Sanità, scuola, lavoro e mobilità devono tornare al centro delle politiche pubbliche. La regione ha risorse e potenzialità per ripartire, ma serve un piano strategico condiviso per combattere lo spopolamento
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La Calabria perde capitale umano a beneficio di altre regioni e dei contesti lavorativi e produttivi di altri Paesi. Le cause sono note e gli effetti del fenomeno sono consolidati. Le partenze sono dettate da ragioni di necessità. Quali soluzioni o interventi si possono mettere in campo per tentare di rallentare e se possibile invertire questo processo che al momento pare inarrestabile e destinato a portare conseguenze devastanti? Vi presentiamo la terza ed ultima parte dell’analisi che abbiamo realizzato sullo spopolamento e sul futuro del Sud e della Calabria.
Comuni in via d’abbandono
In Italia i comuni a rischio spopolamento sono 3.987. I comuni calabresi che perdono popolazione in maniera costante e continuativa da oltre un decennio sono 306 su un totale di 404 e sono tutti al di sotto dei 5.000 abitanti. Il saldo migratorio, cioè la differenza tra il numero di persone che sono emigrate e il numero delle persone delle persone che vi si sono trasferite, è negativo ed è uno dei più alti al Sud: nel 2024 risulta essere pari a -2,6% contro il +4,3% della media delle regioni del Centro-Nord. I più colpiti dalla fuga di abitanti sono i comuni dell’interno (196) e i comuni periferici (97) ed ultra periferici (13). I problemi più grandi riguardano la montagna.
Città metropolitane: fuga da Reggio Calabria e da Messina
Le città metropolitane hanno sostituito le Province nelle aree urbane più popolate: programmano le politiche di sviluppo del territorio e guidano la gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione. Nella sua proiezione datata 2042 la Svimez prevede che le città “rivali” posizionate a guardia delle due sponde dello Stretto avranno i risultati peggiori in termini di calo demografico sul calcolo percentuale ogni mille abitanti. Reggio Calabria prima con una perdita di 76mila residenti tra capoluogo ed altri comuni, Messina seconda.
Punti di forza e punti di debolezza
Istruzione, salute, lavoro, legalità, servizi, infrastrutture, mobilità e trasporti, transizione ecologica. Rappresentano i punti di forza ed al contempo anche i punti di debolezza di un contesto socio-economico. A seconda della pianificazione e degli investimenti strategici fatti su di essi. Su queste priorità si gioca il futuro della Calabria. Sono tutte importanti e tutte collegate tra loro.
Secondo la Svimez nel 2050 il numero degli abitanti della regione sarà inferiore di 368mila unità rispetto ad oggi. Non fornire soluzioni alla domanda di istruzione, salute, lavoro, legalità, servizi, infrastrutture, mobilità e trasporti e transizione digitale, spingerà un numero sempre maggiore di calabresi a trovare le risposte altrove.
La spesa nazionale e il crollo di residenti
La spesa nazionale per la sanità è la più bassa d’Europa ed è pari al 9,5% del PIL contro l’11% della media degli altri Paesi Ue. Lo stesso vale per la spesa nazionale per l’istruzione oggi pari al 4% del PIL contro il 4,7% della media degli altri Paesi Ue.
Per quanto riguarda l’occupazione i Governi che si sono succeduti negli ultimi anni si sono concentrati molto sul tema delle pensioni intervenendo in maniera meno strutturale sulla questione lavoro in sé. Non sono mancate e non mancano le misure di sostegno. Sulla legalità c’è il rinnovato impegno Stato e continua il contrasto alla criminalità organizzata che con la sua presenza continua a minacciare lo sviluppo economico e sociale del Paese. Su infrastrutture materiali ed immateriali, mobilità e trasporti e transizione ecologica il Paese viaggia a più velocità.
Il Sud e la Calabria risultano al momento le più penalizzate anche a causa della geomorfologia del territorio che in alcune aree rende difficili i collegamenti tra comuni vicini e rende problematica la mobilità in generale. Dove la spesa è minore ed i servizi risultano non adeguati si registra la maggiore propensione all’abbandono. Nel caso della sanità, la scelta è spesso obbligata. Scuola e sanità sono i due settori in cui la Calabria perde consistente capitale umano a beneficio di altre regioni italiane. La fuga di personale in questi due settori è di ampie proporzioni.
Calabria: cosa fare
I fenomeni migratori dal Sud e dalla Calabria non sono una novità. Per intervenire e invertire il trend occorrono misure strutturali.
hrtite Iva di artigiani e commercianti, incentivi per le cooperative sociali, agevolazioni per le imprese operanti nella Zona economica speciale. Ed ancora bonus per il turismo, per la ricerca e l’innovazione, per la digitalizzazione delle imprese, per la transizione ecologica. Sono le misure messe in campo dallo Stato a sostegno del settore privato che riguardano un’ampia platea di percettori. Le imprese chiedono allo Stato di ridurre la tassazione e calmierare alcune spese come quella energetica, divenute gravose e spesso insostenibili.
Sul fronte della Pubblica amministrazione pare necessario rivedere le regole sul turnover, il ricambio del personale dipendente degli enti, spesso soggetto a limitazioni per contenere la spesa. Aprire a nuove risorse aiuterebbe i comuni più piccoli a trovare soluzioni innovative in nuovi campi di investimento. La formazione lavoro è un altro ambito in cui investire per il futuro con percorsi professionali adeguati alla vocazione economica di ciascun singolo territorio. E investendo in progetti specifici può creare opportunità dirette pianificando l’incontro tra domanda ed offerta. La transizione ecologica trova nei territori del Sud terreno molto fertile. Può essere applicata anche ai processi produttivi agroindustriali con benefici immediati per il territorio.
L’Economia del mare, con una filiera che in Calabria vale 20 miliardi di euro, può essere una grande opportunità a patto che Stato e Regioni definiscano, anche qui, un programma strutturato di interventi a lungo termine. Va trovata una soluzione per i comuni della montagna, colpiti in maniera più grave dallo spopolamento.
In altre aree del nostro Paese si incentiva la salvaguardia del patrimonio mobiliare ed immobiliare e con esse la promozione di progetti di integrazione economica e sociale con l’apporto di giovani e famiglie provenienti dall’estero, offrendo abitazioni a costi contenuti ed opportunità di lavoro. L’economia della montagna necessita di uno sforzo in più: sia per la tutela del patrimonio paesaggistico sia per la possibilità di sfruttare risorse naturali a fini commerciali.
Le prospettive
Al momento si naviga a vista. Il problema è sempre di ordine economico. Le risorse sono limitate. Le imprese della regione fanno grandi sacrifici per far quadrare i loro bilanci ed assicurare un reddito ed un minimo di stabilità al proprio personale. I finanziamenti e gli incentivi sono aiuti, importanti, che sostengono le attività solo nel breve periodo. Il Governo ha appena stretto con il sindacato un “Patto di Responsabilità” fondato su innovazione e sviluppo del Mezzogiorno. Il patto, però, deve essere riempito di contenuti, non può restare una mera dichiarazione di intenti. Non intervenire adesso significa assistere passivamente al collasso sociale ed economico del Sud e della Calabria.