L’importanza delle filiere agricole di qualità per dar vita a vere eccellenze alimentari. Consigli ai più giovani e qualche suggerimento prima di intraprendere la via dell’export
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Francesco Facino è uno dei più affermati imprenditori dell’agroalimentare calabrese. La sua azienda, che ha sede a Crotone, è specializzata nella trasformazione di ortaggi freschi e nelle conserve ittiche. Il raggio d’azione della Facino raggiunge molte nazioni estere, sia europee sia oltre Atlantico. Accanto a moderni stabilimenti industriali, dotati di macchinari all’avanguardia, la scelta di Francesco Facino è stata sin dalle origini quella di credere nella filiera corta, nella filosofia del chilometro zero, nelle enormi potenzialità del territorio calabrese, in particolare per il peperoncino. Sentito l’appello lanciato da giovani imprenditori, e ripreso tra l’altro da Domenico Monardo, titolare di un’importante industria dolciaria a Soriano, anche Facino ha ritenuto di doversi esprimere sul tema “Scegliere la Calabria”.
È giusto e utile che proprio dalle imprese agroalimentari più grandi e affermate giunga un sostegno alla campagna battezzata “Scegliere la Calabria”?
Sì, non ho dubbi. Non è solo giusto e utile, ma anche necessario, proprio in una fase generale in cui sono emerse difficoltà geopolitiche serie. Ma anche al di là del contesto globale, credere come consumatori nelle potenzialità della propria terra significa dare fiducia alle imprese, difendere e creare posti di lavoro, valorizzare le identità locali che sono il valore aggiunto delle nostre specialità. Ecco perché anche io, che pur posso disporre di un osservatorio internazionale, credo che si faccia bene a sensibilizzare il mondo dei consumatori: ovunque sia possibile si scelga la Calabria. Non si tratta di fare “guerra” a nessuno, ma solo di volersi bene, di credere in se stessi, di fare squadra, di sentirsi una rete unica di interessi puliti.
Quindi lei è convinto che la “calabresità” sia un valore spendibile…
Ci metto la firma: la “calabresità” è quel valore aggiunto che crea interesse attorno ai nostri prodotti, sia da parte dei corregionali che vivono in Centro-Nord Italia o all’estero, magari anche di seconda e terza generazione, sia di quanti sono affascinati dal poter degustare specialità uniche e distintive, figlie di culture e tradizioni antichissime. In Calabria abbiamo tantissime cultivar autoctone (penso alle olive, o alle viti…), ma la nostra è una terra così generosa e ottimale per fare agricoltura che anche specie ortofrutticole giunge qui da noi solo da pochi secoli (peperoncino, pomodori…) si sono adattate in maniera ottimale, direi superlativa. I pomodori e i peperoncini, faccio solo uno degli esempi possibili, coltivati in Calabria, grazie al nostro clima, alla nostra latitudine, al nostro irraggiamento solare, alla vicinanza del mare, hanno proprietà organolettiche di primissimo livello. Ce lo riconoscono tutti. E anche se le nostre materie prime costano ovviamente di più, i consumatori sono disposti a riconoscerci un “delta” che significa genuinità, bontà, autentica eccellenza. Mi fa picare ricordare che di recente abbiamo aderito al progetto Ice “TrackIt blockchain” che consente, a ulteriore supporto delle nostre attività, di raccontare in modo trasparente la qualità della nostra filiera, di creare un canale diretto di comunicazione con il consumatore, di valorizzare qualità e unicità delle nostre specialità, di aumentare la fiducia dei buyer.
Lei esporta le sue specialità in diversi Paesi del mondo, ma continua a credere nella Calabria, nella sua possibilità di generare sviluppo e ricchezza diffusa…
Dobbiamo crederci tutti, abbiamo un potenziale enorme sotto tutti i profili. Ecco perché ritengo che anche i consumatori, nella loro libertà d’azione, possano svolgere un ruolo fondamentale nell’orientare il mercato, nel premiare le filiere agroalimentari autentiche e quindi nello stimolare tutti alla ricerca massima della qualità, dell’identità positiva.
Un consiglio, a lei che è stato anche un pioniere, ai giovani imprenditori interessati a tuffarsi nei diversi settori dell’agroalimentare e dell’enogastronomia…
Pazienza, spirito di sacrificio, volontà di ferro. Si cresce piano piano. Occorre prima pensare al mercato locale e regionale e poi, dopo che si è fatta esperienza, immaginare di estendere il raggio d’azione nel resto d’Italia e infine all’estero. Voglio ricordare, a tal proposito, come la sfida dell’estero non richieda solo il presupposto indispensabile di un paniere di prodotti di qualità, ma anche logistica adeguata, capacità di rispettare scrupolosamente la tempistica, certificazioni adeguate e riconosciute sul piano internazionale. Non sono cose che si inventano dalla sera alla mattina, ma percorsi lunghi, certo esaltanti ma da affrontare con la massima cautela. C’è tanto da fare e da costruire, c’è spazio per tutti.
E dell’agricoltura che cosa ci dice?
Parte tutto da lì. Se non lavori bene nei campi non puoi immaginare di produrre eccellenze. Il gruppo Facino, che ho l’onore di guidare, ha investito molto sulle aziende agricole. La materia prima ci costa senz’altro di più, ma così facendo disponiamo di ortaggi che, lo dico sempre con umiltà, rappresentano il meglio che ci possa offrire il mercato. Non credo né alle scorciatoie né ai miracoli, ma solo al lavoro serio, duro, appassionato. Ne sono fiero e dedico molto del mio tempo in campagna, a contatto con i nostri agricoltori che sono la spina dorsale della nostra filiera produttiva. Segnalo ai più giovani che esistono diversi bandi regionali che offrono opportunità uniche, ovviamente da valutare con l’aiuto di tecnici ed esperti di fiducia. Bandi costruiti con il fine di aiutare anche le nuove imprese: devo dare atto all’assessore Gianluca Gallo e alle strutture del Dipartimento di aver lavorato bene offrendo strumenti adeguati.