Parlando di vitigni e vini calabresi si richiama molto spesso il valore della tradizione, dell’identità territoriale, del legame forte e potente con l’eredità di una civiltà contadina stratificatasi in millenni, dagli Enotri a oggi. Ma proprio nelle aree a più antica e consolidata vocazione vinicola può capitare di imbattersi in sfide che guardano alla dimensione globale.

Mario Bruni, giovane imprenditore agricolo di Melissa, ha viaggiato tanto e sta portando a sintesi l’amore viscerale per la bellissima vallata del Lipuda con le sensazioni uniche derivanti dalla “domesticazione” (ci si consenta l’appropriazione di un termine scientifico) di vitigni cosiddetti internazionali alle latitudini calabre.

Il suo esperimento di coltivazione del Cabernet Sauvignon è già un successo, ed ha dimostrato, come nobilissimi precedenti hanno già fatto (si pensi ad esempio al pregiato Bolgheri Sassicaia) che uve provenienti da Paesi anche lontani possono attecchire in contesti mediterranei acquisendo caratteristiche organolettiche particolari e distintive.

Si rivelò luminosa l'intuizione del marchese Mario Incisa della Rocchetta che prima della metà del secolo scorso impiantò barbatelle di Cabernet Sauvignon e Cabernet Franc, eccellenti vitigni bordolesi, nella Maremma Livornese, dando vita nel tempo a due specifiche Doc che rappresentano, annoverati nei Supertuscan, un’espressione molto significativa dell’eccellenza vitivinicola italiana. Mutatis mutandis, l’esperienza diretta di Mario Bruni sta dimostrando come anche le dolci colline di Melissa che si affacciano su un tratto spettacolare di Mar Jonio, confermano quel senso insuperabile di ospitalità proprio del mondo magnogreco.

In queste settimane a cavallo tra maggio e giugno, l’esplosione vegetativa dei filari di vigne caratterizza il paesaggio che si dipana dal corso del Lipuda e dall’antico centro storico.

Mario Bruni ha alle spalle un “dna” che racconta di uve e vini: un suo avo omonimo, nel 1934, produsse per la prima volta una bottiglia di vino con l’etichetta “Melissa” che venne presentata alla Terza Mostra nazionale dell’Agricoltura di Firenze conseguendo un diploma ufficiale con medaglia d’oro. I vitigni autoctoni, partendo dal mitico Gaglioppo, sono quindi nella mente e nel cuore di questo giovane imprenditore che però ama spaziare con la mente ed ha in serbo progetti molto interessanti. Ecco quindi che la bottiglia di punta delle Cantine Bruni è il rosso Francesco II, blend di Merlot e Cabernet Sauvignon, un tipico taglio bordolese declinato nell’entroterra jonico. Il Cabernet Sauvignon, com’è noto, genera vini dal colore intenso, ricchi di tannini per cui si presta anche a lunghi invecchiamenti, dona un bouquet aromatico complesso.

Il Merlot è il vitigno nobilissimo che, in purezza o in assemblaggio, dà vita ai grandi “Château” francesi. Il Francesco II, affinato in legno per molti mesi, è anche un omaggio dell’anima ai due “Francesco” della vita di Mario: padre e figlio. Analoga filosofia è applicata al rosso San Giù, Igt Calabria: un blend di Gaglioppo, Cabernet Sauvignon (50%) e Syrah (uve coltivate in località “La Sorbia”, affinamento di nove mesi in barriques di rovere francese).

L’incontro fra Gaglioppo e Cabernet Sauvignon è caratteristico di diversi vini pregiati del Cirotano, talora in aggiunta con altri vitigni autoctoni o internazionali. Mario Bruni parteciperà alla prima edizione del Merano Winefestival che, organizzato dal Dipartimento Agricoltura della regione Calabria e dall’Arsac, si terrà a Cirò e Cirò Marina dal 7 al 9 giugno.

Una riflessione finale, che ha il sapore della storia. L'accostamento tra la nobiltà piemontese-toscana che con generoso spirito imprenditoriale e amore per l'agricoltura d'eccellenza generò il Bolgheri Sassicaia, e l'attuale realtà di Melissa, richiamano alla mente le stagioni di un latifondismo e di una feudalità meridionali che invece significarono cieco sfruttamento di masse contadine e colpevole mancato sviluppo, se non vero e proprio umiliante soggiogamento, di territori dal potenziale enorme.