Tra il 2022 e il 2024, la società Coevolutions Srl – società controllata al 100% da Marco Perotti avrebbe ricevuto otto fondi selettivi e cinque tax credit per progetti mai arrivati in sala. Intanto, il Ministero tace e crescono i dubbi sul sistema di distribuzione dei contributi al cinema
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Otto fondi selettivi incassati, zero film realizzati. Oltre 4,2 milioni di euro di denaro pubblico erogati tra tax credit e contributi discrezionali destinati, in teoria, a sostenere il meglio della produzione cinematografica italiana. Eppure, stando ai documenti raccolti dalla nostra redazione, nessuna delle opere finanziate dalla Coevolutions Srl – società controllata al 100% da Marco Perotti – risulta completata. Una storia che intreccia denaro pubblico, silenzi ministeriali e, indirettamente, punta dritta al nome di Rexal Ford, il nome d’arte di Francis Kaufmann sospettato di essere l’autore dell’omicidio di Villa Pamphili. Proprio Perotti, infatti, è stato produttore esecutivo nel film Stelle della notte, la pellicola di Kaufmann finanziata con fondi pubblici e mai realizzata. Coincidenze o la punta di un iceberg che potrebbe rivelare un sistema malato?
I fondi selettivi sono strumenti speciali del Ministero della Cultura, assegnati non in automatico ma attraverso un comitato di esperti che dovrebbe valutare merito artistico, solidità del progetto e capacità produttiva del richiedente. Dovrebbero sostenere opere di alto valore culturale, destinati a produttori in grado di portare avanti film di qualità. Nel caso di Perotti, tuttavia, la teoria sembra scontrarsi con la realtà: tra il 20 aprile 2022 e il 30 luglio 2024 la Coevolutions Srl avrebbe incassato cinque tax credit per film mai arrivati alla distribuzione – The Painter Cat, Forza, Millions of Cards, Il discepolo e Stelle della notte – e otto fondi selettivi per progetti rimasti sulla carta. Il totale sfiorerebbe i 4.240.000 euro.
Gli unici segnali di vita produttiva reale arrivano da Regine di quadri, un documentario di Anna Testa che pure ha beneficiato di un contributo statale, ma non selettivo. Gli altri titoli, più volte annunciati e pubblicizzati, restano fantasma: Bagamoyo – Lascia il tuo cuore, Arturo in Love, Pietro Aldi, interprete del romanticismo storico, RS-33 e Making Money. Nessuna presentazione ai festival, nessuna distribuzione televisiva, nessun giorno di riprese certificato per la maggior parte di questi progetti.
Secondo operatori del settore, le scelte di assegnare questi fondi sarebbero difficili da spiegare. «Parliamo di una casa di produzione senza alcuna esperienza di rilievo e con nessuna opera significativa all’attivo, che avrebbe avuto accesso a fondi solitamente riservati a chi ha curriculum e capacità comprovate», afferma una fonte con lunga esperienza nel campo dei tax credit e dei finanziamenti al cinema.
Sul fondo della vicenda aleggia il nome di Nicola Borrelli, fino a pochi mesi fa Direttore Generale Cinema del MiC, il Ministero della Cultura. È la stessa firma che, nel luglio 2025, ha disposto la clamorosa revoca di 66 milioni di euro di crediti d’imposta, colpendo decine di produzioni autentiche e causando – almeno a sentire i diretti interessati - fallimenti, licenziamenti e ricorsi legali. Un provvedimento che ha fatto scalpore e che oggi, secondo alcuni, potrebbe assumere una luce diversa: c’è chi ipotizza che quell’ondata di annullamenti retroattivi possa essere stata anche un diversivo, un gesto eclatante capace di spostare l’attenzione mediatica sui milioni di euro fluiti in passato verso progetti mai concretizzati.
Resta il grande interrogativo: come è stato possibile che un produttore privo di un solido background abbia ottenuto una tale sequenza di finanziamenti, superando perfino società di fama internazionale che negli stessi anni si sono viste respingere domande, pur vantando produzioni con star come Al Pacino, John Travolta o Anthony Hopkins e film distribuiti in decine di Paesi? Chi ha garantito la sua credibilità all’interno degli uffici del Ministero? Perché nessun organo di vigilanza ha fermato questa catena di contributi a opere mai viste da nessuno?
A oggi, il Ministero della Cultura non fornisce risposte ufficiali. L’unica certezza è che la Coevolutions Srl avrebbe incassato milioni, mentre il pubblico italiano non ha mai visto neppure un fotogramma dei film annunciati. Se le verifiche confermeranno questa ricostruzione, ci troveremmo davanti a un caso emblematico di un sistema che sembra premiare rapporti opachi più che merito e risultati. E intanto, nel silenzio generale, i soldi dei contribuenti spariscono in un cinema che non esiste. E non per il genere fantasy, ma perché di reale, in questi film c’era solo la fantasia.