Lasciarono la Germania giovanissime per inseguire un sogno che chiedeva libertà e palcoscenico. Negli anni Sessanta illuminarono il piccolo schermo con una gentilezza scenica che nessuna epoca televisiva successiva sarebbe stata capace di replicare
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Alice ed Ellen Kessler (Represented by ZUMA Press, Inc)
Alice ed Ellen Kessler, le gemelle che hanno attraversato il Novecento e oltre con grazia, rigore e una luminosa leggerezza, si sono spente insieme il 17 novembre 2025, nella loro casa di Grünwald, alle porte di Monaco di Baviera. Un addio, forse, consapevole, voluto, meditato: un’uscita di scena che rispetta quell’armonia assoluta che ha sempre definito la loro esistenza.
L’orbita gemellare di una vita in scena
Nate nel 1936 a Nerchau, in Sassonia, Alice ed Ellen sembravano fin dall’infanzia destinate a un destino parallelo, come due linee perfettamente equidistanti che avanzano nella stessa direzione. Studentesse diligenti di danza classica, lasciarono la Germania Est giovanissime per inseguire un sogno che chiedeva libertà e palcoscenico.
Arrivarono a Düsseldorf, poi conquistarono Parigi con l’eleganza calibrata dei loro numeri al Lido, quindi il mondo: New York, Monte Carlo, Buenos Aires, Sydney. Nessun continente rimase immune al loro fascino geometrico, alla loro disciplina d’acciaio nascosta dentro sorrisi morbidi e impeccabili.
E tuttavia, per una sorta di misteriosa predestinazione, fu l’Italia a riconoscerle e ad amarle come icone senza tempo. Negli anni Sessanta illuminarono il piccolo schermo con una gentilezza scenica che nessuna epoca televisiva successiva sarebbe stata capace di replicare: Giardino d’inverno, il sodalizio con Don Lurio e il Quartetto Cetra, poi Studio Uno al fianco di Mina, fino all’immortale “Da-da-un-pa”, una filastrocca pop che sarebbe diventata – ironicamente – un frammento eterno della nostra memoria.
Un’esistenza speculare, un patto di fedeltà assoluta
Abitarono l’una accanto all’altra per tutta la vita, separate solo da una parete scorrevole. Non costruirono famiglie proprie, ma restarono famiglia l’una per l’altra, con una devozione che andava oltre qualsiasi definizione di sorellanza. Eleganti anche nella beneficenza, scelsero di devolvere il loro patrimonio a Medici Senza Frontiere, come se la cura dell’altro fosse il naturale prolungamento della loro arte.
Nel 2024, in un’intervista dal tono quasi sospeso, rivelarono il loro ultimo desiderio: essere sepolte insieme, in un’unica urna, accanto alle ceneri della madre Elsa e del loro cane Yello. Una volontà semplice, eppure intrisa di una delicatezza assoluta: come se anche nel riposo eterno non volessero rinunciare alla loro danza parallela.
Il passo condiviso verso l’ultima soglia
La loro morte ha un carattere profondamente simbolico. Non un gesto disperato, ma un ultimo atto di coerenza, di fedeltà, forse persino di coraggio.
In Germania questa decisione è riconosciuta e regolata: occorrono volontà autonoma, consapevolezza giuridica, piena capacità di autodeterminarsi. E le Gemelle Kessler, anche nel congedo, hanno mostrato quella compostezza limpida che le ha sempre distinte: nessuna ombra, nessuna forzatura, solo la scelta condivisa di varcare insieme la soglia dell’ultimo orizzonte.
L’eredità luminosa di due icone senza tempo
Le Kessler non furono semplicemente artiste: furono un’idea. L’idea della simmetria come poesia, della disciplina come forma di grazia, della leggerezza come stile di vita.
In Germania le chiamavano “le gambe della nazione”; in Italia sono state – e resteranno – l’immagine nitida di un’intera epoca televisiva, fatta di professionalità rigorosa e incanto gentile.
La loro scomparsa non spezza un filo, ma lo ricompone in una forma nuova, forse più sottile: un’unica vibrazione che continua a risuonare nei ricordi di chi le ha amate, negli archivi che custodiscono le loro coreografie impeccabili, nei frammenti di un’Italia che, guardandole ballare, sentiva di poter immaginare un futuro più luminoso.Alice ed Ellen hanno lasciato la scena come l’hanno sempre abitata: all’unisono.
E nel passo condiviso del loro ultimo istante c’è qualcosa che somiglia alla perfezione.


