Scandalo all’Universita’ di Reggio

«Se sbagli a parlare ti ammazzo»: ecco i metodi utilizzati contro chi non si allineava alla volontà dell’ex rettore

Dalle intercettazioni emerge uno spaccato per i giudici «sconcertante e a dir poco imbarazzante» che vede protagonista l'allora rettore della Mediterranea Pasquale Catanoso (ASCOLTA L'AUDIO)

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di Elisa Barresi
23 aprile 2022
16:25
Nel riquadro Pasquale Catanoso
Nel riquadro Pasquale Catanoso

«…Guarda di essere allineato pure nelle parole perchè se sbagli pure a parlare ti ammazzo». Sono spaccati di una realtà che si fa fatica a credere quelli che emergono dalle carte dell’Inchiesta Magnifica che ha smascherato il presunto sistema che gestiva l’Università Mediterranea di Reggio Calabria. Ma queste parole dell’allora rettore Pasquale Catanoso mettono in luce un modus operandi che, secondo l’accusa, andrebbe oltre il favoritismo e clientelismo adoperato nei concorsi.

Il metodo

Il 26 ottobre 2018, attraverso un'intercettazione ambientale nell’ufficio del Rettore Catanoso, viene captata una conversazione con il docente Ferrara e l’attuale rettore Zimbone (che subentrerà nella funzione direttiva in data 15 novembre 2018), incentrata sul tema della nomina dei professori di I e Il fascia all’interno del Digies. Catanoso racconta ai presenti di essere stato contattato quella mattina da Giovanni D’Amico e di averlo avvisato che gli conviene «allinearsi alla sua volontà, cioè di sostenere le sue decisioni e agire in conformità alle stesse, poiché la prossima occasione professionale sarà a lui destinata: ‘stamattina mi ha telefonato D’Amico gli ho detto D’Amico vedi che la prossima cosa è per te – 'no ma io sono allineato'- gli ho detto allora guarda di essere allineato pure nelle parole perchè se sbagli pure a parlare ti ammazzo quindi ma la è un problema mio personale quindi allora questo è il caso di usare il termine che mi da fastidio e che non uso mai ma non si fanno prigionieri cioè calci in culo a tutti [inc.le] non devono comparire manco davanti (si accavallano le voci) non solo gli cacciamo tutto, gli cacciamo pure i due, perchè Tropea e Mazza sono con noi, ora noi li chiamiamo e sono pure contenti!».


Una conversazione che lascia poco margine all’interpretazione e che il giudice ritiene «sconcertante e a dir poco imbarazzante, vocando ben altri metodi di condizionamento. Il D’Amico, professore di diritto privato, doveva allinearsi, cioè non doveva ostacolare il suo progetto, che serviva a garantire la progressione dei prescelti. Il Catanoso aveva fatto capire al collega che doveva fare attenzione anche alle parole che utilizzava e che in caso contrario avrebbe perso tutto. Bisognava favorire, come emerge dalla viva voce del Catanoso, Tropea e Mazza perché ritenuti vicini al loro gruppo».

Per il pubblico ministero il Rettore fa riferimento a Tropea ed a Mazza, che saranno «chiamati, ossia nominati professori, rispettivamente ordinario e associato (ciò che effettivamente è avvenuto) e che, pertanto, ‘saranno con loro’, cioè andranno ad accrescere la cerchia dei sostenitori della gestione rettorale in essere. Tale considerazione assume molta rilevanza nell’ottica più generale della reciprocità del supporto e del continuo scambio di utilità professionali ed economiche che gli indagati si assicurano l’un l’altro».
Queste dinamiche per gli inquirenti rappresentano «il meccanismo di funzionamento della gestione domestica e clientelare dell’Ateneo reggino».

Giornalista
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