Non era solo una sfida politica, ma un referendum sull’identità del Paese. Con oltre il 50% dei voti, il Partito d’Azione e Solidarietà consolida il suo mandato pro-europeo. L’Ue applaude, mentre la Russia incassa un duro colpo nella regione più fragile d’Europa
Tutti gli articoli di Italia Mondo
PHOTO
La presidente Maia Sandu (PAUL DZA/SIPA / ipa-agency.net)
L’Europa tira un sospiro di sollievo. La Moldova ha scelto l’Europa, e lo ha fatto nel momento in cui il confine tra libertà e propaganda si è fatto più sottile. La vittoria del fronte europeista alle elezioni parlamentari è un segnale forte non solo per Bruxelles, ma per tutto il continente. Dopo mesi di tensioni, cyberattacchi e tentativi di interferenza russa, il Paese guidato da Maia Sandu e dal suo Partito d’Azione e Solidarietà (Pas) ha resistito, vincendo con oltre il 50% dei voti.
Un successo che la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha salutato con parole cariche di significato politico: «Nessun tentativo di seminare paura o divisione ha potuto spezzare la tua determinazione. Hai reso chiara la tua scelta: Europa. Democrazia. Libertà. La nostra porta è aperta, saremo al tuo fianco a ogni passo».
A Bruxelles si parla già di “svolta storica”. Dopo anni di esitazioni e minacce ibride, l’Unione vede consolidarsi un nuovo baluardo democratico ai propri confini orientali, a pochi chilometri da una guerra che non accenna a finire. «Il popolo moldavo ha scelto la democrazia e un futuro europeo, nonostante le pressioni della Russia», ha sottolineato il presidente del Consiglio europeo, Antonio Costa.
Il messaggio politico è chiaro: Mosca ha fallito il suo piano di destabilizzazione. Da mesi, la propaganda russa aveva cercato di dipingere l’adesione della Moldova all’UE come un tradimento degli interessi nazionali. Ma l’elettorato, spinto anche dal timore di diventare una nuova Ucraina, ha reagito in senso opposto, consegnando a Sandu e al premier Dorin Recean un mandato rafforzato.
La giornata del voto, però, è stata tutt’altro che tranquilla. Fin dal mattino si sono moltiplicati i cyberattacchi ai siti istituzionali, mentre nei consolati moldavi di Roma e Genova si registravano falsi allarmi bomba. Un clima di paura che non ha fermato i cittadini, ma che ha reso necessario mantenere segreto fino all’ultimo l’indirizzo del raduno elettorale del Pas, svelato solo a metà pomeriggio.
La festa si è tenuta in una via simbolica: Strada 31 agosto 1989, la Giornata del ritorno alla lingua romena e all’alfabeto latino. «Qualcuno la chiama “party” – racconta un militante – ma noi preferiamo dire che è una vittoria della dignità».
Il risultato è arrivato solo a tarda notte. Con quasi il 100% delle schede scrutinate, il Pas si è attestato sopra il 50%, lasciando molto indietro il Blocco Patriottico filorusso guidato da Igor Dodon, fermo al 24%. L’ex presidente, che in passato sedeva accanto a Vladimir Putin sulla tribuna del Cremlino, ha ammesso la sconfitta ma ha parlato di “pressioni straniere” e “voto manipolato”, replicando lo schema retorico del suo alleato moscovita.
Ma per Maia Sandu la vittoria ha un sapore amaro e dolce insieme. La presidente aveva messo in conto che Mosca avrebbe tentato di interferire, denunciando apertamente «centinaia di milioni di euro spesi per comprare voti, giovani addestrati alla violenza, fake news diffuse per destabilizzare il Paese». Alla chiusura dei seggi, il suo appello era stato semplice e diretto: «Non vendiamo la nostra patria per 400 lei o per 400 euro. Ho votato per la pace e per un futuro europeo».
Parole che molti cittadini hanno fatto proprie. Come Valentina Hamuraru, 64 anni, pensionata, che mostra orgogliosa la scheda con la timbratura elettorale: «Ho votato per i miei nipoti, perché non debbano lasciare il Paese per vivere meglio». E Ana Rosca, 29 anni, contabile in una grande azienda, aggiunge: «Vogliamo l’Europa qui, dentro la Moldova. Non vogliamo più emigrare per trovarla».
Un’affluenza record – 51,9%, la più alta degli ultimi dieci anni – ha confermato che la posta in gioco andava ben oltre una contesa politica. Era una scelta di campo tra due visioni del mondo: da una parte la modernizzazione, la riforma e l’integrazione europea; dall’altra il ritorno nell’orbita di Mosca.
La diaspora ha avuto un ruolo decisivo. In particolare quella italiana, la più numerosa, che ha rappresentato un quinto del corpo elettorale. «Ci sono stati tentativi di corruzione anche all’estero – ha spiegato a Repubblica Igor Grosu, segretario del Pas e presidente del Parlamento – ma siamo grati alle autorità italiane per averli sventati».
I sospetti di ingerenze russe sono stati avvalorati dai falsi allarmi bomba e dai caroselli organizzati per trasportare elettori della Transnistria separatista verso i 12 seggi speciali predisposti per loro. «Tutti questi tentativi di manipolazione verranno neutralizzati», ha assicurato il premier Recean, votando a Codru, un sobborgo della capitale.
Alla fine, la Moldova si è rialzata. E con essa l’idea stessa di un’Europa che non è solo un progetto economico, ma una scelta di civiltà. La presidente Sandu, avvolta in un tailleur blu – il colore dell’Unione – ha ringraziato i suoi concittadini: «Abbiamo dimostrato che la democrazia può resistere. Questa vittoria appartiene a chi non ha ceduto alla paura».
Mentre a Bruxelles si commenta con soddisfazione, a Mosca si tace. Ma è un silenzio che dice molto: quello di un potere che ha tentato ancora una volta di piegare un Paese fragile e che, invece, lo ha visto scegliere la strada più difficile e più coraggiosa.
La Moldova entra così in una nuova fase. L’adesione all’Unione Europea non è più solo un sogno, ma una prospettiva concreta. E l’immagine della “Strada 31 agosto 1989” piena di bandiere blu stellate resta la fotografia simbolo di questa vittoria: un piccolo Paese che ha deciso di non essere più una periferia contesa, ma un ponte di libertà tra Oriente e Occidente.