Pier Silvio Berlusconi non ha ancora messo piede a Berlino, ma il suo nome è già diventato materia di dibattito nazionale in Germania. L’offerta pubblica di acquisto lanciata da Mfe-Mediaset su ProSiebenSat.1 – uno dei colossi tv privati tedeschi – ha trasformato una normale operazione di mercato in un caso politico. Perché in Germania, dove le ferite della disinformazione e delle ingerenze straniere sono ancora aperte, il cognome Berlusconi porta con sé un’ombra lunga: quella di Vladimir Putin.

Il ministro della Cultura e dei Media, Wolfram Weimer, non usa giri di parole. In un’intervista a La Stampa chiarisce subito il punto: «In Germania la preoccupazione di possibili influenze russe è al centro del dibattito. Proprio per questo è fondamentale promuovere la trasparenza e dissipare eventuali timori». Tradotto: prima di aprire le porte a Mfe, Berlino vuole garanzie.

Il nodo, agli occhi tedeschi, non è solo industriale. ProSiebenSat.1 non è una fabbrica di bulloni: è una centrale di opinione pubblica, capace di entrare ogni giorno nelle case di milioni di cittadini. Per questo, spiega Weimer, «la Germania ha bisogno di emittenti forti, libere e autonome. Il pluralismo informativo e la stabilità del sistema mediatico dipendono da loro».

La storia recente ha reso l’asticella della diffidenza altissima. Silvio Berlusconi, tre volte presidente del Consiglio, è stato per anni il migliore amico in Europa di Putin, con brindisi in Crimea e frasi sugli “uomini di pace” mai dimenticate a Berlino. Ora suo figlio tenta di espandere il Biscione nel cuore dell’industria tv tedesca e inevitabilmente l’eco di quelle amicizie torna a fare rumore.

Per questo Weimer ha invitato Pier Silvio Berlusconi in Cancelleria a inizio settembre. Sarà un faccia a faccia che sa di prova d’affidabilità: «Mi aspetto che anche con i nuovi proprietari l’indipendenza giornalistica rimanga pienamente garantita», chiarisce il ministro, aggiungendo un altro paletto: «La sede di Monaco deve restare in Germania, soprattutto se nascerà una piattaforma europea di broadcasting».

Intanto, la stampa tedesca non fa sconti. Spiegel ha rilanciato il sospetto di possibili “ombre russe” dietro l’operazione, legandole alle storiche relazioni tra Berlusconi senior e Putin. Weimer non conferma, ma nemmeno smentisce: «Esaminare la situazione è legittimo e necessario. Bisogna proteggere la libertà dei media e valutare le eventuali strutture di influenza politica».

Sul fronte economico, la battaglia in borsa è solo all’inizio. Mfe ha rilanciato l’Opa e si prepara a una lunga partita con altri investitori, mentre Berlino valuta con cautela ogni mossa. Ma il caso ormai è politico. La Germania ha vissuto le interferenze russe nei flussi energetici e nella propaganda digitale, e ora teme che l’onda lunga possa arrivare anche nel cuore dei suoi media.

Per Pier Silvio Berlusconi sarà una scaletta fitta di settembre, più da diplomatico che da manager tv. L’obiettivo: convincere il governo tedesco che Mediaset non è il cavallo di Troia del Cremlino, che il passato del padre non è una condanna e che il Biscione, anche a Berlino, saprà ruggire senza secondi fini.

In attesa di quell’incontro, resta la fotografia di un cognome che pesa come un macigno e di un’eredità politica che si allunga sul business. Perché in Germania, questa volta più che mai, le colpe dei padri rischiano davvero di ricadere sui figli.