La Corte d’Appello di Milano ha confermato la condanna per diffamazione nei confronti del fotografo dei vip che nel 2019 aveva parlato di un presunto tradimento tra la showgirl e il centrocampista croato, motivo — secondo lui — della crisi matrimoniale con l’attaccante
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È finita come doveva finire: con una condanna. Fabrizio Corona dovrà pagare — ancora una volta — per aver scambiato il diritto di cronaca con la diffamazione, la verità con il pettegolezzo, la dignità delle persone con il traffico dei click. La Corte d’Appello di Milano ha confermato in toto la sentenza di primo grado che lo riconosce colpevole di aver diffamato Wanda Nara, Mauro Icardi e Marcelo Brozovic, in un articolo pubblicato nel 2019 sul suo sito.
Il testo, impastato di allusioni e insinuazioni da rotocalco di quart’ordine, raccontava di un presunto tradimento tra la showgirl argentina e il centrocampista croato, motivo — secondo lui — della crisi matrimoniale con Icardi. Nessuna prova, nessuna fonte, solo veleni e chiacchiere da bar spacciate per grande scoop. Ma tanto bastò per gettare benzina sul fuoco di uno spogliatoio già in tensione e per umiliare pubblicamente tre persone che avevano la sola colpa di essere famose.
La condanna confermata oggi è l’ennesima tacca sul curriculum giudiziario di Corona, che sembra non avere imparato nulla da vent’anni di processi, arresti e condanne. I giudici della terza sezione penale della Corte d’Appello di Milano gli hanno inflitto una multa di 1.500 euro, confermando il pagamento di 7.500 euro ciascuno a Wanda Nara e Mauro Icardi, e 5.000 a Marcelo Brozovic. Tutto per un articolo che, a detta del tribunale, non solo non aveva alcun fondamento, ma violava apertamente i limiti del diritto di cronaca, fondandosi su “affermazioni calunniose e connotate da malizia”.
Una formula elegante per dire che Corona ha mentito, consapevolmente e con dolo. La solita formula: si inventa una notizia, la si pubblica, si crea un caso mediatico, si guadagna visibilità e poi, anni dopo, si paga la multa. Ma intanto la macchina del fango ha già fatto il suo lavoro.
Il legale di Wanda Nara, l’avvocato Giuseppe Di Carlo, ha commentato con soddisfazione: «La decisione della Corte d’Appello conferma pienamente le nostre ragioni e rafforza la fiducia nella giustizia». Tradotto: finalmente qualcuno ha ricordato a Corona che la diffamazione non è giornalismo e che la vita privata degli altri non è una miniera d’oro da sfruttare per restare in copertina.
Del resto, la storia si ripete sempre uguale. Da anni Corona si muove in quella zona grigia dove la cronaca si contamina con la calunnia, travestendo le offese da scoop. La sua formula è semplice: insinuare, accusare, spettacolarizzare. Non servono verifiche né prove — bastano un titolo velenoso e qualche foto decontestualizzata. Poi arrivano i tribunali, le condanne, i risarcimenti, ma il danno è già fatto.
Nel caso del “triangolo di San Siro”, l’articolo pubblicato nel 2019 alimentò per settimane un clima tossico attorno all’Inter e ai suoi protagonisti. Nelle motivazioni di primo grado si parlava di “notizia falsa e lesiva, costruita al solo scopo di alimentare la curiosità morbosa del pubblico”. Tradotto: gossip di bassa lega. E ora la Corte d’Appello ha confermato tutto, ribadendo che “l’assenza di riscontri e la volontà di diffondere un’informazione sensazionalistica integrano pienamente la fattispecie di diffamazione”.
Ma il vero dramma è che Corona sembra non capire. Ogni volta la stessa narrazione vittimista: “Mi perseguitano, vogliono zittirmi, io dico la verità che gli altri tacciono”. Peccato che la verità, quella vera, non abiti nei post acchiappa-like. E che il giornalismo — quello vero — richieda verifiche, responsabilità, rispetto delle persone.
Intanto, per Icardi, Wanda e Brozovic resta la soddisfazione amara di una giustizia che, seppur lenta, arriva. E per Corona un altro processo chiuso con la parola che ormai gli appartiene più di ogni altra: colpevole.
Un epilogo che sa di déjà-vu, ma che forse — per una volta — segna il confine tra informazione e infamia. Anche se, conoscendo il personaggio, è solo questione di tempo prima che tenti un nuovo “colpo mediatico”. Perché il problema di chi vive di scandali è che, senza fango, sparisce.