L’Europa è a un bivio. La guerra in Ucraina, l’irrilevanza strategica nel confronto tra Stati Uniti e Cina, la guerra dei dazi e la politica anti EU di Trump. Soprattutto la crescente frammentazione interna all’Unione: tutto suggerisce che il Vecchio Continente non possa più restare in bilico, spettatore passivo delle dinamiche globali. Se vuole contare, deve scegliere con chi costruire il proprio futuro. E l’unica vera opzione che si apre oggi, concreta e strategica, è un nuovo rapporto strutturato con i Paesi arabi del Golfo, i protagonisti di una trasformazione silenziosa ma profonda, che stanno cambiando il volto del Medio Oriente.

Una dipendenza da superare

Il legame con gli Stati Uniti, storico e culturale, resta solido, ma sempre più squilibrato. Washington guarda ormai all’Indo-Pacifico, dove si gioca la vera sfida del XXI secolo con Pechino. L’Europa, nel frattempo, non è più la priorità americana. Lo si è visto in Libia, in Siria, nella gestione della NATO, nella guerra in Ucraina, dove l’iniziativa resta saldamente nelle mani statunitensi, salvo i colpi di testa del presidente americano. Eppure, per quanto forte economicamente, l’Europa non dispone di una politica estera autonoma, né di una difesa comune.

Con la Cina, poi, i rapporti sono segnati da ambiguità e diffidenza: partner economico irrinunciabile, ma anche potenza autoritaria che minaccia gli equilibri globali, promuove modelli non democratici, e insidia l’industria europea con il dumping tecnologico e commerciale.

Il Golfo che cambia

Di fronte a questo scenario, si apre un’opportunità ancora poco discussa ma enorme: l’alleanza con i Paesi del Golfo. Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Qatar, Oman, Bahrain e Kuwait sono in piena transizione. Dopo decenni di rendita petrolifera, queste monarchie hanno avviato piani ambiziosi di diversificazione economica (Vision 2030 in Arabia Saudita, Dubai Future Foundation, Abu Dhabi Economic Vision 2030) puntando su tecnologia, intelligenza artificiale, energie rinnovabili, istruzione, sanità e cultura.

In parallelo, si stanno aprendo – con cautela ma decisione – spazi di libertà sociale e civile, soprattutto per le donne e i giovani. Non si tratta, ovviamente, di democrazie occidentali. Ma è chiaro che esiste una parte del mondo arabo che vuole modernizzarsi, integrarsi, essere protagonista del cambiamento in atto nel mondo.

Perché l’Europa deve guardare al mondo arabo moderato

Questa trasformazione offre all’Europa un’occasione unica di alleanza. I Paesi del Golfo hanno capitali immensi, fame di know-how, voglia di innovazione e bisogno di credibilità internazionale. L’Europa ha esattamente quello che serve: competenze, università di alto livello, esperienza industriale, cultura giuridica e istituzionale. Insieme, possono costruire un nuovo asse geopolitico alternativo alla logica binaria USA-Cina, basato su cooperazione, sviluppo sostenibile e dialogo tra civiltà.

Ma attenzione: non si tratta solo di fare affari. Serve un progetto politico, culturale, umano. Serve una visione. La vera sfida è costruire un partenariato strategico fondato su interessi comuni, ma anche su valori condivisi: il rispetto reciproco, la centralità dell’essere umano, la costruzione della pace e della stabilità.

La civilizzazione come progetto comune

L’Europa può e deve proporre un’idea di civilizzazione condivisa. Non l’imposizione di un modello, ma un dialogo tra culture che si riconoscono come eredi di civiltà millenarie. La cultura islamica e quella europea hanno convissuto, si sono influenzate, si sono scontrate. Oggi, in un mondo frammentato e polarizzato, possono scegliere di costruire insieme una nuova visione del futuro, fondata sull’inclusione, la conoscenza, l’innovazione.

Questo nuovo asse potrebbe diventare una terza via nel mondo multipolare: non l’egemonia imperiale americana, non l’autoritarismo tecnologico cinese, ma una via mediterranea e araba verso un futuro umano e sostenibile.

Le condizioni di un patto nuovo

Perché ciò accada, l’Europa deve superare le sue paure e i suoi pregiudizi. Serve una politica estera unitaria, capace di parlare con una sola voce. Serve una strategia industriale che investa nei Paesi arabi, che accolga investimenti ma anche esporti governance e conoscenza. Serve, soprattutto, una volontà politica, oggi ancora assente.

Allo stesso tempo, anche i Paesi del Golfo devono accettare la sfida di una modernità reale, non solo economica ma anche politica e sociale. Devono saper accogliere il contributo europeo come partner, non come dominatore. E devono aprire i propri spazi civili a un confronto vero, inclusivo, capace di trasformare davvero le società. Conviene anche a loro. Forse soprattutto.

Un equilibrio nuovo per il mondo

La posta in gioco è enorme. In un mondo che rischia di dividersi tra blocchi in conflitto, un’alleanza tra Europa e mondo arabo moderato può rappresentare un nuovo centro, un equilibrio geopolitico e culturale, un faro di stabilità.

Non si tratta solo di interesse strategico. Si tratta di visione. Di destino. Di civiltà. E anche, forse, di una nuova speranza per un mondo più giusto, più aperto, più umano.

L’Europa non ha più tempo da perdere. Il futuro comincia ora. E guarda verso Sud-Est.

Con il contributo esterno di Luca Falbo, Bruno Mirante, Giuseppe Scuticchio