A Milano la prima udienza predibattimentale sul caso: l’imprenditrice digitale è imputata insieme a Fabio Maria Damato e Francesco Cannillo per truffa aggravata
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Il caso giudiziario più discusso dell’anno è ufficialmente entrato nelle aule di tribunale. Alle 9.30 di questa mattina, nella terza sezione penale del Tribunale di Milano, si è aperta la prima udienza predibattimentale del cosiddetto Pandoro-Gate,
il procedimento che vede imputata Chiara Ferragni per truffa aggravata insieme al suo ex manager e braccio destro Fabio Maria Damato e a Francesco Cannillo, presidente di Cerealitalia .Una giornata tecnica, celebrata a porte chiuse, con l’obiettivo di mettere in fila le costituzioni delle parti, le richieste delle difese e le strategie processuali. La riforma Cartabia, che ha introdotto l’udienza predibattimentale per i reati a citazione diretta, prevede che in questa fase si possano avanzare domande di riti alternativi, come il giudizio abbreviato, che in caso di condanna assicura lo sconto di un terzo della pena. Secondo indiscrezioni, Ferragni non si sarebbe presentata in aula, lasciando spazio alla propria difesa, ma non è escluso che possa comparire nelle udienze successive.
La posizione di Alessandra Balocco, presidente dell’azienda dolciaria scomparsa lo scorso agosto, è destinata a essere archiviata con un “non luogo a procedere”. Ma il cuore del processo resta intatto: per la procura, guidata dal pm Cristian Barilli e dall’aggiunto Eugenio Fusco, l’operazione commerciale orchestrata dalle società Ferragni avrebbe tratto in inganno i consumatori.
Le campagne finite nel mirino sono due: il Pandoro Balocco Pink Christmas del Natale 2022 e le Uova di Pasqua Chiara Ferragni – Sosteniamo i Bambini delle Fate del 2021 e 2022. In entrambi i casi, secondo l’accusa, venne lasciato intendere che l’acquisto del prodotto comportasse una donazione benefica diretta. In realtà, spiegano i magistrati, l’accordo tra Balocco e Ferragni prevedeva un’unica donazione “una tantum” di 50mila euro a favore dell’ospedale Regina Margherita di Torino, indipendente dalle vendite. Le società legate all’influencer avrebbero invece incassato oltre un milione di euro per la promozione social dell’iniziativa. Il margine di profitto, calcolato complessivamente tra pandori e uova,
è stato quantificato in circa 2,2 milioni di euro , a cui si aggiungerebbe un ritorno di immagine non monetizzabile.Un presunto “errore di comunicazione” secondo la difesa, che però ha scatenato un terremoto mediatico senza precedenti. La Ferragni, nel tentativo di ricostruire la propria credibilità, ha già pagato caro: l’Antitrust ha inflitto due sanzioni da un milione di euro ciascuna, una per i pandori e una per le uova, mentre l’influencer ha scelto di versare 200mila euro a un ente che sostiene le donne vittime di violenza. A queste cifre si aggiunge l’intesa economica raggiunta con Codacons e Associazione Utenti Servizi Radiotelevisivi, che ha evitato la costituzione in giudizio delle due associazioni. In totale, tra multe, accordi e donazioni, Ferragni ha già sborsato oltre 3,4 milioni di euro.
Nonostante ciò, all’udienza odierna sono emerse nuove parti civili. Si sono costituiti due enti – la Casa del Consumatore e l’associazione Adicu – e una donna di settant’anni che aveva acquistato il Pandoro Pink Christmas convinta di contribuire a una raccolta fondi per beneficenza. Rappresentata dalle avvocate Giulia Cenciarelli e Mauro Di Salvia, la donna ha spiegato di essersi sentita tradita: «Voleva fare beneficenza, è una fervente cattolica e ci teneva», hanno riferito i legali. «Solo lo scorso aprile ha capito che la sua donazione non era andata a buon fine». Il danno, quantificato in circa 500 euro, è ora oggetto di trattative dirette con i difensori di Ferragni, gli avvocati Giuseppe Iannaccone e Marcello Bana, per una possibile conciliazione extragiudiziale.
L’udienza si è chiusa con un rinvio al 4 novembre, data in cui il giudice Ilio Mannucci Pacini dovrà decidere sull’ammissione delle nuove costituzioni di parte civile. In quella sede, le difese discuteranno anche le eventuali richieste di rito abbreviato, che potrebbe ridurre i rischi per l’imputata.
Intanto, fuori dalle aule, il processo continua a influenzare l’immagine pubblica dell’imprenditrice digitale. Dopo il clamoroso calo di contratti e collaborazioni, Ferragni ha tentato una ripartenza lanciando una nuova collezione priva del celebre logo con l’occhio. Una strategia che mira a sganciarsi dall’onda lunga del Pandoro-Gate, ma che deve fare i conti con un pubblico diviso: da un lato chi continua a seguirla, dall’altro chi non le perdona l’ombra della presunta truffa.
La partita, per Chiara Ferragni, si gioca dunque su due fronti. In tribunale, dove dovrà dimostrare la sua innocenza o almeno ridimensionare la portata delle accuse. E sul piano dell’immagine, dove la sfida è ricostruire un rapporto di fiducia con i consumatori che hanno alimentato il suo impero digitale. Un percorso in salita, che comincia da Milano ma che avrà inevitabilmente eco ben oltre le aule giudiziarie.