Prezzi alle stelle e portafogli sempre più vuoti: Federalberghi lancia l’allarme sul calo delle presenze, soprattutto degli italiani che non rinunciano al mare, ma tagliano giorni e spese. Gli americani? Meno 20% rispetto al 2024
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Questa estate il mare italiano è più salato che mai. Non solo per l’acqua, ma soprattutto per i conti. Ombrelloni e lettini sono ormai status symbol da esibire su Instagram e non un diritto da vivere, e le presenze sulle spiagge – quelle a pagamento – iniziano a diradarsi. A confermarlo è Bernabò Bocca, presidente di Federalberghi, che parla di stagione “sottotono” e snocciola numeri poco incoraggianti: «Al 90 per cento i dati sono negativi rispetto al 2024».
In altre parole, gli italiani non hanno rinunciato del tutto alle vacanze, ma le stanno riducendo all’osso: meno giorni, meno ristoranti, più pasti al supermercato e, quando va bene, affitti brevi al posto dell’hotel. «Gli italiani hanno una minore capacità di spesa – spiega Bocca – e organizzano la vacanza in modo diverso. Non vi rinunciano, ma fanno periodi più brevi».
Il caso più eclatante? Alassio, la località balneare più cara d’Italia. Qui una giornata intera in uno stabilimento – lettino, ombrellone e servizi inclusi – può arrivare tranquillamente a 110 euro. E le spiagge libere sono merce rarissima: solo il 20% del totale, contro il 40% imposto dalla legge. Nel solo mese di luglio, il sindacato balneari ha registrato un calo del 15% di presenze. Tra le cabine, si sussurra a mezza voce: «Facevamo 100, ora facciamo 90, 95». Qualcuno prova a giustificare, altri accusano: «Con questi prezzi e senza migliorare i servizi, chi ha i soldi sceglierà altro».
Ma non è solo colpa della domanda interna in flessione. Sul fronte estero, la cartolina 2025 è meno patinata: niente più invasione americana come lo scorso anno, con un -20% di presenze a stelle e strisce. «È venuta meno la presenza degli americani – conferma Bocca – e i nuovi flussi da Paesi arabi e asiatici non compensano. Perché non si tratta solo di numeri, ma di capacità di spesa». In altre parole, il turista indipendente americano che affollava ristoranti e boutique è stato sostituito da gruppi organizzati che acquistano pacchetti “all inclusive” e lasciano poco sul territorio.
Il quadro lo completa Stefano Salvetti di Adiconsum e Mare Libero, il coordinamento che combatte la privatizzazione delle spiagge: «Anche l’ombrellone è diventato un indicatore sociale. È una spesa impossibile per chi non poteva permettersela prima, e comincia a esserlo anche per chi poteva». E avverte: «Se scappa il ceto medio, dove finiscono quelli sotto?».
Dietro questo lento svuotamento c’è un fattore chiave: le buste paga. «Il turismo è legato alle retribuzioni – avverte Bocca – Se non si lasciano più soldi in tasca agli italiani, c’è poco da fare». E mette in guardia anche i suoi colleghi albergatori: «Non dobbiamo pensare che basti essere in Italia per attirare turisti. Serve investire e migliorare. Oggi le vacanze sono più brevi, quindi la raggiungibilità diventa decisiva. Servono trasporti efficienti e meno cari».
Intanto, tra tariffe da capogiro e spiagge blindate, il mare rischia di diventare una cartolina per pochi fortunati. Gli altri? A casa, a guardarlo su internet. Magari postando un ricordo di quando l’odore di crema solare e salsedine era ancora alla portata di tutti.