Lo ha annunciato il direttore Fabrizio Sudano:«Sono trascorsi abbondantemente trent’anni dalle ultime analisi. Oggi potrebbero darci risposte diverse e più complete»
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«L’idea è quella di sottoporre le terre di fusione estratte dai Bronzi di Riace e custodite presso il Museo a nuove analisi che magari potrebbero adesso fornire, trascorsi 30 anni dalle precedenti, delle risposte diverse e più approfondite sulla provenienza e sulla realizzazione.
Ci abbiamo pensato dopo aver fatto il check-up ai Bronzi in occasione dell’attività svolta insieme all'Istituto centrale di Restauro e a all'Università di Genova l'anno scorso.
Abbiamo pensato di approfondire ancora di più gli studi per poter dare forse una versione anche nuova o anche una interpretazione diversa, se riusciamo, partendo da quello che abbiamo, ossia da queste terre. Al di là di altre ipotesi che avanzano, i Bronzi sono e restano qui nel museo di Reggio Calabria. Possiamo studiarli e siamo in prima linea per farlo». Lo ha annunciato il direttore del Museo archeologico nazionale di Reggio Calabria, Fabrizio Sudano.
Capolavori assoluti della scultura greca del V secolo a.C., emersero 53 anni dalle acque di Riace nel reggino, il 16 agosto 1972. Convenzionalmente definiti Bronzo A e Bronzo B, rappresentano due guerrieri in bronzo realizzati con la tecnica della fusione a cera persa, le cui terre hanno indicato una provenienza greca anche se ancora è fitto il mistero che li avvolge.
Sottoposti a delicati restauri prima a Reggio Calabria poi a Firenze e poi nuovamente a Reggio, oggi sono conservati nel museo reggino unitamente ai reperti di Porticello, in una sala apposita per garantire tutela, accessibilità e valorizzazione. Continua a leggere su IlReggino.it.