Il presidente Roberto Rugna: «Limitazioni alla compensazione e soglie più rigide soffocano la liquidità delle aziende. Urgente un intervento del Governo per tutelare i crediti legittimamente maturati, dalle ZES ai bonus edilizi»
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Il sistema delle costruzioni in Calabria guarda con forte preoccupazione alle disposizioni contenute nella bozza della legge di bilancio 2026 che limitano l’utilizzo e la compensazione dei crediti fiscali da parte delle imprese.
«Si tratta di misure che, se confermate, rischiano di infliggere un colpo durissimo alla liquidità e alla sopravvivenza stessa di centinaia di aziende sane del comparto edile, già provate da anni di rincari, burocrazia e instabilità normativa». È quanto afferma il presidente di Ance Calabria, Roberto Rugna.
«A partire dal 1° luglio 2026, la norma vieterebbe l’utilizzo in compensazione – ai fini dei versamenti previdenziali e assicurativi – dei crediti d’imposta diversi da quelli derivanti dalla liquidazione delle imposte. Contestualmente, la soglia di verifica dei debiti fiscali per l’accesso alla compensazione verrebbe ridotta da 100 mila a 50 mila euro», spiega ancora il presidente di Ance Calabria.
Da evidenziare che le imprese calabresi sono già sottoposte a tensioni significative derivanti dal “caro materiali”, dalla difficoltà di accesso al credito e da una instabilità normativa che mina alla base ogni possibilità di crescita e sviluppo dell’intero settore.
«Sono scelte che, in un contesto economico fragile come quello calabrese, rischiano di soffocare la ripartenza del settore edilizio. Moltissime imprese hanno i propri “cassetti fiscali” pieni di crediti maturati, spesso derivanti da interventi legati al Superbonus e agli altri bonus edilizi, che non sono riuscite a cedere a causa del blocco dei canali bancari. Ora, l’impossibilità di compensarli liberamente equivale a un vero e proprio congelamento di risorse che appartengono alle imprese e che ne garantivano la liquidità – si legge ancora nella nota del presidente di Ance Calabria -. A ciò si aggiunge la questione, altrettanto grave, dei crediti d’imposta maturati grazie agli investimenti nelle Zone Economiche Speciali (ZES). Le nuove limitazioni, se applicate anche a questi crediti, introdurrebbero di fatto un effetto retroattivo su incentivi che lo Stato stesso aveva promesso alle imprese, minando la fiducia degli investitori e la credibilità delle politiche di sviluppo del Mezzogiorno».
«Non possiamo accettare che misure nate per contrastare le frodi fiscali finiscano per penalizzare indiscriminatamente le imprese regolari. È necessario distinguere i comportamenti illeciti dai crediti legittimamente maturati, tutelando chi ha operato nella piena legalità e nel rispetto delle regole», rimarca Rugna.
Per questo, Ance Calabria e le associazioni territoriali provinciali hanno rivolto un appello alla deputazione calabrese e al Governo affinché intervengano in sede parlamentare per: garantire la piena operatività dei crediti derivanti da investimenti ZES fino alla loro maturazione; consentire alle imprese di utilizzare o cedere i crediti maturati attraverso nuovi canali di compensazione; introdurre una deroga transitoria per i crediti legittimi, evitando il loro annullamento di fatto; ripristinare soglie e condizioni meno penalizzanti per le imprese edili.
Il settore delle costruzioni è strategico per la crescita economica, la coesione territoriale e l’occupazione. Bloccare la liquidità delle imprese significa fermare i cantieri, interrompere gli investimenti e compromettere gli obiettivi del PNRR e della rigenerazione urbana.
«Le imprese calabresi chiedono soltanto una cosa: certezza e rispetto delle regole del gioco. Cambiarle a partita in corso significherebbe mettere in crisi un comparto che rappresenta una delle principali leve dello sviluppo regionale. È tempo che la politica ascolti chi ogni giorno lavora, investe e costruisce futuro per la Calabria», conclude Rugna.

