Altroconsumo incorona la cittadina capitale del caro-mare: prima fila a 345 euro e spiagge libere ridotte al minimo. Adiconsum e Legambiente denunciano la vittoria della lobby dei balneari e una gestione del litorale che penalizza i cittadini
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Dal “budello” delle boutique al mare bastano pochi passi, ma ad Alassio ogni granello di sabbia vale oro. Chi attraversa il celebre caruggio di via XX Settembre, un tempo regno di Miss Muretto e oggi di B&B dai prezzi in competizione con Portofino, scopre che la vera stangata non arriva tra negozi e ristoranti: è la spiaggia a presentare il conto più salato.
Secondo il dossier di Altroconsumo, la cittadina rivierasca in provincia di Savona si conferma quest’anno la località balneare più cara d’Italia. Per una settimana in prima fila, tra ombrellone e due lettini, si spendono 345 euro, mentre le prime quattro file non scendono sotto quota 340 euro. Se va bene, il prezzo include una sedia. In un solo caso su ventisei c’è anche la cabina.
Il problema non è solo economico. La Liguria prevede che almeno il 40% delle spiagge sia libero, ma ad Alassio la quota reale si ferma a circa il 20%, tra le più basse della regione. La restante parte è occupata da stabilimenti o da cosiddette “libere attrezzate”, una definizione che di fatto maschera la privatizzazione del litorale.
A denunciare la situazione è Stefano Salvetti, referente ligure di Mare Libero e nazionale di Adiconsum: «In Liguria si è fatto di tutto per favorire la lobby dei balneari. Prima si è consentito di trasformare spiagge libere in stabilimenti camuffati, poi gli emendamenti regionali hanno introdotto deroghe che permettono di aggirare il vincolo del 40%. Una grande occasione persa per i cittadini».
E mentre i prezzi volano, anche Legambiente accusa la Regione di portare avanti quella che definisce «la truffa della mappatura». A parlare è Stefano Bigliazzi, presidente regionale dell’associazione: «Nel conteggio delle spiagge libere figurano persino tratti di costa alla foce di fiumi e torrenti. Nel nostro dossier abbiamo segnalato due casi eclatanti: Deiva e Finale Ligure. Sono formalmente spiagge libere, ma nella realtà non sono fruibili».
La storia di Alassio è quella di una trasformazione lenta ma inesorabile. Negli anni Cinquanta era la capitale glamour del Ponente, animata dal concorso di Miss Muretto, seguita dal Più bello d’Italia, con discoteche, ristoranti e serate che richiamavano vip e curiosi. Oggi la vita notturna resiste, ma il panorama è cambiato: molti alberghi storici sono diventati seconde case o B&B di lusso, mentre la spiaggia, ridottissima, è sfruttata in ogni metro utile.
La mareggiata del 2018 mise a nudo la fragilità del modello: per settimane gli stabilimenti rimasero con una sola fila di ombrelloni, e gli incassi crollarono. Con il ritorno del mare calmo, però, tutto è tornato come prima. Anzi, i prezzi sono saliti. Oggi il vero lungomare è invisibile, nascosto da un “muro” di cabine e palizzate di legno che ostruiscono la vista. Il celebre “muretto” delle miss, ormai, resta solo un ricordo turistico.
Per i villeggianti, soprattutto piemontesi e lombardi, l’esperienza di Alassio resta un rito estivo, ma dal sapore sempre più esclusivo. Tra l’affitto di un B&B nel “budello” e il prezzo di una settimana di ombrellone, il panorama più realistico non è il tramonto sul mare, ma lo scontrino del bancomat. Il più salato d’Italia.