A renderlo noto è la segretaria nazionale di Ugl Telecomunicazioni che ribadisce l’insostenibilità del piano industriale presentato dal management di Tim
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Si è tenuto ieri al ministero del Lavoro l’incontro di aggiornamento riguardante la vertenza Telecontact, società di Tim che a breve confluirà nella neocostituita Dna. A renderlo noto è la segreteria nazionale UGL Telecomunicazioni che evidenzia come l’operazione coinvolga 3.356 lavoratori in Italia e circa 500 a Catanzaro.
«Un piano industriale, quello di DNA, che le organizzazioni sindacali hanno sin da subito definito non sostenibile in quanto basato su nuove commesse la cui acquisizione è tutta da verificare. I rappresentanti di Dna, durante l’incontro, hanno provato a proporre delle aperture rispetto al piano industriale; le organizzazioni sindacali hanno ritenuto l'eventuale proposta, oltre che fuori tempo, anche non ricevibile dal momento che, in ogni caso, l'intelaiatura del piano industriale non sarebbe stata modificata.
Queste considerazioni di metodo e merito hanno dunque fatto scaturire un diniego rispetto alla chiusura della procedura. Un diniego formalizzato in sede ministeriale attraverso un verbale di chiusura con esito negativo. Considerato questo epilogo il progetto, se ugualmente realizzato, non potrà dunque accedere alle risorse economiche previste dal decreto ex-Ilva. Il management del gruppo Tim ha voluto ribadire che Telecontact è un’azienda in perdita che di recente ha visto aumentare notevolmente il tasso di assenteismo con inoltre un sovradimensionamento del personale produttivo indiretto e delle aree di staff.
Tale situazione per Tim implicherà la messa in campo di una ristrutturazione importante di Telecontact. Le modalità di realizzazione di questa ristrutturazione non sono state chiarite da parte di Tim. La capogruppo ha voluto ribadire che la procedura di cessione prevista dall’art. 47 rimane aperta quindi uno strumento ancora in campo. Come UGL Telecomunicazioni abbiamo voluto ribadire a Tim che il percorso di riconversione del personale sia un’esigenza sicuramente comprensibile ma ciò non può essere realizzato se non attraverso azioni discusse e condivise soprattutto evitando di porre TCC al di fuori del controllo del Gruppo Tim.
Diversamente il rischio di creare problemi occupazionali riguarderebbe sia i lavoratori di Tcc che quelli di gruppo distribuzione. In una fase così delicata, come quella che riguarda la crisi di un intero settore, l'unica ricetta che deve essere messa in campo è quella della partecipazione attiva del sindacato che, se opportunamente coinvolto, può diventare un attore fondamentale per contribuire a costruire un futuro professionale solido che non sconfini nella precarietà occupazionale».

