L’allarme

Chi raccoglie le olive? «Anche senza reddito di cittadinanza in Calabria non troviamo nessuno, si vergognano»

Secondo il titolare di un'importante azienda che produce olio nella piana di Sibari quello in agricoltura viene considerato da molti «un lavoro mortificante»: «Offriamo contratti regolari e orari sostenibili ma niente da fare. Così le nostre eccellenze sono destinate a scomparire»

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di Luca Latella
24 settembre 2023
06:30

Assunzioni regolari con tutti i diritti sindacali, prospettive lavorative di livello e di crescita, eppure sul mercato del lavoro non si trova «nessuno». Nonostante l’abolizione del reddito di cittadinanza. No, non è il classico furbetto che si lamenta e poi sottopaga, addirittura anche in nero, ma il titolare di una importante azienda che produce olio nella piana di Sibari, a Corigliano Rossano. Olio d’eccellenza, evo, con certificati, riconoscimenti nazionali ed internazionali.

Sono queste le condizioni in cui si trova Tommaso Figoli, produttore oleario, pronto ad aprire la campagna 2023, ma non senza grandi difficoltà, proprio perché non riesce a reperire operai specializzati, figure professionali o la semplice manovalanza.


«Le nostre eccellenze agricole rischiano di scomparire – è il grido di dolore di Figoli a LaC News 24 – perché è difficilissimo reperire sul mercato del lavoro trattoristi, mulettisti, scuotitori ma anche la manovalanza impiegata nella raccolta delle olive, italiani o stranieri che siano. E si badi bene, oggi non è più il lavoro duro, pesante ed usurante di un tempo, perché lungo tutta la linea di produzione gli operai sono coadiuvati dalle macchine, dai rulli, dai muletti». Niente più pesi, quindi, e schiena spezzata. 

«Il problema maggiore – sottolinea il produttore – rimane comunque la carenza di operai specializzati. Non troviamo persone formate nel settore oleario come in quello agrumicolo, a prescindere dalla paga, dal prezzo e dal contratto. Io propongo il contratto nazionale, a tariffa sindacale. Ho notato però che non si tratta più di soldi, perché pur offrendo di più il personale non si trova comunque. Anche senza reddito di cittadinanza, una misura che in questi ultimi anni ci ha penalizzati moltissimo, perché la gente preferiva rimanere sul divano».

Tommaso Figoli racconta anche un aneddoto accaduto negli anni scorsi. «Con un gruppo di cinque colleghi imprenditori ci siamo recati al centro per l’impiego, chiedendo di poter assumere 60-70 persone in totale, ma senza esiti. Ci è stato risposto che il reddito di cittadinanza aveva paralizzato il mercato del lavoro e che non si sarebbe presentato nessuno. Il problema, però, oggi è diverso – sottolinea il produttore oleario –. Alle nostre offerte non risponde nessuno perché viene avvertito come un lavoro mortificante. La gente, insomma, si vergogna di lavorare in agricoltura. Non si ha voglia di lavorare, ma soprattutto nessuna voglia di formarsi».

Parole piuttosto dure, quelle del produttore che non sa più a quale santo votarsi, italiano o straniero che sia. Insomma, la campagna olearia in partenza in questi giorni e quella agrumaria, prevista tra poche settimane, rischia di uscirne fortemente penalizzata nelle produzioni. Ma com’era la storiella del “lavoro che nobilita l’uomo”?

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