L’Italia vive una crisi salariale senza precedenti tra i Paesi sviluppati. Secondo i dati Ocse e Ilo, i salari reali italiani — cioè quelli corretti per l’inflazione — sono diminuiti dell’8,7% dal 2008 al 2024, il peggior dato del G20. Ma perché i redditi sono così bassi in Italia? Le cause sono profonde, strutturali e richiedono riforme coraggiose e coordinate.

Bassa produttività, il nodo centrale

Il primo grande ostacolo alla crescita dei redditi è la bassa produttività del lavoro. La produttività è diminuita dell’1,5% tra il 2023 e il 2024. Ciò significa che, a parità di ore lavorate, i lavoratori italiani producono meno valore rispetto ai loro omologhi europei. Questo frena la possibilità per le imprese di riconoscere aumenti salariali e, allo stesso tempo, limita la competitività del sistema Paese.

Contratti pirata e contrattazione debole

Un altro elemento critico è il potere contrattuale indebolito dei lavoratori. La presenza di numerosi contratti “pirata”, siglati da sigle sindacali minori e non rappresentative, contribuisce ad abbassare salari e tutele. Abbassano i salari medi, contribuiscono al lavoro povero e aumentano la precarietà. Secondo il Cnel, oltre 500 dei circa 1.000 contratti nazionali depositati potrebbero essere contratti pirata, cioè siglati da soggetti poco rappresentativi e utilizzati per aggirare le tutele dei contratti legittimi. Il risultato è un mercato del lavoro frammentato, dove le retribuzioni non rispecchiano il valore effettivo del lavoro svolto. La contrattazione collettiva va rafforzata e tutelata, riportando centralità ai contratti siglati dalle organizzazioni maggiormente rappresentative.

Il freno della burocrazia e della fiscalità

La burocrazia lenta e complessa rallenta gli investimenti, soprattutto nelle imprese più piccole. Mentre il resto del mondo corre, l’Italia è spesso impantanata nei tempi della macchina amministrativa. A questo si aggiunge un cuneo fiscale tra i più alti d’Europa, che riduce il netto in busta paga e disincentiva le assunzioni.

Proposte

Per invertire la tendenza servono interventi strutturali:

1. Aumentare la produttività: investire in formazione, innovazione, digitalizzazione e infrastrutture. Solo così si crea valore aggiunto reale.

2. Riformare la contrattazione: contrastare i contratti pirata e valorizzare i Ccnl rappresentativi. Serve anche una semplificazione dei livelli contrattuali.

3. Ridurre il cuneo fiscale: detassare il lavoro, in particolare quello medio e basso, per aumentare i salari netti senza pesare sui costi per le imprese.

4. Snellire la burocrazia: rendere più agili le procedure per investimenti e assunzioni.

5. Introdurre meccanismi di adeguamento: legare salari a produttività e inflazione in modo equilibrato e sostenibile.

Il problema dei bassi salari italiani è sistemico. La buona notizia è che nel 2024 si registra un primo segnale positivo, con un aumento delle retribuzioni del +3,1%. Ma l’inflazione nello stesso periodo è cresciuta dell’1,1%: un recupero parziale e ancora fragile.

Senza un cambio di passo su produttività, contrattazione, fiscalità e burocrazia, la crescita dei redditi sarà solo un’illusione. Serve una visione politica chiara e coraggiosa per restituire dignità al lavoro e rilanciare l’economia reale.

*vicepresidente Confapi