Parma, Verona, Milano, Rimini… Grandi fiere dell’agroalimentare ma tutte al Nord. Cibus, Vinitaly, Tuttofood, Sigep, Macfrut… Importanti ma per utilizzarle occorre, al contrario di Cesare, attraversare il Rubicone dirigendosi verso le Alpi.

Il Sud Italia ha più che mai bisogno di immaginare un proprio circuito di solide fiere internazionali e nazionali sul cibo e sull’artigianato.

Giungendo dalle regioni meridionali in Pianura Padana per partecipare ai grandi eventi, aziende, esperti, operatori della comunicazione accettano di pagare cifre elevate per alberghi e ristorazione, mentre si sottopongono a estenuanti ore e ore di traffico lungo arterie stradali intasate.

Facciamo un’ipotesi, per tentare di capire che cosa avviene da anni e come la Calabria potrebbe ritagliarsi un ruolo centrale, anche per dare il giusto risalto alla dimensione mediterranea dell’alimentazione e del beverage. Se un mega evento espositivo si tenesse a Lamezia Terme, dove si incrociano snodi di traffico primari (aeroporto, alta velocità ferroviaria, autostrada), si potrebbero offrire comodi soggiorni, a prezzi molto più bassi, da Ricadi a Paola, sul Tirreno, dal Soveratese a Le Castella, sullo Jonio, e con eguale raggio d’azione nelle aree interne, tra Cosentino, Vibonese, Catanzarese.

Per partecipare alle fiere su menzionate non è raro trovare alloggio anche a 60-70 chilometri di distanza, e comunque percorrere ore di viaggi quotidiani in automobile o in furgone considerando il crescente intasamento esistente.

Da Sud investiamo cifre enormi per andare al Nord a parlare di cibo, pur essendo i detentori di molte delle filiere agroalimentari più autentiche, ricche di biodiversità, capaci di offrire eccellenze e qualità diffusa. Né si dimentichi che il Sud è la patria della Dieta Mediterranea che, per definizione, ha le proprie radici culturali nel bacino del Mare Nostrum, allargandosi quindi a tre continenti: Europa meridionale, Africa del Nord, Asia Occidentale.

Dagli alberghi ai ristoranti, dai cospicui investimenti delle Regioni e di altri enti pubblici, dalle mille e una spese che sono necessarie per rimanere in trasferta almeno una settimana e quindi a tutto ciò che significa indotto economico. Perché?

Città come Napoli, Salerno, Bari, Taranto, Cosenza, Catanzaro, Reggio Calabria, Lamezia Terme, Corigliano-Rossano, Palermo, Catania… sono meno spendibili? O forse, se si avesse capacità e volontà di programmazione e di progettazione, sarebbero ancora più attraenti, con ricadute fondamentali anche sul fronte turistico?

Tra i ritardi atavici del Mezzogiorno ce ne sono alcuni che pesano ancora come macigni: la sudditanza psicologica, l’incapacità di fare rete, il non riuscire a pensare in grande, il non comprendere che il Centro geografico del Mediterraneo è l’ex Regno delle Due Sicilie rispetto a un Nord Europa industrializzato sì, ma in grave crisi d’identità. Si potrebbero immaginare anche soluzioni policentriche rispondenti a specializzazioni diverse, e ragionando con Paesi Arabi, Africani, e poi Spagna, Grecia, Turchia... Un Sud moderno che si muove verso il futuro e che sappia superare il ruolo di colonia acritica.