L’udienza

Truffa milionaria ai sultani dell’Oman, colpo di scena a Rinascita 3: va a processo il presunto commercialista dei clan

Scongiurata l’improcedibilità dopo i problemi di notifica per tre imputati nell’inchiesta sugli affari della ’ndrangheta in Ungheria. I sovrani del paese mediorientale si costituiscono parte civile. 

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di Redazione
25 gennaio 2024
12:17

Dal rischio dell’improcedibilità al rinvio a giudizio anche per tre imputati per i quali vi era stato un difetto di notifica. È un colpo di scena quello che si è materializzato nell’udienza dello scorso 24 gennaio del processo Rinascita 3 – Assocompari. Andranno a processo anche Giovanni Barone, Saverio Boragina e Basilio Caparrotta (classe ’61), per i quali vi era stato un problema di notifica alla precedente udienza preliminare. Ammessa all'abbreviato condizionato Erika Ventrici.

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Giovanni Barone, figura centrale nell’inchiesta che mira a ricostruire gli affari della ‘ndrangheta vibonese all’estero, sarà processato anche per la truffa internazionale della quale sarebbe stato mente ed esecutore a vantaggio delle cosche e in danno dei sultani dell’Oman che si sono costituiti parti civili in aula con l'avvocato Massimiliano De Benetti del foro di Padova con studio a Roma, che nello stesso processo difende anche il Comune di Pizzo.


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Il rischio dell’improcedibilità era altissimo alla luce della recente riforma Cartabia ed è stato scongiurato proprio grazie all'intervento del legale che, in tempi record, lo scorso dicembre ha depositato la querela per conto dei Sultani e si è costituito parte civile.

Il dibattimento inizierà il prossimo 13 marzo. I sultani hanno subìto e chiesto il risarcimento di un danno da un milione di euro contro tutti gli imputati coinvolti. Del danno economico, ha detto il legale in aula, si darà prova documentale nel corso del processo che andrà a scandagliare i rapporti di affari intessuti soprattutto da Barone in mezza Europa. Soprattutto a Budapest, ritenuta uno degli snodi critici per le presunte attività illegali. Movimenti finanziari e acquisizioni societarie avrebbero avuto lo scopo di garantire il riciclaggio per alcune aziende che la Dda di Catanzaro considera vicine alla cosca Bonavota. Un reticolo di interessi che vede coinvolti diversi soggetti internazionali.

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