Continua il nostro viaggio nelle emergenze della Calabria affidato ai contributi del professore Domenico Marino. Dopo l’analisi sulla sanità, le politiche dell’innovazione, il mercato del lavoro, ecco un focus sull’emergenza povertà.

Negli ultimi giorni è emerso con forza il tema della povertà in Calabria e questo argomento è entrato nel dibattito politico in vista delle elezioni regionali. Si tratta senza dubbio di una questione fondamentale che i candidati non possono eludere, soprattutto coloro che si ripresentano dopo aver governato per quattro anni.

La povertà, nelle sue diverse forme, rappresenta infatti non solo una ferita sociale, ma anche un freno allo sviluppo economico e alla coesione territoriale. Il quadro che emerge dai dati statistici e dai rapporti istituzionali è chiaro: la Calabria si colloca stabilmente agli ultimi posti in Italia per reddito disponibile, prodotto interno lordo per abitante, occupazione e indicatori di benessere, con livelli di povertà relativa e assoluta tra i più alti del Paese.

La regione mostra anche una marcata fragilità sul piano educativo, con un’incidenza elevata di dispersione scolastica e di cosiddetta “povertà educativa”, che limita le possibilità di mobilità sociale delle nuove generazioni. Il reddito disponibile per abitante delle famiglie calabresi nel 2023 è pari a 16.200 euro, contro i 27.200 euro della Lombardia e i circa 22.400 della media nazionale [1].

Il divario è dunque di oltre 11mila euro rispetto alla regione più ricca, con evidenti conseguenze sulla capacità di spesa e di risparmio delle famiglie. Non sorprende quindi che la povertà relativa coinvolga in Calabria il 26,8% delle famiglie, contro il 6,4% in Lombardia e il 10,6% a livello nazionale [2].

Sul fronte della povertà assoluta, l’Italia registra una quota pari all’8,4% delle famiglie, con un’incidenza più elevata nel Mezzogiorno (10,3%) e dunque valori ancora peggiori in Calabria [3].

Se si guarda al Pil pro capite, la Calabria si colloca al 63.4 % della media nazionale [1], a conferma di una struttura economica debole e poco integrata nei mercati ad alta produttività. A fronte di una Lombardia che è il 136% della media, la Calabria resta quindi lontanissima dai livelli di benessere del Nord. Questo divario si riflette anche nei tassi di occupazione: nel 2023 il tasso di occupazione maschile in Calabria è del 55,5% contro il 74% lombardo e il 67% nazionale; ancora più drammatico il dato femminile, fermo al 33,3% contro il 63,5% della Lombardia e il 52,5% italiano [4].

Un’altra dimensione cruciale della povertà è quella educativa. La dispersione scolastica nella regione è pari al 11,8% dei giovani tra 18 e 24 anni che non completano il ciclo di istruzione secondaria superiore, un valore superiore alla media italiana (10,5%) e vicino al doppio rispetto alla Lombardia (7,8%) [5].

Le indagini di Save the Children stimano inoltre che circa un quinto dei minori calabresi si trovi in condizione di povertà educativa severa, con accesso limitato ad attività formative, culturali e ricreative, in confronto a una media nazionale del 12% [6].

Questi dati mostrano un intreccio di fragilità strutturali che vanno oltre la mera dimensione reddituale: in Calabria il problema non è solo avere meno risorse economiche, ma anche avere meno opportunità di istruzione, di lavoro qualificato e di inclusione sociale.

Non sorprende che quasi la metà della popolazione regionale (48,6%) sia a rischio povertà o esclusione sociale, una percentuale tra le più elevate dell’intera Unione europea [5]. La politica economica non può limitarsi a interventi tampone.

Tra gli strumenti più discussi vi è il reddito di cittadinanza che, quando è stato applicato, ha mostrato però un errore di fondo: aver usato in un unico strumento per due obiettivi profondamente diversi, quello di fornire un sostegno universale contro la povertà e quello di favorire l’inserimento lavorativo. Questa ambiguità ha reso la misura poco efficace sia sul piano occupazionale sia su quello dell’inclusione, con il rischio di alimentare distorsioni e usi impropri.

Un nuovo modello di reddito dovrebbe dunque essere costruito su due pilastri distinti. Il primo è un salario di ingresso, da erogare una sola volta e per un periodo limitato, rivolto ai giovani in cerca della prima occupazione. Questo strumento avrebbe la funzione di accompagnare la transizione dalla scuola o dall’università al lavoro, sostenendo l’autonomia dei giovani ed evitando che siano costretti a emigrare.

Il secondo è uno strumento di lotta alla povertà costruito non su trasferimenti monetari indistinti, ma su contributi in natura, ossia beni e servizi differenziati in base al livello di povertà assoluta e relativa. In questo modo si potrebbero offrire tariffe sociali automatiche per energia e trasporto, agevolazioni per l’istruzione e sostegni mirati alla sanità territoriale, garantendo una distribuzione più equa delle risorse e riducendo gli sprechi.

La considerazione di fondo è che in Calabria le politiche di sviluppo attuate negli ultimi anni in regione abbiano sostanzialmente fallito. La grande mole di risorse europee e nazionali arrivata in Calabria è stata spesso dispersa in mille rivoli clientelari, senza generare né infrastrutture durature, né reale occupazione qualificata, né sviluppo.

Il risultato è stato un sistema di spesa incapace di incidere sulla struttura economica della regione, più orientato a soddisfare equilibri politici locali che a costruire un percorso di crescita di lungo periodo. Questa critica evidenzia l’urgenza di una nuova stagione di politiche pubbliche basate su trasparenza, monitoraggio e valutazione, in grado di superare le logiche assistenziali e clientelari che hanno segnato la storia recente della Calabria e che hanno contribuito ad aggravare le disuguaglianze.

*Docente di Politica economica, Università Mediterranea di Reggio Calabria

Riferimenti bibliografici
[1] ISTAT – Conti economici territoriali, 2023.
[2] ISTAT – Povertà relativa per regione, 2023.
[3] ISTAT – Povertà assoluta in Italia, 2023.
[4] ISTAT – Forze di lavoro, indicatori regionali di occupazione 2023; Eurostat AROPE 2023.
[5] ISTAT – Dispersione scolastica, 2023.
[6] Save the Children – Atlante dell’infanzia a rischio, 2023.