L’imprenditore vinicolo di Cirò Marina racconta cosa ha vissuto dopo l’inchiesta che lo ha travolto: «Spero che non capiti mai a nessuno di subire un’accusa così infamante da innocente»
Tutti gli articoli di Cronaca
PHOTO
Valentino Zito
La notte del 9 gennaio 2018 non è una notte come le altre per Valentino Zito. È una notte di paura e speranza, mentre torna a casa, nella sua Cirò Marina, a bordo di un autobus. Aveva passato gli ultimi giorni in ospedale, lontano dalla Calabria, per assistere sua figlia piccolissima a seguito di un delicato intervento.
Arrestato nell’ambito della maxi–inchiesta antimafia “Stige” della Dda di Catanzaro, l’imprenditore è stato accusato di concorso esterno in associazione mafiosa, scontando sei mesi tra carcere e domiciliari. La vicenda ha avuto pesanti conseguenze non solo sul piano personale ma anche su quello aziendale, in quanto la casavinicola di famiglia, sequestrata lo stesso giorno dell’arresto, venne affidata ad amministratori giudiziari.
Anni di processi e colpi di scena, accuse infamanti prive di alcun fondamento, raccontati più volte e passo dopo passo dall’avvocato Francesco Verri, suo difensore, assieme al collega Enzo Ioppoli. Oggi Valentino Zito, dopo la sentenza definitiva della Cassazione dello scorso 26 novembre, si aggiunge ai molti “assolti perché il fatto non sussiste”. Ma la vicenda, come tante altre che stiamo raccontando, solleva interrogativi più ampi sui costi umani ed economici degli errori giudiziari. Abbiamo chiesto di raccontarci cosa sente, cosa prova, e come ha trascorso quei terribili momenti.
Innanzitutto come ci si sente all’uscita di un periodo così lungo che ha senz’altro compromesso la sua serenità personale e della sua famiglia?
«Questa vicenda ha profondamente segnato la serenità personale e di tutta la mia famiglia, oggi finalmente ci sentiamo sollevati da un enorme peso durato quasi otto anni e ci fa guardare al futuro con prospettive diverse».
La sua è una delle aziende leader nel settore vitivinicolo calabrese, tra le cantine più longeve d’Italia. L’inchiesta quanto ha influito sull’andamento degli ultimi anni e quanto ha arrestato la crescita che avevate raggiunto? Adesso va senza dubbio meglio, ma qual è stato l’elemento peggiore?
«È vero, la nostra è una delle aziende storiche nel mondo del vino Calabrese, contiamo quattro generazioni di produttori e imbottigliamo vino da oltre 50 anni. La vicenda che ci ha travolto ha influenzato notevolmente la crescita dell’azienda ed in particolare nel primo periodo si è perso fatturato ed ha compromesso anche la possibilità di concludere accordi con nuovi clienti soprattutto nella grande distribuzione che, dovendo applicare le norme del Codice Etico, si sono trovati nell’impossibilità di sottoscrivere contratti con la nostra azienda».
In Calabria fare impresa è certamente sempre più difficile che in altri luoghi, immagino che a lei la vicenda abbia incrementato questa difficoltà. Ma ha mai pensato di mollare? Quanto la determinazione di salvare la sua azienda l’ha spinta ad arrivare fin qui?
«In Calabria è difficile fare impresa, purtroppo ci troviamo in un territorio logisticamente poco collegato, facciamo fatica a comunicare gli aspetti positivi di questa terra meravigliosa ricca di cultura e tradizioni, e quando ci si ritrova coinvolti in vicende giudiziarie così devastanti perdi tutto l’entusiasmo e la voglia di andare avanti. Non nascondo che appena successo il terremoto (così lo voglio definire) avevo deciso di chiudere tutto ed andare via, ma, l’amore per la mia terra ed il senso del dovere nei confronti di mio Padre in primis, che ha fatto tanto sacrifici per darci un futuro nella nostra terra, e il senso del dovere verso tutti quelli che collaborano con noi, hanno cancellato questo pensiero ed ho trovato la forza di andare avanti con maggiore determinazione».
Essere travolto da una maxi-inchiesta per poi essere assolto dopo anni dev’essere stato un calvario che ha coinvolto lei e tutti quelli che le stavano vicino, come la sua famiglia. Quanto è stata dura e che messaggio vuole lanciare?
«Spero che non capiti mai a nessuno di subire un’accusa così infamante da innocente, otto lunghi anni hanno stravolto la vita non solo mia ma di tutta la mia famiglia che ha sofferto in silenzio senza farmi mancare mai il loro affetto. Il messaggio che mi sento di dare e di non perdere mai la fiducia nella giustizia, perché anche se lenta prima o poi arriva alla Verità. Bisogna resistere senza demoralizzarsi».
Il suo avvocato, famoso per la vittoria di numerose battaglie, l’avv. Francesco Verri, sui social ha definito la sua posizione un errore giudiziario clamoroso, la più tragica vicenda umana in cui si sia imbattuto nella sua carriera. Ha mai perso la fiducia nella magistratura? Cosa la spinge a mantenere questo atteggiamento calmo e signorile dopo quello che le hanno recato?
«Ringrazio i miei avvocati Francesco Verri e Vincenzo Ioppoli per l’ottimo lavoro svolto con grande professionalità e umanità. Ricordo la prima volta che incontrai l’avv. Verri, nonostante mi trovavo in regime di detenzione da innocente la prima domanda che mi venne da fargli fu come stava mia figlia ricoverata in ospedale al Bambino Gesù avendo subito un intervento importante, mi rispose che tutto era apposto con la voce rotta ed il viso tirato. In questi momenti non è facile mantenere la calma, però mi è stato insegnato dai miei genitori che prima di ogni cosa viene il rispetto, prima per gli altri e poi per te stesso. Io ho sempre avuto profondo rispetto per le istituzioni ed anche nella magistratura che alla fine ha confermato la mia innocenza, io ho perdonato tutti e penso che i magistrati debbano continuare la lotta contro la criminalità organizzata, mi rimane solo un rammarico che ancora non riesco a superare: l’essere stato strappato via dalla mia famiglia nel momento in cui aveva più bisogno di me».
Cosa c’è nel futuro di Valentino Zito e della sua azienda dopo questa esperienza di vita? Andrà avanti con lo stesso spirito o sono in programma stravolgimenti magari dovuti alle conseguenze degli ultimi anni?
«Vedo il mio futuro così come lo vedevo prima del 8 gennaio 2018, andrò avanti con lo stesso spirito, rafforzato da una esperienza tragica che mi ha fortificato per affrontare le future sfide».


