Dalle telecamere hackerate ai filmati online: il caso del conduttore tv ha una traccia che porta su una spiaggia di Diamante. Pantanella racconta di un uomo in un lido che si vantava di possedere le immagini incriminate: è scappato senza pagare e non è mai stato individuato
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Come il paziente zero al tempo del Covid, anche nello scandalo delle telecamere hackerate ci sarebbe una “spia zero”. A individuarla, almeno in teoria, è l’investigatore privato Amedeo Pantanella: lo spione sarebbe un uomo mai identificato, intercettato in agosto sulla spiaggia di Diamante, in Calabria. Potrebbe essere stato lui il primo a diffondere sui social e via WhatsApp i video rubati. È il Corriere della Sera a raccontare la storia in un servizio dell’inviata Giusi Fasano.
Il portale dei filmati rubati
Le immagini, sottratte da migliaia di telecamere di sorveglianza domestiche, sono finite in vendita su un portale accessibile con un semplice pagamento. Bastava acquistare l’accesso per intrufolarsi nelle case private, osservando scene di intimità in camera da letto, in salotto o in bagno. Le coppie inconsapevoli sono diventate protagoniste di filmati porno diffusi globalmente.
L’ombra sul conduttore televisivo
Il caso è esploso quando Stefano De Martino ha scoperto, grazie a segnalazioni anonime, di essere stato ripreso a sua insaputa durante un momento privato con la fidanzata Caroline Tronelli. I due hanno sporto querela a Porto Cervo, dove si trovavano in vacanza. Proprio lì hanno incontrato Pantanella, che li ha aiutati a individuare il portale incriminato e che ha consegnato un dettagliato rapporto alla polizia postale.
La ricostruzione dell’investigatore
Pantanella racconta di aver messo in moto una catena di segnalazioni per capire chi avesse diffuso il video per primo: «Quando la notizia ha cominciato a circolare — spiega — in molti hanno contattato la famiglia della ragazza e anche me, sapendo che mi stavo occupando del caso e che sono in contatto con lei e con Stefano».
Un contatto a Diamante gli avrebbe riferito di aver visto il filmato sul cellulare di un uomo in spiaggia, che se ne vantava con i vicini di ombrellone. Secondo Pantanella, quell’uomo potrebbe essere il diffusore iniziale. Ma è rimasto senza nome: «Purtroppo no. Avevo chiesto ai miei collaboratori di bloccare il soggetto e chiamare le forze dell’ordine ma deve aver mangiato la foglia ed è scappato. Sparito. Non ha manco pagato l’ombrellone e il ristorante...».
Le indagini della polizia postale
Da quasi un mese la polizia postale indaga per identificare i responsabili della pubblicazione dei video rubati. Oltre al caso De Martino, decine di altre coppie italiane sono state esposte online. Due le inchieste aperte: una a Roma, competente per territorio e già in contatto con la querela, e l’altra a Venezia, dove una società di cybersecurity ha segnalato il portale.
Il sito e la giustificazione assurda
Il portale, che continua a diffondere filmati rubati da tutto il mondo, risulta registrato alle Isole Tonga, dettaglio che complica il lavoro degli inquirenti. Sulla home page, nella sezione dedicata agli obiettivi, gli amministratori scrivono che il loro scopo è «attirare l’attenzione del pubblico sul problema delle fughe di dati personali causate da imperfezioni hardware e software». Una giustificazione che suona come un paradosso: trasformare lo sfruttamento dell’intimità altrui in un preteso servizio pubblico.