Il mondo è in crisi: crollano gli equilibri globali, cresce la tensione tra le potenze, la guerra è di nuovo un’ipotesi reale. Intanto nel nostro paese il dibattito resta inchiodato a polemiche interne
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Bambini palestinesi alla ricerca di cibo a Gaza (Foto Ansa)
Gli equilibri nati dalla Seconda guerra mondiale sono ormai definitivamente crollati. Donald Trump rompe con l’Europa, contesta la Nato e, paradossalmente, porta a compimento la fine di un sistema che, pur tra mille contraddizioni, ha garantito decenni di stabilità.
Intanto a Pechino, Russia, India e decine di altri paesi discutono un nuovo ordine mondiale sotto l’egida cinese. Un progetto che non sappiamo dove condurrà, mentre l’Occidente appare smarrito, diviso, incapace di ritrovare una direzione comune. L’Europa, ancora una volta resta prigioniera della sua incompiutezza: servirebbero davvero gli Stati Uniti d’Europa, e invece prevalgono paure e nazionalismi.
La presidenza americana oscilla tra proclami e smentite. Trump parla di una rinnovata alleanza nell’Occidente, ma nei fatti la contraddice e la piega a obiettivi mai veramente chiariti. Lo sguardo su Mosca resta ambiguo, quello sulla Cina sempre più di sfida. E all’orizzonte c’è Taiwan e la prossima crisi mondiale. Mentre l’Ucraina porta avanti una resistenza eroica.
L’Europa torna ad avere paura. La Polonia subisce un assalto di droni russi, l’Italia alza in volo i propri aerei, i confini orientali appaiono fragili e gli Stati Uniti non sembrano più in grado di guidare l’evolversi della storia.
Nel frattempo il resto del mondo è una polveriera: nel Donbass gli anziani vengono massacrati in fila per la pensione, a Gaza migliaia di bambini muoiono di fame, Israele ha cominciato a radere al suolo Gaza City e arriva a colpire gli obiettivi nel cuore del Qatar. Negli Stati Uniti, intanto, un influencer famoso, grande sostenitore di Trump, cade assassinato: terribile segno di un mondo che implode sotto il peso dell’odio.
Eppure qui, in Italia, si litiga sulla politica estera e ci si scontra sulle elezioni regionali, tra le solite promesse e i vecchi rancori. Una politica piccola, incapace di alzare lo sguardo mentre il pianeta intero vacilla sull’orlo di una guerra che, questa volta, avrebbe il nucleare come opzione reale.
La politica dei piccoli insulti, delle divisioni permanenti, appare grottesca di fronte alla minaccia di una catastrofe che non lascerebbe tracce di vita sul pianeta. Esistono beni comuni come la pace, la sicurezza, la salute, il futuro dei giovani, la lotta alle nuove povertà, che non possono essere ridotti a moneta di scambio nelle polemiche elettorali quotidiane. Dovrebbero unire, e invece continuano a dividere.
Non è più tempo di illusioni né di giochi di prestigio. Il mondo è sull’orlo del baratro, e l’Italia non può far finta di non vedere. Nemmeno la Calabria può illudersi di restare lontana, come se nulla la riguardasse, perché ormai tutto riguarda tutti.