Il Rapporto Svimez 2025 fotografa un Mezzogiorno che corre più del resto del Paese ma che, allo stesso tempo, continua a perdere una parte decisiva della sua popolazione attiva. La crescita dell’ultimo quadriennio è sorprendente nei numeri: tra il 2021 e il 2024 il Pil delle regioni meridionali è salito dell’8,5 per cento, un ritmo superiore al 5,8 registrato dal Centro-Nord. Anche l’occupazione ha mostrato un’accelerazione significativa, con un aumento dell’8 per cento e circa un terzo dei nuovi posti creati a livello nazionale localizzati nel Sud. Una performance che non si vedeva da anni e che riflette l’effetto degli investimenti pubblici e delle risorse del Pnrr. Ma dietro questi dati incoraggianti, il rapporto segnala una tendenza che rischia di compromettere i progressi: l’emigrazione dei giovani.

Nel quadriennio considerato, mentre il tessuto produttivo recuperava terreno, 175mila ragazzi under 35 hanno lasciato il Mezzogiorno. Si tratta di una “doppia emigrazione”, come la definisce Svimez, perché la fuga non riguarda più soltanto il trasferimento verso il Centro-Nord, ma sempre più spesso l’estero. È una dinamica che allontana competenze qualificate e riduce la base demografica su cui costruire sviluppo. Per spiegare il paradosso, il direttore di Svimez, Luca Bianchi, richiama l’immagine di Gaetano, protagonista del film di Massimo Troisi Ricomincio da tre: parte non per scelta, ma per mancanza di alternative. È un paragone che restituisce bene la dimensione umana del problema.

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, nel messaggio inviato in occasione della presentazione del rapporto, sottolinea come le analisi della Svimez rappresentino un contributo fondamentale alla coesione nazionale. Un richiamo che amplia l’orizzonte: il rischio non è solo per il Sud, ma per l’intero Paese, che vede spostarsi competenze, aspettative e potenziale crescita.

Il rapporto mette in evidenza un altro elemento: il lavoro aumenta, ma non sempre migliora. La qualità dell’occupazione resta un nodo irrisolto. Nel Mezzogiorno la perdita del potere d’acquisto dei salari è stata del 10,2 per cento, contro l’8,2 del Centro-Nord. In Italia i lavoratori poveri sono 2,4 milioni, e metà risiede nelle regioni meridionali. Tra il 2023 e il 2024, 60 mila nuovi lavoratori poveri si aggiungono nel Sud. La combinazione di salari bassi, contratti temporanei, part-time involontari e nuclei familiari con pochi percettori alimenta una vulnerabilità strutturale che scoraggia la permanenza dei giovani qualificati.

Il Pnrr ha spinto l’avvio dei cantieri: 27 miliardi di euro destinati al Sud hanno permesso ai Comuni di accelerare progetti che, nella maggior parte dei casi, sono già in fase esecutiva. Tre interventi su quattro rientrano in questa categoria, un dato quasi sovrapponibile a quello del Centro-Nord. Tuttavia, la natura dei lavori non è sufficiente a generare occupazione stabile, perché molte delle nuove assunzioni riguardano l’edilizia e la realizzazione di infrastrutture, con contratti legati alla durata dei progetti. Nei settori a maggiore valore aggiunto la crescita è più lenta.

Tra i giovani assunti nel quadriennio, sei su dieci sono laureati, una percentuale superiore alla media nazionale. Ma il primo ingresso nel mercato del lavoro continua a essere dominato dal turismo: oltre un terzo dei nuovi addetti under 35 lavora nella ristorazione e nell’accoglienza, comparti con bassi salari e prospettive limitate. Crescono invece i profili occupati nei servizi Ict e nella pubblica amministrazione, anche grazie alle riforme legate al Pnrr, ma la domanda complessiva resta insufficiente per assorbire le competenze più avanzate.

L’emigrazione dei laureati comporta un costo economico elevato. Svimez stima che il Mezzogiorno perda quasi otto miliardi di euro l’anno di capitale umano. Dal 2000 al 2024 il saldo complessivo è negativo per 32 miliardi, mentre il Centro-Nord ha accumulato un beneficio stimato in ottanta miliardi. Le università del Sud, pur diventando più attrattive durante il percorso di studi, non riescono a trattenere i giovani dopo la laurea. Ogni anno quarantamila giovani meridionali si trasferiscono nelle regioni settentrionali e altri 37 mila laureati italiani scelgono l’estero. A complicare il quadro c’è l’emergenza abitativa, che rende difficile per molti rimanere nelle città universitarie o rientrare nelle regioni di origine.

Guardando avanti, la Svimez individua alcune traiettorie di sviluppo. La revisione del Pnrr apre la possibilità di indirizzare nuove risorse verso tecnologie di frontiera: progetti legati alla digitalizzazione, comparti energetici, filiere della decarbonizzazione, ambiti dual use e grandi iniziative industriali coordinate a livello europeo. Le grandi imprese possono giocare un ruolo decisivo: in Italia rappresentano oltre il 76 per cento dell’export manifatturiero e generano effetti positivi lungo le filiere. Nel Mezzogiorno impiegano quasi seicentomila lavoratori e producono 46 miliardi di valore aggiunto. Nei settori più tecnologici il peso degli stabilimenti del Sud supera il cinquanta per cento degli addetti locali, segnale di un potenziale su cui investire.

Un altro tassello è la Zes Unica, nata per semplificare e velocizzare le procedure autorizzative. Tra marzo 2024 e novembre 2025 sono state rilasciate 865 autorizzazioni, per un valore complessivo di 3,7 miliardi di euro. I tempi si sono ridotti da 98 a 54 giorni. Puglia, Campania e Sicilia guidano la classifica della reattività, mentre Sardegna, Abruzzo e Basilicata risultano meno dinamiche. Gli interventi si concentrano soprattutto su agroindustria e automotive, ma aumentano anche progetti in elettronica, Ict e tecnologie pulite.

Infine, c’è una componente culturale che sta emergendo dal basso. In Sicilia quarantacinque organizzazioni hanno dato vita al “Patto per restare”, un’iniziativa costruita attraverso festival, assemblee e percorsi partecipativi. L’obiettivo è proporre soluzioni per contrastare lo spopolamento e ridare prospettive a chi vorrebbe restare. È il tentativo di trasformare il “si parte perché non c’è scelta” in un “restare è possibile”, una sfida che accompagna l’intero quadro economico.