che oltre a conoscere bene tali luoghi sapevano anche come muoversi e a chi rivolgersi».

Associazione a delinquere

Assolto invece dal reato di associazione a delinquere finalizzata a commettere una serie indeterminata di delitti contro la pubblica amministrazione. Secondo il giudice: «Pur ritenendo configurabile una embionale associazione a delinquere finalizzata, ossia una sorta di comitato d'affari a cui hanno preso parte Antonio Gallo, Tommaso e Saverio Brutto e Ercole D'Alessandro esclude la partecipazione di Franmcesco Talarico e Antonino Pirello».

Non provata l'associazione a delinquere

«Gli elementi di prova posti a sostegno della contestazione - annota il gup - non possono da soli riverberare ai fini di ritenere provata la loro partecipazione all'associazione a delinquere. Manca dal punto di vista oggettivo un contributo effettivo apportato dal singolo per la realizzazione degli scopi dell'associazione e, dal punto di vista soggettivo, oltre alla consapevolezza dell'esistenza dell'associazione e delle sue finalità. E invero l'accordo di Talarico con Pirello ed Gallo inizialmente promosso dai Brutto e a cui prenderà parte anche Errigo risulta limitato alla realizzazione del reato dello scambio elettorale politico mafioso, effettivamernte commesso ed in esso si esaurisce».

Giornalista
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