Gli studi e le ricerche sull'abate Gioacchino da Fiore, oggetto del saggio scritto e appena pubblicato in formato e.book da Pasquale Lopetrone, configurano degli approfondimenti su alcuni aspetti specifici relativi all'individuazione del luogo qui dicitur Petra Lata (Pietra Grande), quam Ioachim Petram Olei (Pietra dell'olio) nominavit e del potente uomo, il cosiddetto Benefattore dominus Oliveti (il signore di Oliveto), che ospitò l'Abate sui monti di un suo podere, ove il Teologo maturò di abbandonare la guida dell'abbazia di Corazzo, uscire dal claustrum, intendendo abbracciare un nuovo modus vivendi e generare una propria discendenza spirituale, rinstaurando la Chiesa apostolica delle origini, in particolare quella giovannea, praticata dall'ultimo Apostolo sulla sponda turca del mare Egeo, diffusa sulle strade e tra le genti.

Il saggio si avvale dei fondamentali contributi connessi alla produzione scientifica promossa dal Centro Internazionale Studi Gioachimiti di San Giovanni in Fiore, che dal 1982, con l'ausilio di un Comitato scientifico internazionale, persegue l'obiettivo di portare a compimento l'edizione critica dell'opera omnia di Gioachino da Fiore, meta raggiunta proprio quest'anno, e degli studi conseguentemente connessi.

Lo spunto della ricerca deriva dal ritrovamento nella Cattedrale di Squillace di un sarcofago privo di iscrizione lapidaria, contrassegnato però sul fronte liscio da un bassissimo rilievo, raffigurante un cingulum militaris, la stessa onorificenza posseduta dal Benefattore dell'abate Gioacchino da Fiore, qualificato con la stessa insegna dall'Anonimo biografo florense, nella Vita beati Joachimi Abbatis.

Nel saggio si ripercorre l’importante vicenda storica che segna il momento cruciale nella vita dell’abate Gioacchino da Fiore e si colgono intrecci e rapporti con personaggi molto influenti che hanno svolto ruoli fondamentali sul finire del regno normanno. Tra questi spiccano i conti di Catanzaro, in particolare Clemenza di Loritello, discendente dei fondatori dell’abbazia della Sambucina, suo marito Hugo (I) Lupin, strettamente legato a Stefano di Perche, il Cancelliere con cui lavorò Gioacchino, e il figlio Giordano Lupin, incaricato da Tancredi di Sicilia di governare la sicurezza della città di Messina, insieme a Margarito da Brindisi, proprio quando Filippo II il Bello, re di Francia, e Riccardo Cuor di Leone, re d’Inghilterra, giunsero con le loro flotte a Messina diretti in Terrasanta a combattere la Terza Crociata, soggiornandovi tutto l’autunno del 1190 e l’inverno 1191. In quei mesi Gioacchino da Fiore fu chiamato a Messina da Riccardo Cuor di Leone, in grave crisi mistica, per avere spiegazioni su alcuni passi dell’Apocalisse, relativi al tempo della venuta dell’Anticristo, al significato della Donna vestita di Sole e sugli esiti dell’imminente Crociata. Eventi tramandati dall’inglese Roger of de Howden nella sua cronaca sulle gesta compiute dal re di Inghilterra.

Lo studio apre la finestra sul tempo in cui l’abate Gioacchino prese la decisione di abbandonare l’abbazia di Corazzo, per avviare un’esperienza religiosa fuori dal Claustrum, trovando rifugio a Petralata, luogo offertogli dal un potentissimo benefattore onorato col cingulum militaris dall’imperatore di Costantinopolis e ricadente verosimilmente sull’ex territorio di Cassiodoro, poi non ritenuto idoneo agli scopi dall’abate, che scelse di fondare sui monti della Sila il Monasterium de Sancti Ioannes de Flore (Vetere).