Stragi di mafia, «la ‘ndrangheta si mosse quando fu certa di essere decisiva»

Prosegue la requisitoria del processo ‘Ndrangheta stragista. Il procuratore Lombardo traccia il profilo di Gaspare Spatuzza e approfondisce il momento in cui le cosche decise di entrate nella strategia stragista: «Le cosche sono pragmatiche»

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di Consolato Minniti
3 luglio 2020
11:26
’Ndrangheta stragista, la requisitoria del pm Lombardo
’Ndrangheta stragista, la requisitoria del pm Lombardo

«La ‘ndrangheta quando si muove, fra il dicembre del 1993 e il gennaio del 1994, e non lo fa in un momento qualsiasi, ma quando ha la certezza che il suo operato avrà un peso decisivo nella strategia stragista che si porta avanti». È quanto afferma il procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo nel corso del processo ‘Ndrangheta stragista in corso davanti alla Corte d’Assise di Reggio Calabria e che vede imputati il boss Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone con l’accusa di essere i mandanti degli agguati ai carabinieri e che hanno portato alla morte degli appuntati Fava e Garofalo.

Per Lombardo, che sta tratteggiando il profilo del pentito chiave – Gaspare Spatuzza - «l’anno chiave è il 1991. È il periodo di cui noi ci occupiamo in questo processo è un periodo che abbraccia quel dato temporale di partenza, fino a quando la ‘ndrangheta capisce che il tempo è maturo e dà il suo contributo al colpo di grazia. La ‘ndrangheta è pragmatica, non ha necessità di grandi discorsi. Non ho partecipato agli incontri di Nicotera – rimarca il pm – ma è come se fossi stato lì perché facendo questo lavoro smetti, per buona parte della giornata, di vivere la tua vita e vivi la vita degli altri e riesci nel silenzio di determinati uffici a sentire le voci di chi, nell’estate del ’92, ha ascoltato, ha dato determinate risposte formali e in quel ristrettissimo circuito di grandi capi ha detto “siamo d’accordo, ma ci muoveremo nel momento in cui il nostro intervento porterà al risultato che oggi stiamo pianificando, creiamo le premesse per arrivare ad ottenere il risultato”».

Ecco perché, prosegue il pubblico ministero, tra dicembre ’93 e gennaio ’94, il ruolo dei calabresi «è decisivo per far capire che la componente siciliana non è sola e che il sistema criminale di tipo mafioso, quando pianifica certe strategie, è in grado di attuarle». Anche perché il contesto è quello in cui il boss Giuseppe Graviano dice al pentito Spatuzza che la mafia ha il Paese nelle mani «e dobbiamo dare il colpo di grazia perché i calabresi si sono già mossi».

Giornalista
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