In una lettera accorata al nostro direttore, il già collaboratore dei direttori artistici Antonello Antonante e Isabel Russinova chiede di restituire alla struttura la sua missione culturale: «Non può restare in “coma faramcologico”»
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Con toni che mescolano amore e rabbia, Raffaello Bosco — cosentino e profondo conoscitore del Teatro Rendano — ha scritto una lettera aperta al nostro direttore per denunciare lo stato di abbandono del principale presidio culturale cittadino.
«La prego, smettiamola di parlare del nostro Teatro Alfonso Rendano come di un bilancio: parliamo di anima», esordisce Bosco, ricordando che dal lontano 1873 il teatro «è il cuore che batte nella nostra storia», un luogo dalla «acustica eccezionale, di cui si parla in tutto il mondo», incastonato «nel cuore vivo del nostro Centro Storico».
Bosco parla con l’autorevolezza di chi ha vissuto il Rendano dall’interno: «Ho avuto l'onore di collaborare con gli ultimi due direttori artistici del Teatro Alfonso Rendano: il compianto maestro Antonello Antonante e l'attrice Isabel Russinova. So esattamente cosa significa gestire l'eccellenza in quelle mura, e vedere questo gioiello in ostaggio è un dramma!».
Il nodo, secondo Bosco, non è economico ma identitario: «La nostra città sta, a fatica, uscendo dal tunnel del dissesto finanziario, ma la cultura è rimasta lì, in quarantena, la prima vittima e l'ultima priorità. Non si può più accettare questa giustificazione! Se le casse comunali si riprendono, il Rendano non può restare in coma farmacologico».
Il vero scandalo, sottolinea, «non è il quanto costa, ma il che cosa stiamo perdendo a causa dell'inerzia istituzionale». Pur riconoscendo il ruolo positivo dei privati che «con il loro impegno ammirevole tengono le luci accese», Bosco avverte che «la loro logica commerciale non può e non deve sostituire la missione di un Teatro di Tradizione».
La ferita più profonda, per l’autore della lettera, è la cancellazione della figura del Direttore Artistico: «Il dissesto ha estirpato la figura del Direttore Artistico — un ruolo di prestigio e visione che è stato incarnato da professionisti come Antonante e Russinova. Senza un Direttore, il Rendano è un corpo senz'anima».
Da qui la denuncia contro la deriva dell’offerta culturale: «Non si produce più l'arte lirica e sinfonica che sola sfrutterebbe appieno quell'acustica leggendaria. Si preferisce il "cabaret facile" che riempie subito, all'eccellenza che eleva».
L’appello finale è rivolto direttamente al sindaco Franz Caruso: «Guardi il Rendano non come un problema da tagliare, ma come la vera chiave della nostra rinascita! Continuare a ignorare la sua visione artistica, ora che la luce fuori dal dissesto si intravede, non è prudenza economica, è miopia politica che fa male all'anima stessa di Cosenza».
Conclude Bosco: «Il Rendano è un motore economico e culturale da liberare. Non permettiamo che la storia di un Teatro unico al mondo si concluda con un sipario calato sull'emergenza. Qual è il futuro che Cosenza vuole per il suo tesoro più grande? Esigiamo una risposta!».