A Natale bisogna essere più buoni”. Quante volte abbiamo sentito questa frase durante le feste? Un cliché che ci invita a fare il bene, a pensare agli altri, a superare ogni conflitto in nome dell’amore familiare. Ma cosa succede quando, dietro questa facciata di bontà e generosità, si nasconde l’ipocrisia più cruda? Parenti serpenti, il celebre film di Mario Monicelli, ci regala una visione tutt’altro che idilliaca delle feste natalizie, in cui la verità viene smascherata proprio nei momenti in cui ci si aspetterebbe il massimo di solidarietà e affetto.

Nel film, la riunione familiare che si svolge durante il Natale, invece di essere un momento di unione, diventa un’arena in cui si scontrano egoismi, rancori e mancanze di responsabilità. I parenti si trovano a dover affrontare un tema scomodo: prendersi cura dei genitori anziani. Eppure, ogni membro della famiglia, pur dichiarando di voler fare la sua parte, cerca in tutti i modi di sfuggire al compito. Nessuno vuole davvero prendersi la responsabilità, ma tutti si offrono, dicendo “vediamo”, consapevoli che si tratta di un semplice rimando che non porterà a nulla.

Quello che inizialmente sembra essere un film comico e leggero, in perfetto stile commedia all’italiana, si trasforma gradualmente in qualcosa di molto più profondo e inquietante. La sceneggiatura gioca sul contrasto tra il comico e il tragico, il ridicolo e il serio. Si ride, sì, ma dietro quella risata si nasconde una realtà molto più amara e difficile da accettare. Quella che inizia come una commedia leggera diventa ben presto una riflessione amara sull’ipocrisia sociale, sul peso delle convenzioni familiari e sulla difficoltà di affrontare le proprie responsabilità, anche quando si tratta di chi ti ha dato la vita.

Monicelli riesce a rappresentare una famiglia che si regge su un equilibrio fragile, fatto di apparenze e convenzioni sociali, ma che sotto la superficie nasconde tensioni, indifferenza e persino cinismo. La commedia dell’ipocrisia che il regista mette in scena non è solo una critica alla famiglia borghese italiana degli anni ’90, ma un atto di denuncia universale, che riguarda le dinamiche familiari in ogni epoca. Il film non si limita a raccontare una storia, ma smaschera il modo in cui il Natale, tradizionalmente simbolo di unione e di benevolenza, può essere il momento in cui emergono le contraddizioni più scomode.

Eppure, ciò che rende Parenti serpenti un’opera senza tempo è proprio la sua capacità di raccontare in modo irriverente e tragico una realtà che non cambia mai: la famiglia, purtroppo, non è sempre il rifugio sicuro che ci piace immaginare. La commedia che Monicelli ci offre è una commedia amara, che scivola dal comico al tragico senza mai perdere la sua forza critica, mettendo in luce il lato più oscuro delle relazioni familiari. In un certo senso, il film smaschera quella retorica della bontà e del finto altruismo che si celebra durante il Natale, ma che, come una maschera, si sgretola subito di fronte alla realtà.

Monicelli, con il suo sguardo lucido e disincantato, ci ricorda che non basta il “Natale” per spazzare via i conflitti, e che la retorica della bontà e della generosità, purtroppo, si svuota facilmente quando le situazioni diventano davvero complesse. La risata che provoca il film non è quella di un comico che fa ridere per divertire, ma di una comicità che punge, che sottolinea una verità scomoda delle nostre dinamiche familiari.

In un mondo in cui spesso le apparenze prevalgono sulla sostanza, Parenti serpenti resta un film di grande attualità. Non è una semplice commedia natalizia, ma un’opera che ci costringe a guardare in faccia le contraddizioni della società, rivelando ciò che spesso preferiamo ignorare.