«Non lasceremo la Striscia, non abbandoneremo i civili». Non uno slogan, non un appello di circostanza: ma la scelta radicale del cardinale Pierbattista Pizzaballa e del patriarca ortodosso Teofilo III.

Mentre Gaza viene ridotta in macerie, mentre interi quartieri vengono cancellati e centinaia di migliaia di persone vengono spinte allo sfollamento forzato, i due leader religiosi hanno annunciato che non se ne andranno.

«Il clero e le suore hanno deciso di rimanere e continuare a prendersi cura di tutti coloro che saranno nei complessi», hanno dichiarato. Una scelta che pesa più di mille dichiarazioni diplomatiche.

Il patriarca Teofilo non ha lasciato spazio ai dubbi: «Se abbiamo mai pensato di andarcene? No, mai. Anche perché la gente non saprebbe dove andare. Lasciare Gaza e cercare di fuggire verso sud sarebbe una condanna a morte, perché ci sono anziani e disabili debilitati anche da mesi di malnutrizione».

Un atto di resistenza morale e civile, mentre attorno a loro si consuma quella che appare sempre più come una tragedia pianificata: «Vogliono fare a Gaza City quello che è stato fatto a sud della Striscia: raderla al suolo», hanno denunciato. E ancora: «Non può esserci futuro basato sulla prigionia, sullo sfollamento dei palestinesi o sulla vendetta. Non c’è giustificazione alcuna per lo sfollamento di massa deliberato e forzato di civili».

Eppure, mentre la voce dei religiosi rompe il silenzio, i governi occidentali continuano a guardare altrove. In Europa si moltiplicano i distinguo, le mezze frasi, gli equilibrismi diplomatici. E c’è chi, pur baciando rosari davanti alle telecamere e proclamandosi «difensore dei cristiani», non trova una parola da spendere per chi ha scelto di rimanere accanto ai più deboli sotto le bombe. È l’ipocrisia di un potere che si proclama devoto ma volta le spalle al Vangelo della vita.

Il coraggio di Pizzaballa e Teofilo non è solo un gesto religioso: è una denuncia politica, una condanna senza appello di uno scenario che rischia di cancellare un popolo. È la dimostrazione che esiste ancora chi mette il corpo prima delle parole, chi non scappa quando sarebbe più comodo andarsene, chi decide che la dignità umana vale più di ogni trattativa diplomatica.