Solo due strutture hanno attivato parzialmente i servizi, mentre i 20 Ospedali di comunità restano fermi: l’Agenas certifica il fallimento. Il dramma delle cure palliative: regione in fondo alla classifica con Abruzzo e Molise
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Pronto soccorso aperti 12 ore al giorno, con prestazioni sanitarie ad orario, e con un solo medico a disposizione. Servizi non in linea con gli standard previsti dai Livelli essenziali di assistenza. Lunghi ed estenuanti tempi d’attesa, ad eccezione delle urgenze, per le diagnosi specialistiche. Nei reparti e negli ambulatori mancano medici ed infermieri per visite ed esami. La Calabria è indietro ed è in grave ritardo nell’attuazione della riforma della sanità regionale varata nel 2022 con la decisione di trasformare le Case della salute in Case di comunità e di creare i nuovi Ospedali di comunità. Per le prime sono previsti punti unici di accesso, servizi amministrativi e sistema integrato di prenotazione collegato al Cup, assistenza primaria di medicina generale, pediatria, guardia medica, specialistica ambulatoriale e diagnostica di base, assistenza domiciliare. Previste, inoltre, attività di consultorio o rivolte ai minori, prevenzione ed integrazione con i servizi sociali e con le comunità di riferimento. Gli Ospedali di comunità prevedono a loro volta lo svolgimento delle attività complesse nelle unità operative, con posti letto e specialistiche avanzate. È rimasto tutto, o quasi, sulla carta.
In Calabria
Il piano di riordino c’è ma a distanza di tre anni dall’avvio della riforma le Case di comunità calabresi non erogano i servizi previsti per legge. Lo dice il rapporto semestrale dell’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali che ha il compito di monitorare lo stato di attuazione della riforma. Le aziende sanitarie sono 5, tante quante le province, ed il territorio è suddiviso in 14 distretti. Gli Ospedali di Comunità sono 20 e le Case di comunità sono 63, ciascuna con un bacino d’utenza di 29mila persone. Solo 2 Case di comunità hanno almeno un servizio attivo su quelli previsti: risultano avere la presenza medica dichiarata attiva secondo standard oppure hanno dichiarato attivi tutti i servizi obbligatori eccetto la presenza medica e infermieristica. Gli Ospedali di comunità da attivare entro il 2026 sono 20 ma al momento sono tutti fermi: zero posti letto.
I servizi non obbligatori
In Calabria sono stati complessivamente attivati 9 servizi facoltativi: 1 attività di consultorio o rivolta ai minori; 2 programmi di screening; 2 servizi per la salute mentale e 1 per la neuropsichiatria infantile e dell’adolescenza; 1 servizio di medicina dello sport e 2 programmi di valutazione multidimensionale e formulazione dei piani assistenziali individualizzati. Risultano essere tutte pienamente funzionanti le 21 centrali operative territoriali. L’assistenza domiciliare integrata risulta essere coperta al 100% ad eccezione dei servizi socio assistenziali (71%).
Le cure palliative
Insieme ad Abruzzo e Molise la Calabria è la peggiore in termini di copertura di punti di erogazione di cure palliative domiciliari con 1 solo centro pubblico abilitato e 6 centri privati. In questo delicatissimo ambito che riguarda i pazienti oncologici l’Agenas segnala livelli insufficienti in termini di servizi ambulatoriali, consulenza e presa in carico dei pazienti, equipe di cura domiciliare e di pronta disponibilità, come pure di percorsi di cure simultanee per i pazienti oncologici e non oncologici.
La situazione in Italia
Dal monitoraggio dell’Agenas risultano aperte 660 delle 1.723 Case di comunità previste entro il 2026 ma solo 46 hanno tutti i servizi. Il maggior numero si trova in Lombardia, 142. Seguono l’ Emilia-Romagna con 140, il Lazio con 95, la Toscana con 70 ed il Veneto con 63. Il Sud, invece, è in grave ritardo con appena 41 centri aperti. L’Abruzzo, la Basilicata, la Campania e la Provincia di Bolzano sono a zero. Mancano medici ed infermieri. Solo in 172 delle 660 case di comunità aperte nei pronto soccorso è assicurata la presenza di almeno un medico nell'arco delle 12 ore di apertura previste e solo in 162 di queste c'è un ambulatorio infermieristico.
Note molto dolenti sul fronte del personale in servizio. Le scoperture sono ampie e diffuse e la gestione oraria delle presenze cozza con le esigenze di cura: non si può pensare che i pazienti possano o debbano recarsi in ospedale solo negli orari previsti per l’apertura al pubblico. Nelle Case di comunità “hub” è prevista la presenza medica di 24 ore al giorno per 7 giorni alla settimana, mentre per gli “spoke” è di 12 ore al giorno per 6 giorni a settimana. La presenza infermieristica è invece richiesta 12 ore al giorno, 7 giorni su 7, negli “hub” e almeno 12 ore al giorno ma 6 giorni su 7 negli “spoke”.




