Il rischio più grande è sottovalutare la portata di ciò che sta accadendo. Liquidare tutto come “un disservizio”, mentre in realtà assistiamo a prove generali di una nuova forma di conflitto
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Disagi negli aeroporti europei
Code, cancellazioni, caos e passeggeri smarriti. A Londra, Bruxelles e a Berlino Brandeburgo, tra principali scali d’Europa, oggi non è stato un guasto tecnico a fermare il traffico aereo, ma un attacco hacker. Un colpo invisibile, chirurgico e imprevedibile ai sistemi di Collins Aerospace, il fornitore che gestisce check-in e imbarchi.
E così decine di voli cancellati, centinaia in ritardo, migliaia di persone intrappolate tra controlli manuali e procedure improvvisate.
Le società che gestiscono gli aeroporti rassicurano: “i tecnici sono al lavoro senza sosta”, ma a Bruxelles lo dicono chiaramente: “Non sappiamo quando torneremo alla normalità”.
Stiamo scivolando lentamente nella guerra. Perché la guerra è già cambiata. Non servono più i bombardamenti per paralizzare un Paese. Basta un attacco informatico mirato a un’infrastruttura critica. E così i danni rischiano addirittura di essere peggiori di un bombardamento. Basta poco per creare il panico nella popolazione, analizzando così i servizi essenziali i trasporti.
Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, i segnali erano chiari. Mosca ha testato più volte cyber attacchi contro Paesi occidentali. Negli Stati Uniti alcuni Stati federali hanno sperimentato blackout digitali devastanti. Ora tocca all’Europa scoprire la sua fragilità: un’infrastruttura vitale può essere messa in ginocchio da un attacco invisibile.E di conseguenza bloccare le attività produttive, i servizi, le grandi aziende.
Il rischio più grande è sottovalutare la portata di ciò che sta accadendo. Liquidare tutto come “un disservizio”, mentre in realtà assistiamo a prove generali di una nuova forma di conflitto. Una guerra silenziosa e invisibile, capace di colpire ospedali, reti idriche, centrali elettriche, trasporti. Non più eserciti contro eserciti, ma hacker contro la vita quotidiana di milioni di persone.
L’Europa è pronta a difendersi? Non bastano comunicati e promesse di ripristino. Servono strategie comuni, investimenti imponenti, una difesa digitale che sia all’altezza della sfida.
Perché il futuro è già cominciato, e non è fatto solo di droni e missili. È fatto di attacchi invisibili, che non esplodono, che non distruggono ponti, palazzi, reti di trasporto. Non lasciano macerie, ma avvelenano lentamente le nostre vite. E oggi, negli aeroporti europei paralizzati, abbiamo avuto un assaggio di ciò che potrebbe diventare il domani.