Mammasantissima

La via cosentina della droga spiegata da una donna: «Chi non ci sta viene picchiato o sparato»

L'accordo stipulato tra i diversi clan dell'area urbana prevede una gestione collegiale del narcotraffico. A rivelarlo sono la collaboratrice di giustizia Anna Palmieri e suo marito Celestino

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di Marco Cribari
22 aprile 2024
09:03

La cifra della malavita cosentina è la droga. La gestione della sostanza, i traffici che ruotano attorno a essa, sono stati da sempre causa di dissapori, di rottura di alleanze e, talvolta, di guerre di mafia. Da qualche anno a questa parte, però, i clan avrebbero ridotto al minimo il rischio di nuove derive armate grazie alla stesura di un vero e proprio codice. avuto l’effetto di mettere tutti d’accordo. Si chiama “Sistema” e ha avuto l'effetto di mettere tutti d'accordo. "Sistema", i collaboratori di giustizia lo definiscono così. Fra questi, c'è pure una donna

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La seconda puntata di Mammasantissima si chiude idealmente con un focus su Anna Palmieri, moglie di Celestino Abbruzzese detto "Micetto". Celestino è uno dei figli di Fioravante Abbruzzese "Banana" e in passato è stato a capo di un gruppo criminale che, in assoluta autonomia, con la benedizione della famiglia, gestiva lo spaccio di stupefacenti nel centro storico cosentino. La Palmieri non era una sua subalterna, ma lo affiancava nella gestione dei traffici illeciti, con un ruolo decisionale quasi pari al suo. La decisione di collaborare con la giustizia l'hanno presa insieme, dopo un arresto che, per entrambi, rappresentava di preludio a condanna sicura. 


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Da allora, hanno contribuito a far luce su diversi episodi criminali avvenuti nella città dei Bruzi negli ultimi vent'anni. E fra le altre cose, hanno parlato anche del "Sistema". E' proprio lei, Anna Palmieri, a definirlo come «il circuito» entro il quale si possono compiere determinati tipi di delitti, comprese le rapine. «Bisogna essere affiliati a qualche gruppo o essere autorizzati per svolgere queste attività – spiegava ai magistrati alcuni anni fa – altrimenti se ne pagano le conseguenze».

Chi sbaglia, chiarisce la donna, viene «picchiato o sparato» e in più deve anche pagare il «disturbo», ovvero una cifra di risarcimento alle cosche. E a proposito dei soldi: quelli, secondo Anna, confluiscono in una cassa comune, la cosiddetta bacinella, che a suo avviso è legata in modo indissolubile al Sistema – «Coincidono e camminano insieme» – perché hanno la funzione comune di garantire stipendi e coperture legali agli affiliati, ai detenuti e alle loro famiglie.

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I coniugi sono stati fra i primi, se non i primi in assoluto, a svelare l'esistenza del cosiddetto "Sistema" e, non a caso, recitano un ruolo di primo piano sulla scena del maxiprocesso "Reset", attualmente in corso nell'aula bunker di Lamezia Terme. Con loro c'è anche Giuseppe Zaffonte, ex rapinatore in quota al clan Lanzino che, però, ha qualcosa di importante da dire anche in tema di narcotraffico e dintorni. E' stato lui, infatti, a mettere gli inquirenti sulla pista, assolutamente inedita, di organizzazioni criminali che non controllano più in modo diretto le piazze di spaccio, ma si occupano solo dell’acquisto dei grossi carichi di eroina e cocaina, obbligando poi tutti gli spacciatori indipendenti a rifornirsi da loro.

Proprio i pusher, clienti dei clan senza essere formalmente affiliati, possono poi smerciare la droga, crearsi una rete personale di rivenditori, muoversi in assoluta autonomia. L'unica condizione è che per la fornitura iniziale si rivolgano sempre e solo al Sistema. Chi sgarra, chi fa il «sottobanco», spiega Zaffonte, rischia un pestaggio, se non la vita.

 

Giornalista
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